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Nemo propheta in patria

Creato il 21 ottobre 2013 da Coloreto @LoretoCo

Emilio Greco (Catania, 11 ottobre 1913 – Roma, 5 aprile 1995) 
Triste destino di molti artisti quello di non essere capiti dalla città che ha dato loro i natali, paradossalmente la stessa che li ha resi quelli che sono, dei grandi. Così Pablo Picasso l’ 1 Marzo del 1891 ricorda uno dei più importanti scultori del Novecento: Emilio «Greco è il più grande disegnatore che abbiamo in Europa. ». Dove, è opportuno ricordarlo, per Europa s' intendeva il mondo, il continente detentore assoluto del monopolio culturale fino al secondo dopoguerra. E’ lo stesso artista a ricordare, nel racconto delle sue memorie, le difficoltà d’affermarmazione  riscontrate nella realtà culturale catanese a cavallo tra le due guerre: «Nella Catania d’allora nascere artista non era, purtroppo una fortuna. Per i giovani la possibilità di esporre opere d’arte si limitava a qualche rara mostra sindacale. [...] Qualche visitatore, ammiccando, ci sussurrava: - Ma come potete avere voglia di fare mostre? - quei tempi, Catania era una città colta; e, nel campo delle lettere, avevamo avuto un periodo glorioso con Verga, con De Roberto, con Capuana: un periodo che sarebbe continuato con Brancati, con Tomasi di Lampedusa e con Sciascia».

Nemo propheta in patria Catania oggi sembra voler riparare ai suoi errori passati inaugurando un piano di riscatto dedicato agli interpreti incompresi di quell’ epoca ormai lontana. Importante passo in questa direzione, è stato l’intervento dell’amministrazione comunale catanese nel ricomporre l'antica frattura con lo scultore Emilio Greco (a mio avviso ormai sanabile solo in parte) causata dalla decennale disattenzione di Catania nei confronti dell’artista. Una  grossa pietra per la ricostruzione, e in un certo senso anche costruzione, di questo delicato rapporto, è stata posta la scorsa settimana, l’ 11 Ottobre 2013, per celebrare il centenario della nascita dell’artista. E’ stata la figlia dello scultore Antonella Greco a dare un sostanziale contributo al riavvicinamento del padre con Catania, iniziato con l’apertura nel 1995 di un museo a lui dedicato, donando alla città una scultura in bronzo eseguita da Greco nel 1989 intitolata La Sirena. L’opera in questione è stata esposta lo scorso venerdì alle 12.00 in una delle sale del Palazzo degli Elefanti, presentata alla vergognosa esiguità degli astanti  presenti quel giorno dagli interventi del Sindaco di Catania Enzo Bianco, dell’Assessore alla cultura Orazio Licandro, del direttore della casa editrice “Il Cigno” Lorenzo Zichichi e della figlia dell’artista. La scultura non è stata spostata ed è lì che probabilmente resterà, collocata in un angolo di quell’ ampio salone davanti ad una finestra coperta da bianchi tendaggi, in tutta la sua immeritata oscurità. Condizione che oltre a limitare la tridimensionalità della fruizione per la quale è stata concepita, ne ingabbia la figura in una oscura sagoma che si staglia sinuosa nel fondale luminoso.  Una spiacevole alterazione a mio parere di quel vivace dinamismo chiaroscurale e sensuale auto contemplazione di una donna sirena che per un attimo sembra godere estaticamente di quell’aria che non le appartiene, ma che fiera e inconsapevole l’ancora all’eccezionale duplicità della sua natura. La misteriosa ambiguità insita nella natura femminile interpretata magistralmente da Greco in un soggetto a lui caro:l’atavica e al contempo eterea sensualità  della donna.«Emilio Greco si deve collegare a forze vergini e sorgive che al limite sono indomabili e trascinanti, cioè a un’esperienza umana dove l’emozione domina, anche se dev’essere rasserenata e contemplata per diventare una forma d’esperienza vivente». (Carlo Ragghianti,1973) Muovendo da queste premesse è naturale interrogarsi sulle motivazioni che stanno alla base della decisione di non collocare la suddetta scultura nel luogo che la rivendica per diritto, ossia il museo che l’artista catanese dopo lunga attesa ha orgogliosamente inaugurato  l’anno prima di morire. Le sale, ricavate all’interno del Palazzo Gravina Cruyllas, lo stesso della casa di Vincenzo Bellini, attualmente ospita  molti esemplari della sua produzione grafica, compresi in un ampio arco di tempo che va dal 1955 al 1992, ma nessuna delle sculture che lo ha reso celebre nel panorama internazionale. La bella Sirena di Greco giungerà mai alla sua Itaca?La conferenza tenuta nel pomeriggio, lo stesso giorno del centenario dell’artista, nell’Auditorium Libero Grassi al Palazzo dei Chierici, seppur meritevole di aver scosso quella passiva indifferenza verso la cultura figurativa sulla quale spesso s’adagia la nostra realtà isolana, è da considerarsi un granello di polvere se confrontata all’attenzione dedicata all’evento da tutte quelle grandi città italiane ed estere che ospitano importanti opere del Maestro. Tra queste, la Estorick collection di Londra  ha celebrato lo scultore siciliano con una mostra dal titolo “Sacro e Profano”. Un duplice omaggio, quello londinese, alla tradizione etrusca, greca e romana alla quale Greco s’ispirava , all’aspetto profano che emerge dalle sue opere più celebri, le monumentali statue di donne nude, i busti classici, il noto Pinocchio di Collodi e all’altro, quello sacro, legato alle importanti commissioni religiose ricevute da Greco tra le quali una scultura per San Pietro a Roma per commemorare Papa Giovanni XXIII e prime fra tutte le monumentali porte bronzee per il duomo di Orvieto.  La capitale britannica ha già da tempo riservato, diversamente da Catania, un posto d’onore all’artista collocando una sua statua, il Nudo Accovacciato del 1956, a Carlos Place, nel centro di Londra, donatagli dal presidente della Repubblica italiana nel 1987. Sulla stessa scia anche Roma ed Orvieto, quest’ultima depositaria della maggior parte delle opere scultoree di Greco, sempre in collaborazione con Il Cigno GG Edizioni, hanno allestito due importanti mostre a tema sacro per onorare l’artista durante la ricorrenza del suo centenario.Nel corso della conferenza svoltasi a Catania, presieduta daEnzo Bianco, Orazio Licandro, Antonio Di Grado, Lorenzo Zichichi, Giuseppe Frazzetto, Piero Guccione e Antonella Greco,sono stati trattati temi di un certo interesse tra i quali quello dell’emigrazione degli artisti siciliani, quell’ “insostenibile pesantezza dell’essere meridionali” di cui parlava La Cava, l’analisi del rapporto tra Greco e alcuni suoi insigni conterranei, Sciascia e De Roberto per citarne alcuni, oltre ai già citati altalenanti rapporti con la realtà catanese. Il sindaco, ricollegandosi all’ iniziativa del 2008 di dedicare allo scultore catanese il Liceo aristico “Emilio Greco”, ha inoltre colto l’occasione per annunciare la notizia dell’intitolazione della piazza Duca di Genova, nel cuore del quartiere della Civita, a Emilio Greco. L’evento si è concluso con la proiezionedel film-documentario sul Maestro “Io ho fermato quest’istante della tua bellezza” realizzato nel 2005 dal regista Edoardo Dell’Acqua.Il ritratto che ne è derivato è quello di un artigiano che, memore della sua formazione di marmista, è tra i pochi artisti che “pensa ancora con le mani”. Un intellettuale che ha saputo reinterpretare il suo anti-modernismo alla luce di un Classicismo moderno capace di armonizzare il diretto e costante rimando alla vita con la raffinatezza di un’astrazione formale intesa non come fuga, ma come ricerca di una conferma più grande.

Nemo propheta in patria

La Sirena, scultura in bronzo,altezza cm 59, anno 1989

«Mi voltai e la vidi: il volto liscio di una sedicenne emergeva dal mare, due piccole mani stringevano il fasciame. [...] Dai disordinati capelli color di sole l’acqua del mare colava sugli occhi verdi apertissimi, sui lineamenti d’ infantile purezza. [...] Parlava greco e stentavo molto a capirla. “Ti sentivo parlare da solo in una lingua simile alla mia; mi piaci, prendimi. Sono Lighea, sono figlia di Calliope. Non credere alle favole inventate su di noi: non uccidiamo nessuno, amiamo soltanto.” » La Sirena, da “I Racconti” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa      

Chiara Fauzia

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