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Nepal, cosa succede

Creato il 12 settembre 2015 da Cren

Terai, scuola per strada contro gli scioperi

Quaranta morti, coprifuoco in molte città del Terai, scontri fra polizia e dimostranti continui; mezzo paese bloccato per i chakra bhanda, gli scioperi a cui a tutti i veicoli è proibito circolare. A Kathmandu, più calma, si susseguono manifestazioni (per lo più pacifiche) per chiedere modifiche alla proposta di nuova costituzione (qui) , in discussione da quasi 10 anni. Il rischio del caos proprio quando ci sarebbe da ricostruire dopo il terremoto.

La questione più grave e quella che genera la rivolta nel Terai è la divisione in stati federali. Contro la proposta s’è scatenata una violenta protesta che, come un onda, si muove da ovest a est. Dalla pianura passano i rifornimenti per la capitale e le colline che spesso sono bloccati o scortati dall’esercito.

In questi ultimi giorni gli scontri sono violenti nei distretti centro orientale di Mahottari, Danusha, Sunsari e nelle città di Bara, Janakpur e Biratnagar. In molti distretti è intervenuto l’esercito e vi è il coprifuoco.

Ci sono stati casi di barbarie, come ieri a Jaleshwor (distretti di Mahottari) dove un poliziotto è stato fatto scendere da un ambulanza e linciato; è di adesso la notizia che quattro manifestanti sono stati uccisi dalla polizia. Casi come quelli accaduti il 24 agosto a Kailali dove giovani inferociti hanno ucciso 8 poliziotti, di cui uno arso vivo. Il ground zero nepalese, come lo ha definito la stampa locale.Barbarie e violenze mai viste, neanche negli anni sanguinosi del conflitto civile.

Gli agitati sono in massima parte giovani dei partiti locali Madhesi Morcha, del Limbuwan, dei gruppi Tharu che raccolgono le etnie del Terai; ma sono in ballo anche i leader nazionali dei tre partiti Madhesi che urlano alla rivoluzione etnica, come è successo proprio a Kailali. Questi hanno perso le ultime elezioni e vogliono guadagnare terreno e potere, esagerando conflitti etnici mai esistiti nella storia nepalese. Nei disordini s’infilano ex maoisti marginalizzati, giovani disperati e senza prospettive. La stessa tipologia di persone che alimentò la decennale guerriglia maoista (1996-2006).

La violenza dei manifestanti aumenta quella della polizia; la violenza di un gruppo etnico favorisce la reazione altrettanto violenta di un altro.

Come nella guerra civile maoista si contesta violentemente l’accentramento di risorse nella capitale, la classe dirigente composta da alte caste delle colline (Pahadi), la povertà storica dei distretti periferici, da sempre abbandonati a cui s’aggiunge la miccia della divisione federale proposta.

Nel lungo e per ora infruttuoso dibattito sulla nuova costituzione si è passati da una divisione federale in 14, 8, 6, 7 province. Ogni volta sono successi casini: i Tharu la volevano più grande, quelli di Janakphur chiedevano altri territori, i Limbu dell’est (anche loro in agitazione) la volevano più piccola e solo loro. Insomma un casino in cui soffiavano sul fuoco i soliti politici da strapazzo che già prevedevano la divisione di voti, potere e soldi e ognuno voleva quella più favorevole al proprio partito. La cosa curiosa è che nessuno parla dei poteri, delle competenze di queste nuove entità.

La gente normale subisce; i bambini non vanno a scuola e, in alcuni casi, per protesta fanno lezione in strada vedi foto); muoversi da sud è diventato impossibile; il coprifuoco rende la vita difficile.


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