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Nepal, un’occasione per andarci

Creato il 19 luglio 2015 da Cren

Nepal,  un’occasione per andarci

Questo articolo lo scrissi nel 2011, in occasione dell’ anno del turismo. E’ cambiato, tragicamente il contesto, ma non lo scopo percui lo scrissi.

Cerchiamo di dare un piccolo aiuto al Nepal allargando l’informazione sul prossimo Anno del Turismo: il 2011. Obiettivi, raggiungere 1 milione di turisti (oggi meno di 500.000), rilanciare l’immagine del paese segnata dalla guerra civile e dalla situazione caotica post-conflitto. Lo slogan: “Once is not enough” cioè una sola visita non è abbastanza, slogan neanche sbagliato. L’operazione era già stata tentata nel 1998 con l’obiettivo di raggiungere 500.000 turisti meta che fu raggiunta solo nel 2007 (un anno dopo la fine del conflitto iniziato nel 2006). Allora vi fu un minore dispiegamento di mezzi; oggi si è tentato veramente tutto, compresa la partecipazione a numerose (e costose) fiere fra cui quella di Shangai.

Da allora, molto è cambiato. 12 anni sono un epoca per un paese come il Nepal che è entrato nel mondo moderno solo alla fine degli anni’60. In meglio: maggiore attenzione per il turismo, più infrastrutture, più organizzazione, più servizi anche nelle aree remote. In peggio: il paese è meno governato, più instabile e insicuro, le aree turistiche sono state in parte rovinate dalla crescita incontrollata di lodge, alberghetti hotel; Kathmandu ha perso il fascino del passato, soffocato da costruzioni, inquinamento e macchine. Il normale passaggio verso la modernità è stato brusco; il Nepal è cresciuto economicamente, si è modernizzato è diventato più simile all’occidente (perdendo parte della bellezza di persone e cose) ma tutto troppo di corsa (anche questo è purtroppo nella natura) in maniera confusa, incontrollata non imparando dagli errori fatti da noi. Le ricchezze artistiche e maturali che sono una delle maggiori ricchezze di una nazione sono state trascurate, abbandonate, in parte dilapidate. C’è da dire che né i governanti né i donatori internazionali (che sovvenzionano da decenni lo stato nepalese) non hanno fatto niente per regolare la crescita e salvaguardare templi, luoghi, percorsi di trekking; inserire il patrimonio del paese in un progetto turistico economicamente produttivo.

Le aree più distrutte sono state quelle dove maggiore è stato il flusso turistico, quelle un tempo più belle e facilmente raggiungibili: la capitale (un tempo una meravigli,a considerata la Firenze dell’Asia), ad eccezione di Bakthapur; il lago di Pokhara e le zone di montagne più frequentate, l’area dell’Annapurna e dell’Everest. La rovina ambientale e naturale di questi posti è una  delle motivazioni per cui il turismo fatica a decollare, dopo gli anni del boom conclusi alla fine degli anni ’80. Un turista deve faticare per girare Kathmandu, trovare i posti più affascinanti fra smog, macchine, case fatiscenti. Và a Pokhara e trova un lago inquinato e una fila di alberghi e tristi negozietti, sale verso l’Annapurna e incontra una strada in cui salgono jeeps puzzolenti e bus scassati. Insomma, anche in questi posti bellissimi, un po’ di fascino s’è perso. Non per niente si cerca di dare visibilità al Nepal delle colline (il più bello e reale) dimenticato dai tour operators, ai circuiti alternativi di Kavre, Rara Lake e altri; al Terai (compreso Chitwan e la giungla che è sempre bellissima) alle aree logisticamente difficili come il Dolpo. Anche Kathmandu ha propri percorsi e luoghi alternativi e ancora intatti che dovrebbe essere compito del turista scoprire, girando a zonzo, senza seguire le solite rotte.

Il Nepal è ancora bello e merita, come dice il Tourism Board, più di una visita. Oltre al marketing turistico qualcosa hanno cercato di fare per migliorare l’accoglienza: sono stati costruiti due nuovi hotels a 4 stelle (vicino all’aeroporto e a Pulchowk, (i primi dopo 10 anni), si sta organizzando l’Himalayan Trail (un lunghissimo trekking a tappe che segue tutte l’Himalaya), si parla di visti gratis, si mette un po’ a posto Kathmandu.


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