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Nicaragua: il Canale ad ogni costo, anche di disastro ambientale

Creato il 24 ottobre 2013 da Eldorado

Ne abbiamo già parlato: il governo del Nicaragua ha trovato un accordo con una società di capitale cinese, la HK Nicaragua Canal Development Group, per lo studio e la costruzione di un canale che unisca gli oceani Atlantico e Pacifico. L’opera, nelle intenzioni del governo di Daniel Ortega, vuole cambiare volto al Nicaragua, avviarlo verso lo sviluppo ed offrire una migliore qualità di vita ai suoi abitanti.

La domanda, però, rimane quella che più volte ci siamo posti in questo blog: lo sviluppo di un paese deve per forza passare attraverso le grandi opere? L’America Latina sta soffrendo un poco ovunque questa frenesia da costruzione: l’ampliamento del canale di Panama, l’autostrada che sventra l’Amazzonia e le Ande per portare le merci da un lato all’altro del Sudamerica, le dighe in Patagonia e nelle giungle amazzoniche, i porti avveniristici, le trivellazioni nei cuori delle foreste e degli oceani. L’elenco è lunghissimo ed ha ferventi ammiratori bipartisan.

In Nicaragua, dove se ne sta facendo un tema nazionale e nazionalista, il canale segherà in due il Paese, ma prima della tanto anelata ricchezza per ogni nicaraguense, passerà un conto salato all’ambiente. La recente legge 840 che nell’agosto scorso ha disegnato il contesto legislativo su cui si muoverà ogni argomento sul Canale ha derogato il Compendio Jurídico de Agua Potable y Saneamiento, ossia l’ordinamento giuridico sull’uso delle acque nicaraguensi in vigore dal 2011. Ha cancellato, insomma, le 85 leggi che proteggevano le fonti di approvvigionamento idrico per garantire all’impresa concessionaria il diritto a comportarsi come più gli pare o, come recita il testo: ¨per estendere, espandere, dragare, deviare o ridurre le fonti d’acqua¨. Come non bastasse la legge determina che lo Stato rinuncia a denunciare le ditte che lavoreranno nella costruzione del Canale per qualsiasi danno causato all’ambiente.

Allo stesso tempo, la legge 840 ha abrogato la direttiva che dava al lago Cocibolca (il gran lago del Nicaragua, il più esteso del Centroamerica, ventidue volte il lago di Garda, per intenderci) lo status di riserva ambientale. Il lago, che è anche il secondo più grande di tutta l’America Latina, è l’habitat di specie ittiche uniche, come lo squalo di acqua dolce, il pescecane Toro, già in serio rischio di estinzione. Il panorama ha tinte fosche. La costruzione del Canale escluderà in forma definitiva l’uso delle acque del lago Cocibolca per il consumo umano, oltre a generare una grande quantità di sedimenti che renderanno impossibile la vita della fauna e della flora che attualmente interagiscono con questa fonte idrica, mettendo a repentaglio la sussistenza delle specie.

Anche Jaime Incer Barquero, biologo di fama internazionale e consulente del governo, pur appoggiando l’iniziativa è critico sulla possibilità di usare il Cocibolca per la realizzazione del Canale. Nelle interviste rilasciate alla stampa nicaraguense, Incer insiste nell’analizzare le alternative del percorso, ma per fare questo ritiene che bisogna aspettare la presentazione degli studi sull’impatto ambientale. Il Cocibolca, poi, sarebbe poco profondo per sopportare il passaggio delle monumentali Post-Panamax.

Intanto, per fermare il progetto in poco più di due mesi sono stati presentati una trentina di ricorsi che giudicano incostituzionale la legge 840. Poca cosa, visto che i sandinisti controllano praticamente anche il potere giudiziario nelle sue più alte espressioni. Daniel Ortega, poi, sembra essere persuaso nel volere legare il suo nome a questa colossale opera, una sorta di eredità storica attraverso la quale passare il proprio nome ai posteri assieme alla vittoriosa rivoluzione sandinista. Senza opposizione, dibattito pubblico o politico, rimane un solo slogan ad accompagnare l’iniziativa, quella di costruire il Canale ad ogni costo.


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