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Noi non mentiamo mai, e quando mentiamo lo facciamo per il vostro bene

Creato il 13 ottobre 2014 da Bernardrieux @pierrebarilli1
NOI NON MENTIAMO MAI, E QUANDO MENTIAMO LO FACCIAMO PER IL VOSTRO BENEDalla redazione de l'Asino Che Ride
Cari, scusate il disturbo ma lo dobbiamo dire, si tratta di questo: un lettore, noto personaggio che fluttua tra rassegne artistiche e fancazzismi vari, riconosciutosi in una vignetta c'ha diffidato chiedendo il ritiro del giornale e 100 euro di risarcimento per ogni copia venduta. Naturalmente abbiamo risposto con una risata, anche perché la caricatura o la satira del tipo L'Asino Che Ride vuol essere davvero un luogo del sorriso in cui dal confronto di più posizioni nascono prospettive nuove e visioni creative, e tutti si impara qualcosa, a patto che l’obiettivo sia quello lì.
Invece a volte, ed è la seconda questione, in alcuni scritti -scritti non vignette- del nostro concorrente, Numero Unico, sembra si tratti non di far ridere ma di sputtanare qualcuno a qualsiasi costo e, quando quel qualcuno chiede conto si rischia la rissa: roba da gladiatori.
Per evitare che ciò si ripeta, vi regaliamo questo breve elenco di istruzioni per insultarsi efficacemente in rete, azzerare gli avversari e mandare in vacca qualsiasi discussione. La speranza è che tutti diventino così bravi da far sì che il fenomeno si estingua da solo, per eccesso di successo.
1) ZITTO, TESTA DI RAPA! - è solo il 38° degli stratagemmi elencati da Schopenhauer nel pamphlet L’arte di ottenere ragione, ma è tra i più diffusi sul web. Consiste nell’insultare l’avversario (più fantasioso e gratuito è il modo, meglio è) senza entrare nel merito di quanto sostiene. Interessanti le variazioni:
1.1) Testa di rapa, so chi sei e ti aspetto sotto casa – insulto con minaccia.
1.2) Sei sempre stato una testa di rapa – insulto con extension.
1.3) Se non fossi una testa di rapa non diresti quel che dici – insulto autoevidente.
1.4) Tutti quelli come te (assimilabili per genere, anagrafe, posizione politica, fede calcistica, abitudini alimentari, gusti letterari, professione ecc.) sono teste di rapa – insulto con generalizzazione.
2) TI HO BECCATO, FIGLIO DI PUTTANA! – l’applicazione di uno fra i più noti – il nome è proprio questo – giochi di relazione teorizzati da Eric Berne, fondatore dell’analisi transazionale. Consiste nello scovare o nell’inventare qualche colpa o tara dell’avversario, meglio se remota, imbarazzante e del tutto incongruente con l’argomento della discussione, e nello spostare l’attenzione dei partecipanti su quella, gridando allo scandalo e alzando un polverone così fitto da cancellare del tutto l’argomento del contendere. Lo scopo è paralizzare o annichilire l’avversario azzerandone la reputazione.
3) MA CHE C’ENTRA? – Basta ripetere all’infinito e con ogni possibile variazione che quanto afferma l’avversario è infondato, irrilevante, risibile, stupido, patetico o falso, oppure che è off topic (insomma: non c’entra), senza neanche provare a spiegare perché lo è.
3.1) Il problema è un altro – variante molto praticata, non solo sul web, tanto da meritarsi un nome (benaltrismo) tutto per lei. Indispensabile non spiegare perché il problema è un altro.
4) MA CHE CAVOLO TI SEI FUMATO? – Si tratta di riformulare l’affermazione dell’avversario deformandola: esagerandola, o riducendola, o fraintendendola (sono i primi stratagemmi dell’elenco di Schopenhauer) in modo che risulti del tutto sgangherata. Alternative:
4.1) Ma che cavolo mi sono fumato? – Si tratta di astenersi rigorosamente dal leggere il tema della discussione e i commenti precedenti, per poi intervenire assolutamente a capocchia.
4.2) Ma che cavolo…? – Variante sublime: occorre leggere solo il titolo della discussione, tralasciare tutto il resto e ripetere esattamente le tesi di base come se fossero proprie, nuove e originali, sostenendo che nessun altro ha capito niente.
5) TU NON SAI CHI SONO IO – consiste nel supportare le proprie affermazioni non con evidenze o argomentazioni fondate ma vantando il peso delle proprie credenziali di esperto, i propri titoli, il proprio ruolo o status professionale, così, a prescindere. Possibile variazione per ribaltamento:
5.1) Tu non sai chi (non) sono io – consiste nel liquidare l’avversario trasformando in disvalore ogni sua credenziale e in valore la propria incompetenza o ingenuità.
6) CHI TI CREDI DI ESSERE? – è sufficiente dichiarare che l’avversario non è in ogni caso titolato a dire la sua perché troppo vecchio, troppo giovane, troppo maschio, troppo femmina, troppo coinvolto o troppo estraneo all’argomento. E così via.
7) SARÒ LA TUA NEMESI – Consiste nell’attaccarsi a qualsiasi imprecisione o errore di dettaglio, e perfino a un singolo evidente refuso, per dichiarare tout court errate tutte le posizioni dell’avversario, e stupido o ignorante lui medesimo. Opportuno replicare l’intervento più volte.
8) HO RAGIONE: L’HA DETTO LUI – Basta citare, a supporto delle proprie affermazioni, un qualsiasi personaggio autorevole, meglio straniero o del passato, e magari una sua opera astrusa o poco nota. Importante avere cura che la fonte sia difficile da trovare in rete. Se possibile, riportare la citazione nella lingua originale: francese e inglese vanno bene, ma il tedesco o il greco antico e non traslitterato fanno un effettone.
9) MO’ TI SPIEGO – Consiste nel prodursi in lunghissime, dettagliatissime e noiosissime controdeduzioni, impiegando ogni artificio (compreso il copiaeincolla di brani altrimenti disponibili in rete, e del tutto irrilevanti rispetto al tema) al puro scopo di occupare spazio e scoraggiare chiunque, sia a leggere sia a entrare nel merito. Indispensabile l’impiego di un linguaggio complesso e artificioso e di un tono algido e sprezzante. Se possibile: postare il medesimo commento due volte di seguito, e commentare una terza volta chiedendo venia per il (sic) errore. Tocco di classe: dare del “lei” all’avversario.
10) NON MI BASTA (IL TRAPANO) – Consiste nel riproporre a oltranza la medesima obiezione, il medesimo appello o la medesima domanda, che nel corso della discussione ha già ottenuto molte risposte argomentate e esaurienti, ignorando tutto quando è stato detto e ricominciando ogni volta da capo.
11) TU NON MI FAI PARLARE! – Riguarda il parlare, il più a lungo possibile, ripetutamente e senza mai entrare nel merito dell’argomento, del proprio non poter parlare perché “qualcuno” lo impedisce. E anche una semplice obiezione è un impedimento, no? Diverse le varianti, semplici e complesse:
11.1) Tu non mi fai parlare, maledetto! – la versione aggressiva semplice
11.2) Tu non mi fai parlare, cattivone! – la versione piagnucolosa semplice
11.3) Lui mi censura, maledetto! – La versione aggressiva complessa chiede una certa preparazione: si tratta di essere così costantemente molesti e inopportuni da riuscire a farsi bannare. Ottenuto il risultato anche una sola volta, il gioco è fatto. Si potrà accusare l’avversario di quello, all’infinito, qualsiasi sia il tema e in qualsiasi sede.
11.4) Lui mi maltratta, cattivone – Anche per la versione piagnucolosa complessa occorrono costanza e preparazione: si tratta di essere molesti e inopportuni abbastanza da farsi mandare (anche amabilmente) al diavolo. Sarà un gioco da ragazzi, a questo punto, lamentarsi del maltrattamento con amici, parenti e conoscenti mettendo in piedi una campagna in piena regola contro l’avversario.
12) È TUTTO UNO SCHIFO – Consiste nel dichiararsi, qualsiasi sia l’argomento, smarriti, orripilati, scandalizzati, disgustati, disperati e, al limite, tentati di menar le mani. Più il tono è acceso e il discorso è generico, meglio è. Ma attenzione: poiché di fatti genuinamente scandalosi o disgustosi è purtroppo pieno il mondo, e anche la rete, il metodo, per essere bene applicato, chiede:
12.1) Schifosa tempesta in un bicchier d’acqua – di disgustarsi di qualcosa di irrilevante, o di facilmente rimediabile
12.2) Fate tutti schifo – Di proiettare il proprio disgusto su un malcapitato scelto a caso (se si vuol essere davvero fini, su un malcapitato già sottoposto al trattamento 2). O, in alternativa, di schifare gruppi il più possibile ampi (i vecchi, i giovani, le donne, gli uomini, gli italiani…) .
12.3) Mi chiamo Ponzio e sono schifato – Di limitarsi a strillare tutto il proprio orrore e, poi, lavarsene serenamente le mani astenendosi dal proporre o (peggio ancora) dal mettere in atto rimedi positivi. Meglio chiudere la connessione e andarsene al cinema.
P.S. A parte gli scherzi: chi è senza peccato, eccetera. Nel corso di una discussione può capitare di assumere alcune (non tutte: molte sono improponibili) di queste posizioni. E di farlo perfino in buona fede, o per distrazione o per rabbia. Il problema nasce quando una discussione è fatta in gran parte per, o attorno a, questa roba.
Varrebbe la pena di farci attenzione, eh.http://feeds.feedburner.com/BlogFidentino-CronacheMarziane

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