Magazine Opinioni

Non è una città per famiglie

Creato il 07 dicembre 2011 da Angela

Milano: una città che mette in crisi la famiglia, che non aiuta le sempre più numerose donne che lavorano, che scoraggia il matrimonio e il desiderio di fare figli, mentre incoraggia le separazioni e i divorzi. Una città che invecchia senza cura per gli anziani soli. Questo in sintesi il risultato degli studi condotti dal Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi (Cergas), diretto dal professor Francesco Longo.

“Oltre la metà della città è formata dai 400mila milanesi ultrasessantenni e dai 200mila stranieri”, ha spiegato Longo durante una conferenza svoltasi venerdì 2 dicembre. Negli ultimi dieci anni sono aumentati anche del 25% gli over 80, a fronte di un aumento della popolazione del 5%. L’emergenza vera però ha un nome e si chiama: famiglia. Le preoccupazioni del professor Longo sono infatti rivolte a “quell’animale in via d’estinzione che è la coppia con figli, in  una città abitata soprattutto da anziani, single, studenti o giovani professionisti. Le famiglie quando sono in età di figli, escono dalla città“. A supportare questa tesi c’è anche il dato che ha visto raddoppiare in 30 anni il numero di famiglie monoparentali che sono arrivate al 43%. Il 28% è costituito da due persone, mentre sono scese sotto il 15% le famiglie con un figlio, in un calando a seconda del numero di figli.

Perchè questi dati? Innanzitutto Longo sostiene che una causa possa essere l’aumento del tasso di occupazione femminile (63%), il che non è una cosa brutta: vuol dire che le donne milanesi lavorano e fanno girare l’economia della città. Quello che è brutto invece è il fatto che “le famiglie siano sempre più a geometria variabile, perchè aumentano le separazioni e i divorzi, e quindi la famiglia non tiene come non tengono i servizi pubblici, visto che la scuola chiude tre mesi durante l’estate e tutti i giorni dopo le 16″. Ciò significa che “i meccanismi di cura sociale prescindono sia dalla presenza di entrambi i genitori che lavorano e sia dall’intervento pubblico che manca”.

Gli unici che sembrano essere rimasti a ‘salvare le famiglie’ sono gli immigrati – che ormai sono uno su sette residenti – “fenomeno in continua crescita”. Gli stranieri curano gli anziani e i bambini delle famiglie milanesi che lavorano. “C’è un’esplosione di badanti e tate: circa 126mila in provincia, 40mila in città, un numero straodinariamente più vasto di quello messo in campo dai servizi pubblici”. L’analisi che arriva dal Cergas Bocconi è molto amara: “La città ha imparato ad arrangiarsi – conclude Longo – anche quando il pubblico manca il bersaglio perchè non sa fare rete, perchè non può fornire servizi gratuiti per mancanza di fondi e non progetta risposte nuove ai nuovi bisogni, chiedendo magari una compartecipazione della spesa”.

Il direttore del Cercas sottolinea nelle sue conclusioni un aspetto che secondo me è fondamentale: la famiglia ha nuovi bisogni a cui la città deve saper rispondere. Le donne sono finalmente entrate a pieno nel mondo del lavoro? Chi si occuperà dei loro bambini? Perchè non potenziare i servizi di pre- e post- scuola, perchè non creare attività extrascolastiche nelle quali i bambini possano essere impegnati durante le ore d’attesa fra la fine della scuola e l’uscita dall’ufficio della loro mamma o del loro papà, magari coinvolgendo le biblioteche comunali o le associazioni locali?

La città sembra essere distante anni luce da quelle che sono le reali necessità delle persone che vi vivono, non c’è da stupirsi che quando una coppia decide di fare figli, prenda e scappi da Milano. Gli asili nido in città costano praticamente uno stipendio. Che senso ha per una mamma lavorare se poi quei soldi che guadagna è costretta a versarli nelle casse di un asilo le cui maestre avranno la possibilità di godersi, coccolarsi e spupazzarsi suo figlio più di quanto lei, stanca ed esausta dalla giornata lavorativa e dai mestieri necessari per portare avanti la casa, riesca a fare durante le rimanenti ore serali? Mettiamo anche che le donne milanesi non lavorino per il mero obbiettivo di guadagnare del denaro ma anche per sentirsi più realizzate, indipendenti dal punto di vista economico e per contribuire a loro modo alle necessità famigliari. La città come risponde a tutto ciò?! Non è sentirsi soddisfatti e realizzati in fondo un diritto?

La popolazione italiana invecchia, l’età media si alza, e meno male che ci sono le badanti straniere che si prendono cura degli anziani rimasti soli o le cui famiglie sono troppo occupate con il lavoro o a seguire i propri figli. Spesso però risulta difficile reperire queste persone che sono davvero un grande aiuto per la famiglia ed entrano a farne parte al cento per cento. Perchè però la città non incentiva dei bandi, delle liste, delle graduatorie che possano essere utili allo straniero per trovare lavoro ma anche alle famiglie per trovare qualcuno che accudisca la persona che necessita di cure all’interno della loro famiglia.

Credo che se l’amministrazione di Milano tendesse la mano ai propri cittadini i fenomeni di fuga verso l’hinterland si ridurrebbero. Cosa penserà mai il nuovo primo cittadino di Milano, Giuliano Pisapia, di tutto ciò? Da che parte starebbe? Si preoccuperebbe solo di far quadrare i conti o gli interesserebbe anche la serenità delle famiglie che compongono la sua comunità?

Non è una città per famiglie



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines