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Non è vero ciò che è vero, ma che Vero che Vero che Vero

Creato il 04 maggio 2011 da Stukhtra

Un invito ai fedeli a rispettare la sensibilità di chi non crede

di Michele Diodati

Mi inserisco nella discussione su fede e razionalità tra Marco Cagnotti e Renato Giovannoli perché il tema sollevato da Giovannoli nella sua risposta a Cagnotti mi sta particolarmente a cuore.

Scrive Renato Giovannoli: “I Cristiani (…) credono nella Resurrezione perché si fidano di coloro che hanno tramandato la notizia di quell’evento e di un libro, il Vangelo, che per loro ha l’inconfondibile sapore della verità. Che fastidio ti danno, Marco? (…) su questioni di fede non sarebbe meglio rispettare la sensibilità di chi crede?”.

Messa così, sembra una domanda retorica dalla risposta obbligata: perbacco, ognuno è libero di credere in ciò che vuole! Sembra quasi un appello al relativismo culturale (quello stesso relativismo che Ratzinger non perde occasione per condannare): visto che i dogmi religiosi, come quello della Resurrezione, non sono falsificabili, visto che esulano dalla scienza e fanno appello alla fede… bene, allora perché non rispettare la sensibilità del credente e basta?

Domanda: ma di quale credente dobbiamo (o dovremmo) rispettare la sensibilità? Solo del cattolico? Ma perché non anche quella del protestante, del calvinista, dell’ortodosso, del copto, del valdese? E se la fede è fede e non può essere classificata con i criteri della razionalità e della scienza, non dovremmo forse rispettare, per educazione e senso di democrazia, tutte le sensibilità religiose? Per esempio, non ci preoccupiamo qui in Europa dell’immenso pantheon induista solo perché non ci sono abbastanza induisti da far sorgere il problema. Ma, se solo vivessimo in India, potrebbe capitarci di rischiare la vita perché, senza saperlo, abbiamo arrecato col nostro comportamento irresponsabile un’offesa mortale al dio Pinverciacopàz dalla coda di basilisco (non cercatelo su Google) e ai suoi 700 mila fratelli divini. E che dire della sensibilità dei giainisti, di cui i più puri spazzano con uno scopino la strada davanti ai loro piedi per non uccidere neppure una formica? Di quali immensi sacrilegi mi macchio quotidianamente, nel mio tentativo di difendermi a ciabattate dalle zanzare? Ma, lasciando da parte l’ironia, potrei trovarmi in un Paese musulmano e finire in prigione condannato a morte, come la povera contadina Asia Bibi, rea di non si sa quale sacrilegio (pare abbia toccato un recipiente che, in quanto cristiana, non avrebbe dovuto toccare). O, peggio ancora, sarei potuto finire, data la mia inclinazione democratica, come il governatore del Punjab Salmaan Taseer, ucciso da una sua guardia del corpo soltanto per essersi recato in prigione a parlare con Asia Bibi.

Quello che voglio dire è che la fede, qualsiasi fede, se non è vissuta come un fatto individuale, soggettivo, un mero conforto personale, travalica facilmente in un sistema di dogmi, di divieti e, con il tempo, di potere politico esercitato con ogni mezzo, spesso i più spietati. La fede tua finisce per uccidere la libertà mia. Quando si compie il passo che non si dovrebbe mai compiere… cioè stabilire cioè che X è Assolutamente Vero e Sacro, per tutti e per sempre, in forza della sola fede, senza che questa “verità” possa essere provata in alcun modo, non dico con il metodo delle scienze esatte, ma neppure con quello delle scienze storiche… beh, allora la frittata è fatta! E’ aperta la porta a qualsiasi violenza e discriminazione e, soprattutto, non c’è un modo intelligente di sedare i conflitti: nei libri sacri (basta saperli leggere) si può trovare tutto e il contrario di tutto. Chi ha fede religiosa nella proposizione X, che esclude la proposizione Y, non potrà mai trovare un accordo con i fedeli che sono disposti addirittura a morire per la proposizione Y. Essendo materia di fede, trattandosi di affermazioni non falsificabili, hai voglia di fare appello alla persuasione, alla bontà d’animo, all’amore, alla comprensione, all’esempio dei profeti! Basta offendere i “sacri principi” e l’atmosfera diventa immediatamente arroventata, in men che non si dica si passa alle armi. Non è necessario tirare in ballo i massacri tra sunniti e sciiti, che si ammazzano ancora oggi per una differenza di vedute che risale a fatti accaduti oltre 13 secoli fa. Nella colta e civile Europa, fino a pochi decenni fa, cattolici e protestanti si sono fatti a pezzi a colpi di bombe in Irlanda del Nord. E’ vero che era un conflitto soprattutto politico, ma questo rafforza la mia tesi: la contrapposizione delle fedi religiose è fatta apposta per favorire le peggiori violenze politiche. La Nigeria (ed è storia di oggi) è solo uno dei tanti teatri di massacri religiosi ancora in corso).

Dunque, per concludere, la fede individuale non mi dà alcun fastidio. Invece la Fede, che si organizza in religione istituzionale, fondata su dogmi che dicono che è Vero ciò che non può essere dimostrato e, sulla base di questa pretesa, limitano la mia libertà e addirittura mettono in pericolo la mia vita, mi dà molto, moltissimo fastidio. In questa accezione, odio la parola “fede” e non vorrei mai più sentirla. Mi piacerebbe che fosse sostituita dalle parole “speranza” e “fiducia”, molto più umane, logicamente fondate e, soprattutto, democratiche. I conflitti tra persone che non sperano le stesse cose possono trovare una conciliazione razionale, un compromesso. Le guerre tra fedi religiose diverse no: infinite e brutali, durano finché dura il fanatismo cieco di chi, vittima spesso fin dall’infanzia di un vero e proprio lavaggio del cervello, è disposto a sacrificare la vita propria e altrui in nome di un’invisibile Verità, inconciliabile con quella del suo vicino di casa.


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