Magazine Cultura

Non ho più voglia di scrivere, che faccio?

Creato il 21 gennaio 2013 da Mcnab75

writers-block

No, non sono io quello che non ha più voglia di scrivere, quindi smettetela di festeggiare.
In realtà questo post è ispirato/dedicato da/a un’amica che, poco prima delle feste, mi ha confidato questa cosa, ossia di non aver più voglia di scrivere. Perché le storie non le vengono più spontanee, e quindi vede la ricerca dell’idea vincente come un peso, una cosa in più a cui pensare, che le ruba tempo ed energie.
Si tratta di un atteggiamento sbagliato?
In realtà credo di no. Scrivere è una passione e al contempo un lavoro, ma è anche un’attività anomala, che non risponde alle comune regole del fare/non fare. Di certo si può scrivere anche senza avere voglia di farlo (anzi, a volte è necessario imporsi di farlo proprio in queste condizioni di apatia), ma non ci si può costringere a stare ore davanti al foglio bianco, nell’attesa che il nostro cervello partorisca qualcosa di decente.
Quindi, come si può rispondere alla domanda che dà il titolo a questo post?

Risposta 1: Non scrivere.
Brutale, ma essenziale. Se il gesto di scrivere, o la sola idea di farlo, causa fastidio, forse è giunto il momento di fare una pausa. Di dedicarsi ad altro. Non occorre quantificare la pausa: può essere di una settimana, di un mese, di tre anni. Solo distaccandosi da qualcosa ci si accorge quando teniamo a essa. Vale per le persone, vale per le passioni.
Senza dimenticare che le pause sono spesso ottime per lasciar spazio a nuovi stimoli, ad attività trasversali, che magari poi riconvergeranno verso la scrittura, ma non necessariamente. Come si suol dire: se deve accadere, accadrà.

Caffeina e teina, care amiche di chi scrive.

Caffeina e teina, care amiche di chi scrive.

Risposta 2: Cambiare l’approccio.
Se fissare la pagina bianca di Open Office o di Word causa malessere, nervosismo e inquietudine, probabilmente può risultare utile un modo diverso di approcciarsi alla scrittura. Comprare un bloc notes o un quaderno e prendere appunti sparsi, magari senza l’intento di volerli classificare in un racconto/romanzo, è un buon metodo per non smettere del tutto di scrivere, senza però patire l’obbligo illusorio di dover per forza produrre qualcosa di senso compiuto.

Risposta 3: Non pensare, bensì agire. Una cosa nociva è pensarsi scrittore, senza però scrivere. No, non è un paradosso. Per esperienza personale posso confermare che i colleghi più produttivi sono quelli che dicono “oggi ho scritto un nuovo racconto, anche se non mi convince molto“, che non quelli che per mesi e mesi dicono “continuo a pensare al racconto che ho in mente“.
Per dirla in maniera più semplice: meglio scrivere cose brutte, ma perfezionabili, che non aspettare una sorta di ispirazione divina, che esiste solo nelle sterotipo dell’artista vanesio che si vede in tanti film.

Risposta 4: Cambiare amici immaginari.
Mi rifaccio all’immagine pubblicata a inizio post. Uno degli errori più frequenti che commette uno scrittore è quello di immaginarsi saldamente legati a un singolo genere: horror piuttosto che fantascienza, romance piuttosto che racconti autobiografici. Spesso e volentieri il tentativo di variare campo di gioco può rivelarsi illuminante, terapeutico. Non parlo di stravolgere le proprie (presunte) attitudini, bensì di non porre limiti alla sperimentazione. Magari non funzionerà, ma se lo farà, ve la spasserete.

- – -


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines