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Non serve l’Isis per perdere la testa

Creato il 15 settembre 2014 da Albertocapece

imagesAnna Lombroso per il Simplicissimus

“Il presidente iracheno, Fouad Massoum, ha lanciato un appello, prima dell’apertura della Conferenza di Parigi sulla strategia da adottare contro l’Isis, ad un intervento rapido contro lo stato islamico nel suo paese.Massoum ha detto alla radio Europe 1 che il suo paese ha “bisogno di un intervento aereo”: “è necessario che intervengano rapidamente, poiché se tarderanno, se questo intervento e questo sostegno all’Iraq tardano, forse lo stato islamico occuperà altri territori” . (Ansa)

Il premio Nobel per la pace ha promosso una fase tutta nuova della guerra imperialista. Adesso sono i Paesi minacciati di invasione, a rischio bombardamento, avvisati di future rappresaglie, oggetto di “campagne umanitarie”, a sollecitare raid aerei e, potendo, anche desert storm, che mieteranno vittime tra le popolazioni civili, quei soliti poveracci perché non si ha mai notizia di despoti, califfi o presidenti regolarmente eletti morti grazie alle missioni di pace cui il nostro Paese concorre magari solo come sguattero.

C’è poco da chiedersi come mai un capo di stato raccomandi l’accelerazione dell’interventismo americano, proprio quello che ha collezionato dalla Corea in poi, una lunga serie di fallimenti. C’è poco da chiedersi come mai Obama che aveva attribuito all’Isis il potenziale intimidatorio di una squadra sportiva universitaria, si sia invece deciso a combatterlo senza tregua, in Siria, nello Yemen, in Irak, in Somalia, per decapitare il nuovo nemico pubblico n.1. c’è poco da chiedersi come mai la campagna contro il barbaro califfato sia già previsto che durerà necessariamente più di due anni, addirittura oltre  la scadenza del suo mandato, a sancire la sua insostituibilità e a garantirgli un brillante futuro di consulente, conferenziere o inviato segreto in paesi strategici. C’è poco da chiedersi come mai 40 paesi più il Vaticano che teme la terza guerra mondiale, ignaro che è già scoppiata da un bel po’, 10 dei quali europei si sono mobilitati nella grande impresa, che costerà 500 milioni di dollari, destinati a rimpinguare le casse della Difesa statunitense, le industrie degli armamenti e le imprese della paura che hanno già avviato la produzione di strumenti bellici destinati a ridurre la libertà, la sovranità, le democrazie. C’è poco da chiedersi come mai ci sono morti di serie A e morti di serie B, quelli decapitati valgono più punti di quelli colpiti dai droni o delle prossime vittime civili, beccate in asilo, al mercato, per strada. C’è poco da chiedersi come mai questo sodalizio tra Usa e Ue coincida o almeno vada ad integrarsi con un’altra alleanza, la Ttip, Transatlantic Trade and Investment Partnership, quel trattato sul libero scambio di merci e investimenti che i due partner stanno sottoscrivendo e che tocca tutti gli aspetti della vita sociale, economica, culturale, cui si aggiunge così anche quello bellico.

C’è poco da chiedersi quale propaganda ha agito con tanta perizia e sapienza da permetterci di indignarci e sorprenderci di  fronte alla barbarie delle esecuzioni mediante decapitazione,  all’atrocità delle persecuzioni di minoranze che si avvicendano nel ruolo di diseredati e vittime con quello di insani killer,  senza effettuare nessuna riflessione sulle cause, sulle responsabilità, ben contenti di ridurre questi fenomeni a  velenosi sedimenti di un ferino e incivile passato medievale, i cui rigurgiti torbidi insidiano un Occidente che non vuole arrendersi al suo declino, che coincide con l’autodissoluzione del capitalismo nelle sue forme arcaiche. E che sembra  naturale  contrastare con un avventurismo militare poco adatto a fronteggiare un “movimento” feroce, ma strutturato, ricco, ben equipaggiato con armi americane, competente nello sfruttare   propaganda, media e rete  per incrementare la leggenda della propria brutalità, alimentando il terrore.

Qualcuno ha paragonato  le milizie armate del fondamentalismo islamico ai soldati di ventura o anche ai corsari e ai pirati come sir Francis Drake e tanti altri che hanno animato il nostro immaginario di ragazzi, che a intermittenza  sono stati al servizio dell’impero statunitense, per poi diventarne i nemici e viceversa.  E d’altra  da almeno vent’anni servizi segreti, organizzazioni di studi strategici,  avevano profetizzato che le guerre del futuro si sarebbero manifestate come conflitti di stati contro o pro Paesi nei quali le sovranità statali sarebbero state sostituite da potenze criminali di stampo “mafioso”, comprese, si direbbe, spregiudicate entità finanziarie immateriali,  entità di tipo terroristico, eserciti disperati cresciuti ai margini di megalopoli e impegnate in belligeranza quotidiane.  

Sarebbe troppo chiedere che commentatori, esperti, stampa, visto che non lo fanno premier e decisori, si interrogassero  sul fallimento della politica estera occidentale e della sua cultura americo-centrica, sul prezzo che siamo e saremo chiamati a pagare per non aver saputo interpretare le evoluzioni di quel mondo che pensava con tracotanza irrealistica di dirigere e disciplinare secondo le sue regole, le sue gerarchie, i suoi privilegi da custodire.

Ma sarebbe sciocco domandarsi le ragioni di questa rimozione: chi è nato dalla parte giusta ancorché iniqua, chi ha avuto la sorte di vincere alla lotteria naturale, nascendo al di qua di un al di là sventurato, resta per sempre legato perfino alla memoria dei propri privilegi, delle proprie prerogative, della,  perlopiù usurpata, egemonia, conquistata con le armi o con l’imposizione non del tutto incruenta di quell’American Way of life, a un modello di vita, abitudini, consumi che ha colonizzato anche il nostro immaginario e il nostro inconscio, ben oltre gli interessi commerciali e le ragioni del profitto.

A volte, quando da spettatori entriamo in quelle case dell’Oklahoma o del Colorado, attraversate da malesseri esistenziali, scontentezze, inadeguatezze, intrise di ipocrisie e convenzioni, c’è da chiedersi se non si stia pagando per i capricci di popoli bambini, viziati e prepotenti. Susan Sontag diceva che gli Usa avevano diffuso nel mondo la peste e che di quella peste il mondo sarebbe morto.

Se avevamo un debito nei confronti di menti illuminate, di intelligenze che hanno invece fatto circolare ideali di libertà, democrazia, che hanno dato forma a sogni e illusioni, di minoranze che ci hanno impartito lezioni di autodeterminazione, quel debito ce lo fanno saldare con gli interessi altri governi infantili, altre canagliette nostrane, altri ragazzini guastati da un benessere e una irresponsabilità ereditata o regalata.

 


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