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Non siamo in crisi, siamo in guerra contro il cuore di tenebra

Creato il 16 gennaio 2014 da Astorbresciani
Non siamo in crisi, siamo in guerra contro il cuore di tenebra Non siamo semplicemente in crisi. Sarebbe ingenuo pensare che i problemi dell’Italia, e di conseguenza i nostri guai, dipendano solo da una recessione economica senza precedenti, cui fa da contraltare la decadenza morale e del sistema socio-politico. La verità è più complessa. Siamo in guerra. Viviamo un tempo che non passerà alla storia come l’età dell’austerità ma come la prima fase della terza guerra mondiale. A differenza dei due precedenti conflitti, che ebbero un carattere prevalentemente militare, questo terzo conflitto non ricorre alle armi tradizionali ma è più radicale. Si avvale delle leve del potere geo-politico, economico e culturale, ed è una guerra così sottile da rendersi invisibile e così devastante da renderci impotenti.Guerra? Fra chi e perché? In primis, questa guerra di cui siamo le vittime non è mai stata dichiarata. Non è facile dire quando abbia avuto inizio anche se i primordi coincidono con l’alba del nuovo secolo e se proprio vogliamo scegliere una data, come si usa fare per dividere le ere storiche, l’11 settembre 2001 può essere considerato l’incipit ideale. In realtà, la belligeranza è scoppiata già negli anni Novanta del XX secolo, dopo il crollo del muro di Berlino e l’inizio della globalizzazione, quando alcune persone ricchissime e potenti si sono riunite per disegnare gli scenari del futuro e con essi il triste destino del pianeta. Chi ha letto il mio post “Chi trama nel buio per renderci schiavi” (http://www.giuseppebresciani.com/2011/04/chi-trama-nel-buio-per-renderci-schiavi.html), forse ricorderà che ho già trattato il tema del Nuovo Ordine Mondiale, e quindi la teoria della cospirazione, della setta degli illuminati, del gruppo Bilderberg e della Commissione Trilaterale. Non voglio ripetermi e a poco serve aggiornare i nomi e le sigle delle potentissime lobbies che stanno manipolando la nostra vita. Se non fosse stato volgarizzato da una trasmissione televisiva, non guasterebbe il riferimento al Grande Fratello di Orwell. Il fatto è che non siamo più liberi da tempo perché il potere dei plutocrati internazionali è tale da avere asservito i governi di molte nazioni e l’Onu, i mass media e le istituzioni, le banche e l’industria. E naturalmente, gli esseri umani. Anche chi si illude di essere un uomo libero. In sostanza, esiste un gruppo di potere trasversale più forte degli stati e più micidiale degli eserciti che padroneggia sulla Terra. La profezia di Orwell si è dunque avverata, ma con una variante. Il mondo non è diviso in tre grandi unità territoriali: Oceania, Eurasia ed Estasia, cui va aggiunta la terra di nessuno. Oggi, il pianeta è apparentemente frazionato in una moltitudine di nazioni amiche e nemiche, soggetto a guerre di religione e per il controllo dei beni primari, come il petrolio, il gas e l’acqua, ma se vogliamo comprendere la situazione reale, dobbiamo sgombrare la mente dalle apparenze che ingannano. Siamo sotto il tallone di un piccolo numero di persone di diversa nazionalità che hanno interessi comuni e una comunione d’intenti precisa: il dominio. Queste persone sono rese cieche dal potere e dal denaro, con cui influenzano i governi e i mercati finanziari, determinano gli eventi e agiscono con un fine ignobile. Quale? Asservire il genere umano in nome del progresso, renderlo schiavo di un sistema sempre più aberrante, basato sulla tecnologia, sul controllo dei dati e delle persone, sullo sfruttamento e il degrado della Terra. La risposta alla domanda: guerra fra chi e perché, viene da sola. È in atto un conflitto unilaterale tra i fautori e i membri del Nuovo Ordine Mondiale e il consorzio umano, per lo più ignaro d’essere sotto attacco. Una guerra fra un pugno di individui opulenti e avidi e i loro mercenari da una parte e il resto del mondo dall’altra. Lo scopo di questa guerra è trasformare la popolazione in una massa inerme e obbediente, incapace di ribellarsi alle regole di quello che forse un giorno gli storici chiameranno “Impero del male”. La strada perché ciò avvenga è segnata: basta depauperizzare la comunità, radere al suolo le tradizioni millenarie e il patrimonio etico, creare forti dipendenze (la droga, la televisione, le attività ludiche meccaniche) perché un essere umano perda le proprie sicurezze, il discernimento, l’autonomia. Perché accetti, più o meno inconsciamente, il ruolo di servo del sistema, automa, carne da macello pur di sopravvivere. 
Fantascienza? Esagerazioni? Chiedetelo ai greci. Chiederlo ai disperati che fuggono dalle guerre in Africa o ai cinesi schiavizzati nelle fabbriche sommerse è fin troppo facile. E chiedetelo a molti nostri connazionali che si sono ritrovati poveri dall’oggi al domani, magari dopo una vita di fatica e rispetto delle leggi. Non avete anche voi la sensazione d’essere in guerra? Non avete sentore della minaccia costante? Io ce l’ho, questo timore. Non riconosco più la madre patria, che un incantesimo ha trasformato nella cattiva matrigna, e il cuore si accartoccia se penso a come siamo ridotti male. Abbiamo barattato la sovranità nazionale per un piatto di lenticchie, ci siamo fatti condurre al massacro da uomini che la storia bollerà come traditori, abbiamo avvallato con la nostra inedia la scarnificazione del tessuto socio-economico nazionale, non ci siamo accorti che il Nuovo Ordine Mondiale, con la complicità di una classe dirigente vile e collusa, stava mettendo in atto una terrificante strategia ai nostri danni. Quale? Indebolirci, renderci vulnerabili e miserabili, facilmente influenzabili e gestibili. Un uomo benestante e consapevole della sua forza non rinuncerà mai al proprio orgoglio, alla dignità, alla libertà. Ma togliete a un uomo il lavoro, la casa e persino la famiglia. Opprimetelo con tasse inique e con svariate forme di ingiustizia. Toglietegli la fiducia e la speranza nel futuro. Gli avrete rubato l’anima oltre che la capacità di lottare. È quello che sta accadendo in Italia, una nazione che il Grande Fratello ha deciso di declassare, e non solo sul piano finanziario. Siamo in guerra contro un nemico di cui non conosciamo il volto ma che conosce le nostre debolezze e intende stremarci, fare di noi tabula rasa. Siamo stati aggrediti di notte, sistematicamente, con una tattica intelligente e feroce che prevedeva il progressivo logoramento delle risorse pubbliche e dell’iniziativa privata. È una guerra omeopatica. Un po’ di veleno ogni giorno, così da non accorgerci dei suoi effetti, per assuefarci. Un esempio eclatante è offerto dalla pressione fiscale, la cui crescita è stata progressiva ma dosata, affinché non ci accorgessimo in tempo reale del processo di strangolamento attuato. 
La settimana scorsa, recandomi nel municipio della mia città per contestare una cartella esattoriale, ho posto una domanda al funzionario. “Perché vent’anni fa pagavamo molte meno tasse e il debito pubblico dello stato era minore, e i comuni erano ricchi?”. Dopo averci pensato un po’, mi ha risposto: “Lo spreco”. No, se siamo in croce non è solo a causa dello spreco, che certamente è uno dei maggiori fattori critici del nostro declino. Ci sono altre ragioni. Ci hanno costretto a chinare il capo ricorrendo a leggi e provvedimenti incostituzionali, decisioni politiche autolesionistiche, manovre atte a destabilizzare non solo il Paese ma ogni italiano di buona volontà. Degli stronzi collusi coi mandanti, dei responsabili del crollo dell’Italia, è superfluo che parli. La guerra cambia le fortune, c’è gente che ha cavalcato la Caporetto socio-economica per diventare più ricca e arrogante. Alla faccia della brava gente. Rendiamocene conto, dunque, non stiamo vivendo un periodo di crisi passeggera ma un’involuzione organica, inesorabile. Povertà e disoccupazione sono inarrestabili. I giovani agonizzano e il Paese è sempre più vecchio, decrepito. Siamo in guerra e nulla sarà più come prima. L’Italia è devastata sotto ogni punto di vista, incapace di reagire ai continui attacchi esterni e intestini. Ritornare alla normalità è quasi impossibile. Pur tuttavia, non dobbiamo smettere di combattere le nostre battaglie quotidiane, nella speranza che prima o poi possa sorgere un movimento organizzato di resistenza capace di puntare il dito sul mostro e sfidarlo apertamente. Dobbiamo confidare nella nostra creatività, nell’imprevedibilità del popolo italiano per non soccombere del tutto e diventare una semplice espressione geografica. Ma soprattutto… Mi viene in mente questa frase del Papa Giovanni Paolo II: “Come al tempo delle lance e delle spade, così anche oggi, nell’era dei missili, a uccidere, prima delle armi, è il cuore dell’uomo”. Dobbiamo trovare la forza di smascherare e trafiggere questo cuore di tenebra, anziché uniformarci al suo battito. Perché il nemico non è solo fuori, capita che si annidi dentro di noi.

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