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NON SONO I BELLISSIMI DI RETE 4 – Cantando sotto la pioggia

Creato il 28 ottobre 2013 da Fabioeandrea

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Incredibile ad ascoltarsi (da dirsi no, perchè chi ha un minimo di cultura audiovisiva lo sa), ma alcuni dei titoli etichettati come Capolavori sono anche pellicole che parlano del mondo del cinema, quindi sono film metacinematografici. Un cinema nel cinema che parla di cinema.

Uno di questi è l’americano Cantando sotto la pioggia (1952) di Stanley Donen e dell’attore, regista e coreografo… e cantante (cazzo, sapeva fare tutto, ma proprio tutto!!!) Gene Kelly. Originariamente noto con il titolo della sua canzone più conosciuta Singin’ in the Rain, Cantando sotto la pioggia descrive un momento cruciale (ma anche drammatico) della storia del cinema (l’avvento del sonoro) accompagnandolo a una vera e propria esaltazione della vita.

NON SONO I BELLISSIMI DI RETE 4 – Cantando sotto la pioggia

Per farvi capire meglio i grandi prodigi di questa pellicola devo necessariamente andare ai punti che lo hanno reso un Capolavoro:

1. Ciak, azione, si parla! Guardando Cantando sotto la pioggia, si può studiare un momento importantissimo della storia del cinema. Sono infatti due le parallele per lo sviluppo della trama di questo titolo. Il primo piano narrativo riguarda quella che per alcuni passò come la più grande delle rivoluzioni del mondo del questa industria, ma che per altri fu una tragedia. Mi riferisco all’avvento del sonoro che causò la caduta di una miriade di attori e attrici del neonato firmamento hollywoodiano, con conseguenti suicidi, dipendenze da alcol-barra-droghe e ritiri forzati dalle scene. Un passaggio storico che è stato recentemente spiegato, proprio sotto quest’ultimo punto di vista, nella pellicola The Artist (2011) di Michel Hazanavicius. Il secondo piano narrativo è invece una semplice storia d’amore fra una grande star e una giovane doppiatrice. Da questi due fili, nasce Cantando sotto la pioggia, ovverosia, la storia di due divi del muto, Don Lockwood e Lina Lamont che, per sfuggire alla sorte di molti degli silent actors dell’epoca, decidono di correre ai ripari e parlare. Tutto questo, va benissimo per Don, ma Lina ha una voce di merda, così sono costretti a trovare una donna che possa “prestarle” le sue corde vocali. Una donna di cui Don si innamorerà follemente. Quindi, esteriormente il film è un musical sentimentale, interiormente è un omaggio al sonoro. E io trovo perfette entrambe le parti.

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2. Gene Kelly. È l’attore e il regista di questa pellicola. Protagonista grandioso di nome Don Lockwood, con il suo fisico atletico riesce a imprimere una potentissima vitalità a ogni scena rendendo il film inaffondabile.

NON SONO I BELLISSIMI DI RETE 4 – Cantando sotto la pioggia

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3. Jean Hagen. È lei che rimane impressa nella mente di chiunque guardi Cantando sotto la pioggia. Sicuramente, Debbie Reynolds giuoca molto bene il ruolo dell’innamorata di Don Lockwood, ma il contraltare antagonistico è molto più forte in virtù della sua caratterizzazione e, di conseguenza, indimenticabile. A rimanere impressa, negativamente, è l’irritante voce di Lina Lamont (nell’edizione italiana il suo doppiaggio fu affidato a Zoe Incrocci). In più, questa attrice biondissima, riesce a rendere perfetto il ritratto delle dive di allora (e forse anche di alcune di quelle attuali) tutto sciocchezze, vizi e interesse perché si parli di loro nei giornali. Piccola particolarità, nel film la Reynolds, che faceva la parte di una doppiatrice, venne doppiata a sua volta da Betty Noyes per la canzone Would You e dalla stessa Hagen (che tutto aveva fuorché una vera e propria voce stridula), per alcuni dialoghi. E pensare che il ruolo della Lamont era stato pensato dalla MGM per Judy Hollyday, la quale, dopo l’Oscar come miglior attrice protagonista per Nata ieri, non si sognava minimamente di partecipare a un film dove avrebbe avuto un ruolo secondario.

NON SONO I BELLISSIMI DI RETE 4 – Cantando sotto la pioggia

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4. Cantiamo. Le canzoni di Cantando sotto la pioggia sono ipnotiche e sono il fulcro e il motivo principale per cui il film venne girato, perché questo musical nacque proprio per riciclare canzoni vecchissime che erano di proprietà della MGM e che nessuno riusciva a usare. Così facendo, lo Studio mise su un raro esempio di musical non derivato da un successo di Broadway. Un miracolo! Si va dalla contagiosissima Good Morning a Make ‘em Laugh. Inizialmente, mancava la più romantica You Are My Lucky Star, eseguita dalla Reynolds e da Kelly e tagliata al montaggio, ma poi reinserita in altre edizioni del musical.

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5. Balletti. Non si può fare a meno di spalancare la bocca di fronte al virtuosismo di Gene Kelly e dei suoi balletti che trovano il loro apice in Singin’ in the Rain (che come ho già detto dà il titolo al film e che venne citata da Stanley Kubrick nella scena dello stupro di Arancia Meccanica), una coreografia che venne girata in un giorno e mezzo nel backlot (il terreno adiacente agli Studi dove sorgono le ricostruzioni di varie strade del mondo), coprendo l’intera area con dei teloni neri da circo così da consentire di lavorare anche sotto il sole. Io, però, sono uno che è rimasto innamorato del numero Make ‘em Laugh di Donald O’Conner che sfida i limiti umani interagendo con la scena così come farebbe un cartone animato… tradotto: questo cammina sui muri e non ci sono effetti speciali dietro. E poi… e poi ci sono le gambe di Cyd Charisse!!!

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6. Il montaggio. Il taglio di Adrienne Fazan sul film fu basilare per renderlo leggerissimo. Fu sua l’idea di usare alcune delle inquadrature della pellicola I tre moschettieri che aveva come protagonista Gene Kelly e che lui aveva interpretato solo quattro anni prima, per inserirle all’interno di Cantando sotto la pioggia con il titolo Il cavaliere spadaccino. Un film nel film che parla di film. Dalla regia mi dicono che se continuerò a insistere su questa frase vi esploderà la testa. Vabbè, per concludere, per usarle, le bastò ridurle in bianco e nero. Si chiama riciclaggio.

Fabio Secchi Frau


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