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NON TUTTI I BASTARDI SONO DI VIENNA - di Andrea Molesini

Creato il 17 ottobre 2011 da Ilibri
NON TUTTI I BASTARDI SONO DI VIENNA - di Andrea Molesini

Titolo: Non tutti i bastardi sono di Vienna
Autore: Andrea Molesini
Editore: Sellerio
Anno: 2010

"Non tutti i bastardi sono di Vienna" è la frase che pronuncia Don Lorenzo, il parroco, quando ... Scena sorprendente, connessione originale, merita di non essere svelata!

E veniamo al romanzo: impegnativo e ben documentato, garantisce al lettore la soddisfazione consapevole che procurano i piaceri più elaborati e non immediati. Ambientato durante la prima guerra mondiale, nel periodo tra la disfatta di Caporetto e la piena del Piave, si svolge in gran parte a Villa Spada ove una famiglia di buon lignaggio subisce l'occupazione degli invasori "magnaverze" dell'aquila bicipite.

La narrazione è affidata al nipote Paolo, orfano che - da giovane "di primo pelo" - vive gli eventi tragici dell'occupazione e un rapporto intenso con gli altri abitanti della villa, tutti ben caratterizzati: la nonna matriarca, la zia amante dei cavalli, il bizzarro nonno anticlericale e anticonformista, che si occupa anche dell'iniziazione erotica del nipote in un bordello. Intorno al nucleo familiare si muovono altri personaggi: il guardiano Renato, la procace Giulia, la cuoca Teresa e sua figlia Loretta. La famiglia è dedita a una forma di spionaggio artigianale, fatto di segnalazioni prodotte con il linguaggio delle imposte aperte o chiuse. Destinatario dei messaggi "degli scuri" è Brian, aviatore inglese: sorvola la zona con il suo velivolo che reca un martin pescatore sulla fusoliera e sarà causa della ritorsione austriaca nei confronti di Renato, di Paolo e di suo nonno.

In molte pagine ho rivissuto l'atmosfera neorealista (traslata quanto all'epoca dei fatti narrati: prima guerra mondiale, anziché seconda) di certi romanzi di Vittorini e Fenoglio e, forse, anche di Hemingway. Sto parlando delle pagine che condensano il sapore della guerra (che sa "di sterco secco, di cuoio fetido e di ferro") o che esalano odore bellico ("Nelle strade c'era puzza di legno marcio, di sudore, di uomini, di muli ... e c'era puzza di sangue rappreso nelle bende ...." "C'era odore di fenolo e il vento sapeva di carne bruciata"). Neorealistiche sono anche certe descrizioni dei fatti: i reiterati stupri, le impiccagioni e le vendette, la fusione delle campane per ricavarne armi, la progressiva scomparsa degli animali dalle strade (cani, gatti e topi finiscono arrostiti a tamponare la fame dilagante). Neoveristi sono i dialoghi in dialetto veneto e la parlata del popolani.

Fa da sfondo alla terza parte del romanzo la piena del Piave. Mentre la natura dei luoghi si allea agli italiani, la guerra – emettendo il canto del cigno - sferra le sue ultime bordate: travolge vite e affetti, la violenza esplode e di essa fa esperienza, in prima persona, anche Paolo, che tocca con mano l'orrore del conflitto e i meccanismi dell'odio. E' a questo punto che le esecuzioni assumono la potenza scenica, e forse mi ripeto, della cinematografia "in bianco e nero" neorealista di film come "Roma città aperta" ...

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