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Norma ammazzablog, basta con le scuse

Da Queenseptienna @queenseptienna

Grande clamore, sui quotidiani “politicamente impegnati” sta suscitando la reintroduzione della norma ammazzablog all’interno del ddl sulle intercettazioni. Fa figo dire ammazzablog, vero? Legge bavaglio. Privazione della libertà di espressione. Regime. Dittatura. Alieni, mostri, vampiri e dinosauri.

Ma in realtà che cosa prevede questa norma dal nome così pittoresco che, a voler pensar male, sembra esserle stato appiccicato ad arte non tanto per conoscenza della norma in sé quanto più per sterile volontà di portare acqua al proprio mulino politico?

Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.

Che scandalo. Ci sono però alcune considerazioni doverose.

Punto primo, i blog non fanno informazione. Non sono giornali. C’è scritto anche nel disclaimer di Scrittevolmente. I blog riportano notizie, sì, ma non nell’esercizio del diritto di cronaca. Una sentenza della Cassazione del 1984 riporta tre limiti all’esercizio di tale diritto: il limite della pertinenza (occorre che la notizia riportata sia di interesse pubblico), il limite della continenza (la notizia riportata non deve essere manipolata o strumentalizzata), e soprattutto il limite della verità. Il fatto riportato deve essere un fatto, deve essere vero, accertato e corroborato da fonti attendibili.

Siamo proprio sicuri che i blog questi tre requisiti li rispettino? No, ovvio che no. Ma i blog non sono testate giornalistiche (il disclaimer, ricordate?) e non sono sottoposti a questa normativa.

Tralasciando il fatto che molti blog che dicono di fare informazione riportando i fatti, in realtà forniscono opinioni e interpretazioni non basati sui fatti ma su reinterpretazioni di opinioni altrui (il sedicenne con il blog antigovernativo, il negazionista degli sbarchi sulla Luna, lo sciachimista, il signoraggista…), quella che per un blogger è la verità stampata sulle tavole della legge, in realtà è solo un’interpretazione dei fatti che si accorda con la sua visione del mondo.

Una fonte non è corretta e imparziale a meno che non dica quello che voglio sentirmi dire, per usare le parole della liberal douchebag.

La cosiddetta democratizzazione dell’informazione lanciata dai blog in realtà è più simile a un’anarchia che a una vera e propria democrazia, ci avete fatto caso? Su internet chiunque può scrivere quello che gli pare su chi gli pare, dal Papa al proprio vicino di casa. Dalle cose più innocue, mere opinioni, a quelle più elaborate e lesive della dignità e della privatezza altrui.

E in tal caso ben venga la rettifica. Perché se scrivi una cosa, ti prendi anche la responsabilità di ciò che scrivi. Sul mio blog personale scrivo che a un noto scrittore italiano di fantasy puzzano i piedi e a lui i piedi non puzzano? Giustamente chiede una rettifica e magari mi querela anche. E farebbe solo bene.

Quando ero membro dello staff del Writer’s Dream e mi occupavo delle case editrici, non potevo scrivere – e non mi sarei mai azzardato a farlo – che la Speraindio Editore di Vergate sul Membro era un editore a pagamento perché “si diceva così”. Ma nemmeno per idea. Si andava a contattare il diretto interessato e si chiedeva a lui e solo a lui. Un procedimento più lungo, ma anche accurato e responsabile (che poi gli editori minacciassero querela lo stesso è un altro discorso…).

Gente, quello che si scrive su internet rimane su internet e spesso si diffonde pure a macchia d’olio. Su Facebook ci sono badilate di gruppi deficienti creati da quattordicenni con la capacità critica di un ciocco di legno per il camino che annunciano decisioni apocalittiche della Gelmini, tipo quello di eliminare un mese di vacanze estive (visto che ci sono soldi a badilate per pagare gli insegnanti), o di eliminare l’educazione fisica e sostituirla con l’inglese (il che, con l’ignoranza serpeggiante tra le nuove generazioni, non sarebbe che un bene). Ci sono anche vere e proprie menzogne politiche, o bufale se preferite, che sono un filino più gravi. L’emendamento salva pedofili ve lo ricordate tutti. Beh, era un falso. E anche l’emendamento D’Alia che dava la possibilità di chiudere siti web che inneggiavano alla disobbedienza civile. Falso anche quello. Ma siccome agli “informatori liberi” faceva comodo per illustrare il regime cattivo che c’è nel nostra paese, è stato ripreso da più fonti come verità assoluta (anche da Marco Travaglio, che del rigirare frittate è maestro). O anche la famosa intervista editata ad arte dal TG1 per includere il nome di Berlusconi tra i politici ringraziati da un manifestante libico dopo la caduta del regime (sapete, uno di quelli veri). Bufala smascherata dopo 10 minuti, ovviamente, perché di bufala si è trattato. Hanno ritrattato i blogger che fanno “informazione libera”? Alcuni. Altri si sono trincerati dietro un inqualificabile “se abbiamo pensato una cosa del genere la colpa è di Minzolini e della sua inaffidabilità”. E, se è vero che Minzolini e il suo Tg sono affidabili quanto una Fiat Duna, la realtà è che, in questo caso, la colpa è tutta del blogger.

Il diritto di opinione è sacrosanto, inviolabile. Ma a questo dovrebbe corrispondere il dovere di essere responsabili e fare opinione con il cervello acceso, perché quello che uno scrive, vero o falso che sia, rimane impresso nella memoria di chi non ha un senso critico ben sviluppato – e sul web ce ne sono a badilate. Le opinioni altrui, anche di perfetti sconosciuti che berciano su internet, hanno effetto sulla nostra vita di tutti i giorni. Facciamo un esempio idiota: qual è la prima cosa che fate quando sta per uscire un film che volete vedere o avete in mente di comprare un libro? Poiché si spendono soldi, sarà il caso di informarsi leggendo delle recensioni online, no? Ecco quindi che l’opinione personale di un mister X su internet influisce sui nostri processi decisionali. E con le bufale politiche è anche peggio, perché spesso diffamano e insultano per il semplice gusto di farlo. Perché in Italia la politica la si fa con l’offesa.

Per cui ben venga il dovere di rettifica, ben venga una regolamentazione in questo senso, ben vengano le responsabilità per chi crede che la libertà di parola sia “dico tutto quello che mi fa comodo, quando voglio, nei modi che voglio e senza preoccuparmi delle conseguenze”. Se volete fare informazione corretta e libera, attenetevi per prima cosa a quelle che sono le regole dell’informazione. Poi avrete il diritto di parlare di legge bavaglio e legge ammazzablog.


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COMMENTI (2)

Da renzo
Inviato il 27 settembre a 20:09
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Ps vallo a rendere in quel posto assieme al tuo amato Berlusconi fascista che non sei altro!

Da renzo
Inviato il 27 settembre a 20:08
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Questa norma ti impone un obbligo di rettifica altrimenti una multa di 12000 euro! ti pare una cosa sensata? ti pare sensato che chiunque possa impormi una rettifica a prescindere da quello che ho scritto? che non ci sia una previa valutazione di un giudice a valutare se ho leso la sua dignità prima di essere costretto ad una rettifica? Ti informo (ma lo sai già) che tutti noi siamo già responsabili di quello che scriviamo in rete: chiunque può essere rintracciato e denunciato per calunnia, solo che lì almeno, prima di essere condannato, ce un giudice a decidere, qui invece è il diretto interessato che fa da giudice, giuria e pure boia! Inoltre non solo non viene valutato se quello che ho scritto sia o no falso o illegale o lesivo, ma sono pure obbligato a pubblicare per intero una rettifica qualsiasi contenuto essa contenga comprese offese nei miei confronti o di altri. Questa legge è un obbrobrio giuridico, non che una legge liberticida perché mi solo a fa tacere i dissenzienti con il pericolo che introduce di essere multati.