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Nostalgia di Essaouira

Creato il 02 luglio 2015 da Patrickc

La perla dell’Atlantico, il posto che ho più amato in Marocco.

L’ho appena sfiorata, restandoci troppo poco. Eppure, se immagino i posti dove potrei rifugiarmi, uno è lì, in una piccola vecchia casa con l’intonaco scrostato della kasbah, davanti alla grande vastità dell’oceano. Mi immagino ad ascoltare il suono delle onde, i gabbiani e poi il vento che sferza le antiche mura. Una monotonia interrotta solo da qualche grida in arabo o dai colpi di martello di un artigiano del legno. E’ un’immagine ingenua, forse, perché Essaouira l’ho vista poco, eppure è bastato per farmi provare nostalgia per questa piccola, vecchia città cinta da mura, affacciata sull’Atlantico.

Essaouira dal porto (foto di Patrick Colgan, 2010)

Essaouira dal porto (foto di Patrick Colgan, 2010)

Da Marrakech a Essaouira

Nei giorni scorsi ho letto un post di Cabiria che mi ha fatto ripensare al mio viaggio in Marocco di alcuni anni fa e che ho vissuto come lei. Le mie memorie sono popolate di colori e paesaggi indimenticabili (soprattutto le dune rosse dell’Erg Chebbi), eppure nelle città e nei luoghi più turistici, come Marrakech, l’umanità è distillata, la maggior parte delle persone con cui entri in contatto indossa una maschera, vuole ottenere qualcosa da te: nella città vecchia tutto ha un prezzo, anche un’indicazione stradale, anche un sorriso. E’ comprensibile, naturale, in una città così visitata, eppure getta nello sconforto. Si avverte una pressione costante, che si allenta solo in alcuni angoli o fuori dalle mura. Nemmeno l’albergo è un porto sicuro, dove rilassarsi: al Central palace, un albergo economico costruito in un vecchio ryadh sciupato a due passi da piazza Jemaa el Fna il ragazzo della reception mi squadra e stringe gli occhi. Sono le 18,30, fuori è buio perché è gennaio, e gli ho appena chiesto di partecipare al minibus che il giorno dopo partirà per Essaouira. “E’ tardi, dovrai pagare un sovrapprezzo”, dice, ben sapendo che a quest’ora, col buio, non saprei dove andare per prendere un bus pubblico. Non riesco nemmeno ad arrabbiarmi. Sfinito dopo esser stato trascinato a tradimento in innumerevoli negozi di tappeti nei miei giorni in Marocco chiedo solo se sono previste fermate per lo shopping. Non potrei sopportarne un altra. “Nessuno stop, ci vorranno due ore e mezza”, assicura mentre incassa i miei euro.

La strada però è dissestata, ci sono lavori, e non è possibile scampare l’immancabile pausa per una visita ‘fuori programma’ a una cooperativa di donne che produce olio di argan, tipico di questa zona. Io sono tanto sfinito e innervosito che reagisco bruscamente, proprio nella sosta per shopping che sarebbe stata più interessante. Mi sento anche in colpa. Alla fine ci vogliono tre ore e mezza, ma veniamo ripagati della fatica:  il mare e lo sbuffo bianco della città emergono davanti a noi, più in basso (siamo su di un’altura). Ci fermiamo per guardare il panorama. E’ un arrivo emozionante.

Cosa fare a Essaouira

Essaouira è famosa per il festival della musica Gnaoua (popolazione dell’africa occidentale), in maggio, e ha una lunga tradizione musicale: fu visitata anche da Jimi Hendrix, nel 1969. Ma per il resto appare piuttosto tranquilla, oltre che assai poco marocchina, fu infatti costruita dai portoghesi nel 700. Questi contrasti la rendono affascinante. E poi i commercianti sono (un po’) meno insistenti che a Marrakech e la quantità di turisti non è paragonabile. Molti la visitano in giornata, anche perché qui, a parte passeggiare e ascoltare il rumore delle onde e del vento, non c’è moltissimo da fare, a meno che non si sia appassionati di surf. Ma ho già capito che io, qui, vorrei restare.

Si cammina sui bastioni a partire dalla fila di cannoni di diverse epoche della Skala de la Ville, al porto: da qui ha la veduta più famosa della città (anche attraverso una finestrella tonda). Sempre qui ci si può perdere a lungo a osservare i pescatori che riparano le barche e le reti e il continuo viavai dei gabbiani.  La mattina è affascinante passeggiare nel mercato del pesce, dove viene proposto pescato di ogni tipo e i residenti di città nuova e vecchia si accalcano per contrattare i prezzi.

Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

Un gabbiano di Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

Un gabbiano di Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

Il porto di Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

Il porto di Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

E poi, a Essaouira, si passeggia sulla bella spiaggia sfidando il vento (non sorprende che in lontananza si vedano decine di pale eoliche), ci si perde nella medina e nel mercato dove si possono trovare interessanti prodotti artigianali in legno di tuia. Ci si ferma per un tè o un caffè in piazza Moulay Hassan (magari evitando i posti più cari). E infine magari si scoprono le due vecchie sinagoghe, abbandonate, nascoste nella Mellah, quello che era il quartiere ebraico, ora in disfacimento. In città c’è anche un bel museo di storia locale, il Sidi Mohammed Ben Abdallah.

La spiaggia di Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

La spiaggia di Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

Essaouira (foto di Patrick Colgan, 2010)

Io però vorrei tornare qui, semplicemente, a scrivere, pensare, perdere tempo, guardare il mare. Ma forse non sarebbe come lo immagino. E forse è per questo che una parte di me, a Essaouira, vorrebbe non tornare mai più.

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