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Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia. Il racconto collettivo dell’anno che ha spaccato l’Italia intera

Creato il 29 giugno 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminale
di Simona Zecchi
Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia. Il racconto collettivo dell’anno che ha spaccato l’Italia interaMercoledì 27 giugno presso la Feltrinelli della Galleria Alberto Sordi si è svolta la presentazione romana del libro “Novantadue. L’Anno che cambiò l’Italia” (Rex Castelvecchi Editore, pagg.172, maggio 2012) curata dal giornalista Marcello Ravveduto.

“Novantadue” è un’antologia di Public History, come la definisce Ravveduto nella prefazione, che raccoglie il contributo di 17 autori sugli eventi che hanno scosso l’Italia in quell’anno determinandone in gran parte le dinamiche politiche successive e spesso il baratro economico cui si è andati incontro fino ad oggi. Un incontro, quello raccontato nel libro, tra Storia e Memoria su un anno contrassegnato da stragi, collassi politici e di sistema, nuove realtà nate come causa e conseguenza dei fatti, e testimonianze degli uomini e delle donne che combattevano per lo Stato, non immaginando che forse da quello Stato stavano per essere traditi. 
Alla presentazione hanno partecipato Claudio Fava, giornalista scrittore e coordinatore nazionale di Sel, e in extremis perché impegnato anche altrove, il Procuratore Generale della Corte di Appello di Torino, Giancarlo Caselli
Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia. Il racconto collettivo dell’anno che ha spaccato l’Italia interaGiornalisti, docenti, psicologi, ma anche professionisti in tema di cinematografia e amministrazione pubblica, hanno raccontato quell’anno come se posto sotto la lente di ingrandimento di un mappamondo: quello tragico e significativo della lotta alla mafia attraverso le venature degli eventi ad essa collaterali. Il ’92 per la ‘ndrangheta, la camorra, l’assetto politico dominante, il CAF di Craxi Andreotti Fanfani, in improvviso scivolamento dopo Tangentopoli; l’economia di un paese alle strette col Pil, ma da sempre dipendente dal fatturato di un’organizzazione criminale, Cosa Nostra prima e ‘ndrangheta poi. E poi gli effetti che i mezzi di comunicazione: dalla TV, al cinema e il giornalismo mainstream hanno saputo imprimere, sia negativamente che positivamente, sull’opinione pubblica. 
Ad aprire l’incontro, il racconto della giornalista Manuela Iatì sulla ‘ndrangheta del 1992 e le nuove indagini che più caratterizzano il lavoro della magistratura oggi sul nuovo livello interno alla sfera più alta dell’organizzazione criminale calabrese (la Società Maggiore): quella collegata alla massoneria e ai poteri politici ed imprenditoriali, la mafia dei santisti “invisibili”, come si definiscono gli stessi in alcune intercettazioni. 
 Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia. Il racconto collettivo dell’anno che ha spaccato l’Italia interaA seguire, Monica Zornetta, già collaboratrice di “Blunotte – I Misteri d’Italia”, della rivista “Narcomafie” e del “Fatto Quotidiano”. Nel suo saggio, la Zornetta ha analizzato l’ascesa della Lega, tra movimento e costruzione politica, da un punto di vista diverso da quello più cafonal e insieme di lotta conosciuto. “Il Salotto della Lega”, il titolo del saggio parla appunto di quel ’92 d’avvio del “movimento” padano, in cui le contraddizioni erano già implicite. Monica Zornetta racconta a Notte Criminale Il 92 è stato il battesimo della Lega nell’agone politico di Roma attraverso l’attività salottiera di Maria Pia La Malfa-Dell’Utri, cognata di Marcello Dell’Utri, la quale in un gioco di potere e coordinamento invitava gli uomini della Lega a presenziare tassativamente a quei salotti. La personalità e l’attitudine di Umberto Bossi, senza una vera preparazione politica, ma col dono dell’affabulatore del trascinatore verso quella fetta di elettori stanchi della politica di Roma. Bossi intima ai suoi di partecipare a quei salotti, e allo stesso tempo, fuori nei comizi nelle apparizioni, più boutades strillate che vere analisi politiche, il grido contro la politica centrale, la Roma ladrona di cui però agognava a far parte. Il collegamento meno evidente e tuttavia più pericoloso è quello proprio con Cosa Nostra sancito già dal primo sostenitore del movimento, Gianfranco Miglio. Le tre macro-aree in cui voleva dividere l’Italia Miglio (Padania – Mediterranea ed Etruria. Quindi Nord, Sud e Centro) corrispondevano all’idea stessa che Cosa Nostra aveva della penisola in un’accezione di potere ed economica da loro gestita.Nel saggio faccio riferimento proprio alla richiesta di archiviazione del processo a Licio Gelli + 13 in cui sono contenute le dichiarazioni di un pentito, Leonardo Vitale, che parla proprio di questa comunanza di interessi fra Cosa Nostra e Lega Nord. Una comunanza dettata dalla ricerca di Totò Riina di nuovi referenti politici a consolidare il loro potere. L’arte della retorica e la struttura ‘fantastica’ del federalismo mai attuato di fatto vengono tutte dalle lezioni apprese da Bossi nella scuola Mediaset. Una conoscenza quella fra Bossi e Berlusconi che è precedente a quella più nota fatta risalire al 1994.» 
Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia. Il racconto collettivo dell’anno che ha spaccato l’Italia intera A comporre la cifra della raccolta di saggi sono i racconti delle stragi che hanno segnato l’Italia in quel 1992. Le due stragi di Capaci e Via D’Amelio che oggi pur nella ricorrenza spesso retorica finalmente cominciano ad avere, grazie alle caparbie indagini delle procure coinvolte, anche un altro volto: quello dei mandanti. I racconti sulle stragi tra inchiesta, cronaca e analisi riescono ad andare oltre il già detto nella ricostruzione necessaria perché appunto esercizio di memoria. In particolare, Notte Criminale ha sentito Francesco Piccinini, giornalista e docente di comunicazione. Francesco aveva già partecipato a un’altra operazione di memoria collettiva “Strozzateci Tutti” (di Aliberti Editore). 
Il suo saggio, “Non è dato sapere”, ripercorre i fatti che intercorrono in quei 57 giorni che separano i due attentati. Lo fa alternando le voci dei collaboratori di giustizia con i fatti di cronaca e gli atti giudiziari, perché spesso questi elementi sembrano prescindere l’uno dall’altro:« L’ho fatto da una parte per raccontare cosa è successo, dall’altra per accendere i riflettori a 360° su tutte le ombre che caratterizzano questa trattativa, in cui spesso la parte riferita ai Ros è quella più in evidenza ma non l’unica. Borsellino ha detto “un amico mi ha tradito” ed è lì anche che si nasconde l’anima della trattativa.» 
Verso la fine del saggio, Francesco riporta un fatto poco o per nulla citato che dà il senso del titolo scelto ma anche il senso ultimo e non unico di quest’ “omicidio di Stato con interessi di mafia”. Tra il 2008 e il 2009 Riina incontra un europarlamentare e gli chiede se fa parte dell’ala politica di Berlusconi. Alla risposta negativa Riina afferma «Berlusconi ci ha tradito» poi dopo un anno alla stessa persona «Ormai è tutto apposto». 
 Ed era inevitabile che la domanda madre scaturisse nel corso di quest’incontro. La domanda che esce alta dopo 20 anni di silenzi, Notte Criminale la fa al Procuratore Caselli alla fine dell’incontro. Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia. Il racconto collettivo dell’anno che ha spaccato l’Italia interaCaselli, che di fatto nel giorno stesso dell’arresto di Totò Riina il 15 gennaio 1993, prende l’incarico di Procuratore di Palermo fino al 1999: anni di eccellenti arresti, processi e anche polemiche. 
Durante l’incontro il Procuratore delinea gli interventi fatti dal Pool e soprattutto la struttura organizzativa che Falcone mette in atto come “arsenale” contro Cosa Nostra, riferendosi poi alle stragi dei due giudici come reazione forte e determinata della mafia a fermarli. 
Chiediamo a Caselli se però, visto tutto ciò che sta uscendo si possa parlare solo di pura reazione: il corrispettivo della mera lotta fra il bene e il male. In fondo, sottolineiamo, a marzo di quest’anno c’è stata una sentenza precisa che ha appurato dell’esistenza di una trattativa (Sentenza Tagliavia, motivazioni depositate dalla Corte d’Assise di Firenze il 12 marzo scorso). 
«Ci sono delle inchieste in corso e non posso esprimermi compiutamente – risponde Caselli -; certo parlare di un’unica e sola trattativa può non essere corretto, quanto meno parziale, ma il lavoro dei magistrati sono certo che farà luce su tutto»
 Insomma ancora “non ci è dato sapere”.

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