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Nove poesie di Francesco Lorusso da “L’Ufficio del Personale”, La Vita Felice 2014

Creato il 25 maggio 2015 da Criticaimpura @CriticaImpura
Francesco Lorusso, L'ufficio del personale, La vita felice 2014

Francesco Lorusso, L’ufficio del personale, La Vita Felice 2014

Di FRANCESCO LORUSSO

Nelle affannose corse del mattino

Nelle affannose corse del mattino
l’ultimo Stato sta smarrendo nel pallore
il bronzo conquistato sulle prospettive
dei corrimano eleganti della rivoluzione.
Oramai non arrivano più le farfalle
per noi solo occhi chiusi verso il sole
sulla strada dove la segnaletica lontana
ha posto le ali dei suoi consensi vietati.

Il sonno frena bruscamente

Il sonno frena bruscamente
nell’odore sbadigliante del chiuso
risvegliando la quiete sulla Zona,
lo sciacquio gommoso di un dosso
determinato a fare scudo sul sociale
che per tutti funziona inarrestabile.
L’immagine si è sciolta negli occhi
riprende smemorata i suoi margini,
solo le poche cose ora resistono.

Riconosco solo il sudore sciupato

Riconosco solo il sudore sciupato
con il progetto di un lavoro
che prosciuga gli obbiettivi.
Senza sfamare la bocca ai sogni
domani ricomincio il turno
che sfarina tutti i miei giorni
Ricordami chi siamo, rientrando,
se ti lego a uno schermo piatto
è per difenderci da un contatto scaduto

Sono solo il respiro di una convenzione

Sono solo il respiro di una convenzione
fautrice di un prodotto senza funzioni
una ricetta di contratti per finti caroselli
che muovono derive ringiovanite all’occasione,
ai pochi giochi antichi radicati nella pelle.

Singhiozza il rotore dal sommo del capannone

Singhiozza il rotore dal sommo del capannone
lasciando con la nenia la sua pena nella notte
proprio sul nostro arrivo chino di sonno,
che resta presente allo strazio della carne
nel rimbombo costante delle macchine
e non è mai lo stesso braccio di luce
che ci tende i successivi risvegli
adesso che sulla nostra pelle
non hanno più corpo le cose.

Il profilo precario porta la fatica

Il profilo precario porta la fatica
all’aria aperta di questi giorni
col pane masticato nei mercati
per la solitudine della tua schiena
che attraversa la volta senza portanza
degli ampi locali troppo illuminati.

Dovranno consumarsi i giorni

Dovranno consumarsi i giorni
sugli economici tessuti di divani zoppi
obbligato dagli ardenti locali che assottigliano
le loro pelli che invecchiano sempre prima.
Restano più consapevoli di noi
e imbiancano le loro tempie
per nascondere le nostre inermi
che nelle poltrone si ingannano
senza riconoscere più pensieri.
Tutto il parlare è sul filo esterno dei palazzi
e rimbomba l’interno degli androni flemmatici
mentre si tamponano gli spifferi con la polvere.

I dintorni di un profilo precario

I dintorni di un profilo precario
ha frutti cari e promesse in offerta
un macchiato sapore di coscienza
e l’abbondante sospetto tradito.
E ci raccontiamo di continuo
storie di paure su parole buie
di mestieri malamente masticati
per mantenerci chiusi in casa
a consumare miseri respiri
e provare un prodotto cotto
sulla forza di una fiaba bassa

Stato apparente

Sto lontano da chi ride sempre
per non finire tra i leoncini
che tiene nelle fossette.
Caparezza, Habemus Capa
I
Il cartello crea il ricordo che non legge nessuno
e lo regge solo un deserto colorato dal vetro
vi reclama il presente che si manifesta
come sistema attivo di puntini ottici
ti conta i passi sulla scacchiera e non t’appartiene
avanti l’aiuola del giardino vicino dove
una pomata mantiene lontano il sole
e si unge di luce alla fretta aperta sulle offerte.
II
Questo bianconero sbiadito dona ancora colore al
[ passato
un volto fermo sulla statura affogato sotto la calura
[ sintetica,
maschere riportano l’ordine ai magazzini piazzati
[ sulla via
dove un tempo il nome era un pegno sopra una
[ parola forte
senza l’inganno del suono che era un segno fedele
[ sulla pietra.
III
Sono troppi i nodi che non sappiamo cogliere
il piazzista riga il percorso alle nostre chiome
con la sacralità approvata dai riti ingiudicati,
perché tutto è solo movimento d’un loro gesto
di un pensiero adottato sugli slogan quotidiani,
dove diventa aggressiva e si sfibra persino la pace.
Il rinfaccio del balcone all’assenza del mestiere
ci conta che stanno lavorando per noi che abbiamo
cartellini lisi da strisciare lungo i provvisori giorni.
IV
Rannicchiato in un ristagno ordinario
tra gli ascolti scontati che si sgolano
sorvolo con i palmi le offerte fedeli
sul punto dove affoghiamo a voce bassa
il gracidare ossessivo delle loro campagne
gioca sempre con le falle delle onde alte
per legarsi ai consensi delle imposizioni.


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