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NOVECENTO A FORLI' (ottava parte)

Da Teoderica

NOVECENTO A FORLI' (ottava parte) Donna allo specchio di Cagnaccio san Pietro
Cagnaccio  dopo aver ritratto il  Duce con la melograna, evidentemente cambiò idea sui traguardi del fascismo, in questo quadro del 1927 la donna è disfatta,  una metafora  dell'Italia ancora piacente, la quale si sta imbellettando ma è già una baldracca. Il realismo clinico di questo lavoro è  visto in maniera fredda ed analitica. La  salute di Cagnaccio  si aggravò nel 1940, e trascorse così gli anni della guerra ricoverato a Venezia , dove morì il 29 maggio 1946.  Sicuramente un autore da riscoprire, le sue opere ricordano  Lucian Freud l'artista britannico morto da qualche anno, lo stesso esistenzialismo malato, anche Cagnaccio non è certo un pittore di regime, egli anzi lo denuncia.
NOVECENTO A FORLI' (ottava parte) 
   Maschere di Antonio Donghi
Antonio Donghi (Roma 1897/1963) apprezzato in Italia proprio per la sua appartenenza  al realismo magico, ebbe i successi più consistenti grazie ai favori dei collezionisti privati e negli Stati Uniti. 
Il termine “realismo magico”, utilizzato anche in letteratura dopo la pubblicazione del romanzo di Marquèz Cent’anni di solitudine, fu coniato dal tedesco Franz Roh e indica quell’elemento soprannaturale, magico e un poco onirico che emerge nella vita di tutti i giorni. La definizione di ciò che in pittura caratterizza il realismo magico la diede lo scrittore Massimo Bontempelli: “precisione realistica dei contorni, solidità di materia ben poggiata sul suolo, e intorno come un’atmosfera di magia che faccia sentire, attraverso un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la vita nostra si proietta”.

NOVECENTO A FORLI' (ottava parte)     Giocoliere di Antonio Donghi Ecco che forse per Antonio Donghi, di carattere schivo nonostante l’arridere dei successi nazionali e internazionali, le figure prese in prestito dal circo e dall’avanspettacolo furono una sorta di magico alter ego   i suoi acrobati, giocolieri e Arlecchini sono soggetti isolati e tuttavia protagonisti unici in un ridotto spazio che li circonda. Il suo successo si basò soprattutto sui favori di affezionati collezionisti che non lo abbandonarono mai, neppure nel periodo dell’immediato dopoguerra, non facile per nessuno, in particolare per il pittore che di lì a poco si trovò suo malgrado invischiato nella lotta astrattisti e realisti.   NOVECENTO A FORLI' (ottava parte)    Orizia agli specci di Ferruccio Ferrazzi
Ferruccio Ferrazzi (1891-1978), maestro eclettico del Novecento, primo italiano vincitore del prestigioso Premio Carnegie a New York presieduto da Bonnard. Artista di straordinaria caratura, contemporaneo di pittori come De Chirico, Funi e Morandi, ma a differenza loro conosciuto poco se non pochissimo. Ossequiato nella prima metà del Novecento, dimenticato nel dopo guerra, passato di moda negli Anni Cinquanta divenne quasi ingombrante nel panorama nazionale fino alla morte che diede avvio ad una breve riscoperta durata pochi anni, poi più niente.
Un incomprensibile oblio  che inizio a credere sia più invidia cha altro, perchè Ferrazzi  non è mai ossequioso al potere, non dimentichiamo che sono i critici  che determinano la fama degli artisti e i primi a volte sono pittori mancati e si accaniscono così sui più bravi.
NOVECENTO A FORLI' (ottava parte)
   Fuga dall' Etna di Renato Guttuso
E beccatevi in chiusura Renato Guttuso, celebrato e ricelebrato da una sinistra con le fette di salame sugli occhi. E' mia personale veduta che Guttuso sia un  mediocre pittore, scopiazzattore  del Picasso di Guernica, a sua volta copione degli italiani di Novecento, aggiungendoci un pizzico di cubismo copiato dai futuristi e da Braque.
 Guttuso è collaboratore e amico del fascistissimo direttore della famosa rivista "Il Primato" Giuseppe Bottai intorno agli anni Trenta, tra l'altro con scritti "allineati" al regime come quelli di Ruggero Zangrandi e PierLuigi Battista: “Il lungo viaggio attraverso il fascismo" e "Cancellare le tracce".
 "La Crocifissione"  suo famoso quadro ottenne il secondo posto nel 1941 al Premio Bergamo e piacque molto al "fascistissimo" ministro Bottai.Un altro "capolavoro" è la "Fuga dall'Etna" del 1938, di proprietà della Galleria Nazionale d'arte moderna di Roma, dove i  comunisti del dopoguerrra videro la colata della lava come metafora del  fascismo.
 Infatti negli  gli anni del dopoguerra  l'artista si poteva esprimere "liberamente", ad esempio con i "Funerali di Togliatti" (1972), dove in una selva di bandiere rosse, rendeva omaggio al "migliore".

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