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Numeri

Creato il 19 ottobre 2015 da Pedroelrey

Ras­se­gna set­ti­ma­nale di numeri e dati note­voli che forse vi siete persi, sele­zio­nati durante le nostre let­ture su media, web e inno­va­zione digitale

33%

Insta­gram primo social per i tee­na­ger ame­ri­cani: secondo un’indagine con­dotta da Piper Jaf­fray (impor­tante banca di inve­sti­mento che rea­lizza que­sto report due volte l’anno) il 33% degli ado­le­scenti ame­ri­cani indica Insta­gram come il pro­prio social più impor­tante. Al secondo posto Twit­ter indi­cato dal 20% degli inter­vi­stati e terzo Sna­p­Chat con il 19%. L’indagine è stata effet­tuata su un totale di 9.400 tee­na­ger (13–19 anni) in leg­gera mag­gio­ranza maschi (56%) e pro­ve­nienti da fami­glie con un red­dito medio di 68 mila dol­lari. Rispetto alla mede­sima inda­gine rea­liz­zata nella pri­ma­vera 2015 ci sono alcune varia­zioni: Sna­p­chat sor­passa Face­book e la quota di Twit­ter scende dal 24% al 20%. Ne parla il Wall Street Jour­nal che mette in evi­denza come i risul­tati con­fer­mino l’idea che gli utenti più gio­vani siano oggi meno con­nessi con Face­book pre­ve­rendo altre piat­ta­forme. Se infatti si guarda indie­tro a pre­ce­denti edi­zioni di que­sta ricerca, sot­to­li­nea il WSJ, si nota come nell’autunno 2012 Face­book era stato invece di gran lunga il social net­work più impor­tante per i ragazzi inter­vi­stati, con la quota del 42% di pre­fe­renze, seguito da Twit­ter e Insta­gram e con Sna­p­chat non ancora apparsa sulla scena.

17,4 miliardi

Gli inve­sti­menti pub­bli­ci­tari sui maga­zine Ame­ri­cani nel 2015: la cifra sti­mata per la fine di quest’anno segna una fles­sione ulte­riore di circa l’1,8% rispetto al 2014. Una decre­scita che dal 2010 riduce costan­te­mente gli utili da pub­bli­cità delle rivi­ste ame­ri­cane che stanno cer­cando di cor­rere ai ripari. Ad esem­pio con ini­zia­tive abba­stanza ori­gi­nali come il ser­vi­zio “sod­di­sfatti o rim­bor­sati” pro­po­sto dalla Mpa (l’associazione che rap­pre­senta i mag­giori edi­tori di maga­zine ame­ri­cani ) agli inser­zio­ni­sti: inve­sti­mento rim­bor­sato (o l’equivalente in pub­bli­cità gra­tuita) se le ven­dite non aumen­tano dopo la pub­bli­ca­zione degli adver­to­rial. Ne parla il Wall Street Jour­nal.

60

L’età media dei let­tori del New York Times: la testata qual­che mese fa ha rife­rito che l’età media dei pro­pri abbo­nati all’edizione su carta del gior­nale è di 60 anni con­tro i 37 anni che è l’età media degli Stati Uniti ovvero il pub­blico affe­zio­nato all’edizione car­ta­cea del NYT è 1,6 volte più vec­chio rispetto alla popo­la­zione ame­ri­cana nel suo com­plesso. Lo fa notare  Alan Mut­ter in una delle cose più inte­res­santi da leg­gere (comun­que la pen­siamo) pub­bli­cate in que­sti giorni: Should new­spa­pers aban­don digi­tal? “I gior­nali stanno così male nell’editoria digi­tale che fareb­bero meglio a dedi­carsi esclu­si­va­mente alla stampa su carta” scrive ad ini­zio del pezzo Mut­ter: ovvia­mente è il suo abi­tuale stile pro­vo­ca­to­rio per met­tere in evi­denza alcuni dei punti più cri­tici che i grandi quo­ti­diani fati­cano ad affron­tare nella loro tra­sfor­ma­zione digi­tale. Uno di que­sti è, appunto, l’incapacità di coin­vol­gere con­cre­ta­mente i let­tori più gio­vani e il con­se­guente ine­vi­ta­bile innal­za­mento dell’età media del pro­prio pubblico.

23%

Se mi Bloc­chi la pub­bli­cità io ti “banno”: L’editore Axel Sprin­ger ha deciso di bloc­care il sito della sua testata più impor­tante, la Bild, agli utenti che hanno instal­lato nel loro bro­w­sier un soft­ware ad-blocking. Già diversi altri edi­tori stanno atti­vando annunci che chie­dono agli utenti di chiu­dere i loro pro­grammi blocca-pubblicità ma l’iniziativa della Bild è par­ti­co­lar­mente aggres­siva. In sostanza il suo mes­sag­gio è: caro let­tore o disin­stalli il pro­gamma o il sito per te non è navi­ga­bile. Secondo una ricerca interna i let­tori del sito della Bild che hanno già atti­vato un soft­ware ad-blocking sono ad oggi il 23%. Un numero poten­zial­mente desti­nato ad aumen­tare visto che a livello mon­diale gli uti­liz­za­tori di que­sti pro­grammi è aumen­tato del 40% lo scorso anno. Ne parla la Reu­ters che pre­cisa che in giu­gno il sito Bild.de ha rag­giunto i 265mila abbo­nati digi­tali per circa 20 milioni di euro di ricavi l’anno.

40%

Play­boy e la Cina: con una per­dita negli Usa di circa 3 milioni di dol­lari l’anno e con una dif­fu­sione crol­lata dalle 5,6 milioni di copie del 1975 alle 800 mila attuali, per Play­boy oggi la mag­gior parte dei ricavi pro­viene dai diritti sull’utilizzo del pro­prio mar­chio su pro­dotti ven­duti in tutto il mondo. In par­ti­co­lare il 40% di que­sti ricavi pro­viene dalla Cina, dove le auto­rità hanno da tempo dichia­rato guerra alla por­no­gra­fia. Secondo Quartz sarebbe pro­prio que­sta la ragione prin­ci­pale della sto­rica svolta nella poli­tica edi­to­riale della rivi­sta di non pub­bli­care più foto di nudo: la cre­scita dell’azienda passa ormai nel ven­dere in Cina sem­pre  più pro­dotti con il logo del coni­glietto non pagi­noni cen­trali negli Stati Uniti.

460 milioni

Ven­dite record negli Usa per le gra­phic novel: il 2014 è stato l’anno del rilan­cio per i fumetti negli Stati Uniti, per le gra­phic novel addi­rit­tura un anno record con ven­dite sti­mate a 460 milioni di dol­lari nei canali tra­di­zio­nali come fumet­te­rie spe­cia­liz­zate e libre­rie (in que­ste ultime il valore delle ven­dite è stato di 285 milioni). Rac­conta tutto Fumet­to­lo­gica che pub­blica e com­menta i dati dif­fusi durante il recente New York Comi Con.

[imma­gine via Flickr rea­liz­zata da e y e / s e e e pub­bli­cata con licenza Crea­tive Com­mons]


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