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Nuove mode editoriali in Italia. Imprimatur, c’entra il Vaticano?

Da Paolotritto @paolo_tritto

Probabilmente dovremo abituarci a questa moda che va tanto oggi tra gli scrittori: presumere, in occasione del lancio di un nuovo libro, che la pubblicazione non sia ben vista nella Curia vaticana. Un tempo si sarebbe detto che non ha ottenuto l’imprimatur. Queste spericolate operazioni editoriali sfuggono talvolta a una gestione controllata e possono avere conseguenze spiacevoli. È cronaca di questi giorni l’insolito provvedimento di privazione della libertà emesso dal procuratore di giustizia del Vaticano, costato l’arresto a monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e alla signora Francesca Immacolata Chaouqui, due esponenti della Curia romana che avrebbero favorito la diffusione di notizie – illecita, secondo l’accusa – e rese pubbliche in due distinti libri. È inutile, a questo proposito, sgolarsi per far notare che si tratta di fatiche di cui si potrebbe fare a meno: L’indice dei libri proibiti già nel secolo scorso è stato soppresso dal Sant’Uffizio, prima che fosse soppresso il Sant’Uffizio stesso. Contro le mode si può fare ben poco.

Ad ogni modo, conviene rassegnarsi. Infatti, un nuovo clamoroso caso editoriale si annuncia. È stato recentemente ripubblicato da Baldini&Castoldi Imprimatur, romanzo storico della coppia Monaldi e Sorti, uscito una prima volta nel 2002, quando fu edito da Mondadori. Un video pubblicato su Corriere.it riporta un’intervista di Marco Letizia agli autori dove si espone il controverso caso di questo libro che “sparì dalle librerie” poco tempo dopo la pubblicazione, come riferisce Rita Monaldi, e ritirato perfino dal mercato dell’usato. Come andarono le cose?

È una domanda che lascia intendere quale sia la risposta, dal momento che la storia, narrando le vicende di un papa – Innocenzo XI, regnante dal 1676 al 1689 – non presta il fianco ad altre ipotesi che quelle di insistenti “pressioni vaticane”.  Gli ingredienti per gridare allo scandalo, pertanto, ci sarebbero tutti per questo Imprimatur, uscito senza imprimatur. Dal tono delle parole degli autori, nell’intervista concessa a Letizia, pare di cogliere un certo disappunto, del tutto giustificato se le cose fossero state realmente boicottate dal Vaticano.

Ma questa domanda, ne pone inevitabilmente un’altra: che interesse avrebbe la Chiesa riguardo a una vicenda vecchia di circa quattro secoli? L’interesse della Chiesa, replicano gli autori, sarebbe quello di non intralciare il processo canonico avviato da Pio XII per portare papa Innocenzo XI sugli altari. La tesi è indubbiamente suggestiva, anche se – lo sappiamo benissimo – la Chiesa si guarda bene dal mettere a tacere chi si oppone al riconoscimento della santità di alcuno; addirittura, proprio per dare voce a chi sostiene prove contrarie, ha istituito la figura dell’avvocato del diavolo, al quale Monaldi & Sorti potrebbero rivolgersi in tutta tranquillità anche in questo caso.

Perché dico questo? Io sono stato un lettore del mensile 30Giorni che oggi non esce più e voglio ricordare una vecchia intervista concessa a quella benemerita rivista dai medesimi autori, in occasione della prima uscita del libro. Bisogna dire che, nel giornale, non si trova neppure una pallida traccia di quell’ostracismo di cui si parla oggi. Eppure, 30Giorni era una rivista internazionale che dichiarava di porsi “nella Chiesa e nel mondo” e quindi si doveva almeno percepire qualche riserva proveniente dall’ambiente. Ricordo soltanto che il direttore era Giulio Andreotti e che la rivista era seguita attentamente anche dal cardinale di Buenos Aires che oggi è papa. Ebbene, il giornalista Davide Malacaria manifesta in quell’intervista abbastanza apertamente il suo apprezzamento per Imprimatur, definito suggestivo “per i segreti intrecci storico-politici” che svela; proprio quelli che invece, secondo gli autori, avrebbero sollevato uno scandalo generale nelle sacre mura. Non solo, ma la rivista si augura anche che gli storici possano prendere in adeguata considerazione i “documenti rivelati dagli autori”.

Monaldi & Sorti hanno forse dimenticato l’esistenza di questa importante intervista e ciò è anche comprensibile, essendo trascorsi ben quattordici anni da allora. Personalmente, ritengo che i problemi incontrati in Italia dagli autori, che invece all’estero vendono milioni di copie, siano riconducibili alle anomalie del nostro mercato librario e a un’industria editoriale autoreferenziale che produce soltanto per i premi letterari, o altre occasioni mondane, e che si accontenta di ottenere appena qualche pass di accesso ai red carpet. Comunque sia, se le cose fossero andate realmente come dicono gli autori, dove starebbe lo scandalo contenuto in questa storia?

Lo scandalo starebbe nel comportamento “non molto onorevole di un papa” che la Chiesa ritiene santo, come sostiene Francesco Sorti nell’intervista a Corriere.it. Cosa ci sarebbe di poco onorevole nella condotta di papa Innocenzo XI? Dice Sorti: «In Imprimatur ambientato nel 1683, riferiamo della nostra scoperta, nei libri di conti di Benedetto Odescalchi, papa Innocenzo XI, fatto beato nel 1956, di finanziamenti al protestante Guglielmo III d’Orange, colui che cacciò i cattolici Stuart dall’Inghilterra». Il fatto che il capo della Chiesa cattolica avesse concesso “finanziamenti” al capo della Chiesa anglicana sarebbe rivelatore di un tradimento, di una tresca tra il papa e gli eretici. Forse questa tesi potrà scandalizzare qualche cattolico intransigente. Ma perché gli autori di Imprimatur non considerano anche la pacata ipotesi formulata a suo tempo dal bravo Malacaria su 30Giorni? Che cioè potremmo essere di fronte a un papa «impegnato allo stremo, anche finanziariamente, nella difesa della cristianità occidentale» minacciata dai Turchi e pronto ad appoggiare tutte le forze che avrebbero potuto opporsi a questo; tutte le forze, «eretici compresi, siano essi i giansenisti, sia Guglielmo d’Orange, protagonista della “gloriosa rivoluzione” del 1688 che lo porta sul trono inglese al posto dei cattolici Stuart».

Insomma, potrebbe essere successo semplicemente che un papa abbia voluto mettere da parte anche l’interesse della Chiesa, i propri soldi e il personale prestigio per la libertà dell’Europa. E ciò non rappresenta affatto un cedimento dottrinale di fronte al protestantesimo. Anzi, papa Innocenzo XI, favorendo questa strana alleanza e sostenendola anche finanziariamente, lo faceva nella consapevolezza del bene primario che rappresenta la libertà nell’esperienza cristiana. Infatti, non c’è fede senza libertà. In quella circostanza, si trattava soltanto di una libertà politica, ma evidentemente anche questa per la Chiesa conta qualcosa.


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