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Nuove necessità nella formazione aziendale

Da Davide

Il numero di ottobre di FAREIMPRESA getta uno sguardo sulla formazione nelle organizzazioni. E’ fuor di dubbio che l’aggiornamento tecnico e conoscitivo delle persone rappresenti un fattore chiave per la crescita del business aziendale. Come scrive Ferruccio Cavallin, psicologo e consulente di formazione, la necessità di introdurre la prospettiva dell’apprendimento lungo il ciclo di vita è motivata da 4 fattori: i nuovi problemi (e le conseguenti nuovi soluzioni) poste dai processi di globalizzazione, la rapida obsolescenza e insufficienza dell’esperienza passata per affrontare questi nuovi scenari, la crescente pluralità di centri di potere con cui relazionarsi per compiere azioni efficaci e lo sviluppo tecnologico che rende superate le conoscenze acquisite dopo solo pochi anni.

Secondo Cavallin il vecchio modo di fare formazione non funziona più: insegnare le risposte ai problemi non serve più. Occorre piuttosto guidare le persone verso la comprensione del come e dove trovare soluzioni ai problemi che si troveranno davanti. E’ centrale saper imparare e pensare strategicamente più che possedere una serie di soluzioni rigide. Per quelle soluzioni, tra un pò, non ci saranno più i problemi per i quali erano state pensate.

Mi pare che un discorso sulle sole competenze tecniche rischi di avere il respiro corto in un mondo in trasformazione. Meglio insegnare strategie di pensiero, ragionamento e riflessione che sappiano trovare e generare soluzioni. La formazione tradizionale scolastica, in questo senso, pare strutturata per continuare sulla via del respiro corto, trasmettendo obsolescenza e standardizzazione quando nelle nostre società ci sarà sempre più bisogno di creatività, flessibilità e autonomia di pensiero.

Il contributo di Cavallin mi fa venire in mente alcune questioni che secondo me sono alla base di qualsiasi approccio alla formazione. Non è facile insegnare la creatività e una strategia mentale di ragionamento flessibile e funzionale. Anzi, direi che più che dal versante formativo bisognerebbe reimpostare la questione su una prospettiva trasformativa.

Le persone in azienda, prima che le loro competenze tecniche, portano loro stesse in quanto persone. I 4 punti giustamente sottolineati all’inizio del post ci fanno capire che le competenze tecniche da sole non bastano più. Serve però che le nuove competenze siano innestate su una base di concrete qualità umane. Le aziende hanno la responsabilità e l’interesse di formare le risorse umane in quanto persone, non solo in quanto lavoratori. Non è certo facile, ma è sempre più necessario per la sopravvivenza delle aziende stesse. La crescita personale delle human resources è un fattore di business continuity and growth.

Le azienda hanno solo da guadagnare nel mettere a disposizione delle loro risorse umane la possibilità di intraprendere percorsi di apprendimento continuo e di crescita personale, in quanto una maggiore creatività e flessibilità cognitiva richiede la presenza di ambienti di lavoro più aperti, tolleranti, meno strutturati e gestiti con maggior consapevolezza, che sostengano le singole persone. E’ difficile iniettare solo creatività e tenere ferme tutte le altre variabili aziendali. E’ difficile che una persona sia creativa solo “di testa”, visto che la creatività e la flessibilità sono caratteristiche a base emotiva, non cognitiva. Dover gestire, a tutti i livelli, ansia e stress da cambiamento, frustrazione da incertezza, gruppi di lavoro innovativi e competizione globale è uno scenario che diventerà la quotidianità in tutte le aziende,  e per moltissime lo è già. E’ urgente cominciare a parlare di formazione integrale, perchè in azienda ci vanno persone intere, non semplici sistemi cognitivi.


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