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Nuovi indizi sulle cause primordiali dell’espansione cosmica

Creato il 09 agosto 2013 da Astronomicamens @_starblogger_
È stato detto tante volte che il Big Bang rappresenta l’enigma più profondo della cosmologia moderna e che gli scienziati stanno tentando di risolvere man mano che ci si approssima quanto più possibile ai primissimi istanti di vita dell’Universo (vedasi sondaggio). Oggi, grazie ad uno studio condotto da alcuni ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) sulla radiazione cosmica di fondo, è stato preso in esame il periodo più antico, che va da circa 100 a 300.000 anni dopo il Big Bang, al fine di trovare preziosi indizi per capire come tutto è cominciato.

“Abbiamo trovato che il quadro che descrive l’Universo primordiale, cioè l’epoca in cui dominava la radiazione seguita dall’epoca dominata dalla materia, è valido al livello con cui possiamo verificarlo grazie ai nuovi dati forniti da Planck. Tuttavia esistono degli indizi che suggeriscono il fatto che la radiazione non ha lasciato spazio alla materia come noi pensiamo”, spiega Eric Linder, un fisico teorico della Divisione di Fisica del Berkeley Lab e membro del Supernova Cosmology Project.

“Sembra che esista un eccesso di radiazione non associata ai fotoni della radiazione cosmica”.

Le nostre conoscenze sulle condizioni fisiche dell’Universo primordiale si basano quasi esclusivamente sulla radiazione cosmica nella quale sono presenti quelle ‘tracce cosmiche’ da cui sono emerse le strutture su larga scala che possiamo ammirare oggi nella forma di stelle, galassie o ammassi di galassie. Linder, assieme ai colleghi Alireza Hojjati ora all’Institute for the Early Universe nella Corea del Sud e Johan Samsing del DARK Cosmology Centre in Danimarca, hanno analizzato i dati più recenti del satellite Planck ma anche quelli del satellite WMAP. “Grazie ai dati di Planck e di WMAP possiamo spingerci veramente indietro nel tempo, fino ad esplorare quelle regioni dello spazio che non era possibile osservare in precedenza”, afferma Linder. “Se da un lato la nostra analisi della radiazione cosmica ci conferma il successivo periodo in cui dominava la materia scura, dall’altro vediamo che esistono delle discrepanze che puntano verso l’esistenza di particelle relativistiche al di là dei fotoni che costituiscono la radiazione cosmica”. Secondo Linder, si tratterrebbe di neutrini, per così dire, “selvaggi”, cioè quelle fantomatiche particelle subatomiche che rappresentano la seconda classe più numerosa di particelle, dopo i fotoni, che popolano oggi il nostro Universo. Il termine “selvaggi” si riferisce al fatto che essi sono presenti in un periodo primordiale della storia cosmica per distinguerli da quelli “più comuni” che fanno parte del mondo delle particelle elementari. Un altro indiziato è l’energia scura, quella enigmatica forza antigravitazionale che pare responsabile dell’espansione accelerata dell’Universo. “L’esistenza di una forma di energia scura primordiale rappresenta una spiegazione all’accelerazione dell’espansione cosmica”, dice Linder. “Mentre l’energia scura convenzionale, come ad esempio potrebbe essere la costante cosmologica, si trova oggi diluita nello spazio con un rapporto dell’ordine di una parte su un miliardo in termini della densità totale di energia all’epoca in cui avvenne l’ultima diffusione dei fotoni della radiazione cosmica, ossia 380.000 anni dopo il Big Bang, una eventuale forma di energia scura primordiale potrebbe essere caratterizzata da una densità di energia da 1 a 10 milioni di volte superiore”. Linder è convinto che una forma di energia scura primordiale possa essere stata la causa che ha determinato l’attuale espansione cosmica accelerata circa sette miliardi di anni più tardi. Capire la sua origine e la sua natura potrebbe fornirci nuove evidenze a favore di alcuni fenomeni descritti dalla teoria delle stringhe o dalla fisica delle alte energie. “Lo studio della polarizzazione della radiazione cosmica, attualmente in corso grazie alla missione del satellite Planck e di due strumenti a terra, quali il POLARBEAR e il South Pole Telescope (SPT), ci permetteranno di esplorare ancora più in dettaglio lo stato fisico dell’Universo delle origini”.  

Berkeley Lab: First Hundred Thousand Years of Our Universe
arXiv: New Constraints on the Early Expansion History

Per maggiori approfondimenti: L’Universo Infante – L’era della cosmologia di precisione

Il testo partecipa al 1° Premio Nazionale per la Divulgazione Scientifica
  
      
      
      
      
      
	   
	  

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