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Nuovo post nella sezione Cinema e Teatro!

Creato il 21 agosto 2012 da Clammmag @ClammMagazine

Un teatro sociale, un teatro nascosto, un teatro quasi spontaneo per scatenare reazioni spontanee in un pubblico da coinvolgere. Un nuovo modo di esprimere le proprie idee è stato inventato negli anni ’70 in Brasile da Augusto Boal, e la nostra collaboratrice Alice Massimo ci illumina su questo lato del teatro meno conosciuto ma molto affascinante.

Ecco un estratto dell’articolo:

Esistono occasioni, tuttavia, in cui questa rassicurante barriera si spezza, lo spazio scenico si infrange, e il mondo degli attori si unisce a quello degli spettatori: è il caso delTeatro dell’Oppresso, una forma di teatro sociale che si pone come scopo quello di dare voce appunto alle oppressioni, alle emozioni sopite, ai disagi che non si possono raccontare. Il Teatro dell’Oppresso nacque in Brasile – inizialmente come Teatro Invisibile – ad opera di Augusto Boal (1931-2009) intorno agli anni Settanta del Novecento. Già il contesto in cui si sviluppò questa nuova forma di teatro è utile a comprenderne la natura: il mondo dell’America Latina era allora estremamente violento ed ostile ad ogni forma di partecipazione o di espressione del dissenso: un mondo retto da pochi oppressori e che contava migliaia di oppressi, i quali mai avrebbero denunciato la loro condizione, troppo frenati dalla paura. Boal, già regista di numerose opere teatrali che prendevano spunto dell’ideologia marxista, ebbe modo di elaborare una serie di riflessioni circa la relazione conflittuale che intercorre tra oppressi e oppressori in seguito a tre mesi trascorsi in carcere nel 1971 con l’accusa di aver praticato attività sovversive. In seguito alla detenzione, Boal fu esiliato in Argentina e anche in questo caso dovette scontrarsi con una realtà politica che mal sopportava qualunque manifestazione di dissenso, per cui anche il teatro, il suo teatro, doveva essere praticato in condizioni di semiclandestinità: nasceva così il Teatro Invisibile.

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