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‘O sole mio, storia del capolavoro che ha fatto battere i cuori di tutto il mondo

Creato il 15 dicembre 2014 da Vesuviolive

'O sole mio

Un sole caldo, con i suoi raggi che penetrano dalla finestra ed illuminano il paesaggio circostante, può cambiare in meglio anche la peggiore delle giornate ed infondere una miriade di sensazioni positive nell’arco di pochi secondi. A Napoli il sole è un simbolo della città stessa: evoca ricordi e sensazioni legate all’estate, alle belle giornate, ai paesaggi che diventano ancora più suggestivi quando vengono illuminati dal suo colore intenso, alle spiagge soleggiate al mare che diventa cristallino al riflesso solare. Fa pensare alle scene vita quotidiana partenopea, dalle signore felici perché possono finalmente stendere il bucato, in quanto è asciut a bona iurnat agli scugnizzi che non perdono occasione per fare qualche strappo alla regola, trascorrendo la giornata a piglià o sol abbasc a mar.. Il sole a Napoli è vita. 

Quando tanta bellezza e potere s’incontrano con il profondo e sconfinato universo della musica, il risultato è eccellente: nel lontano 1898 è stata scritta una delle canzoni napoletane più belle e suggestive del patrimonio musicale mondiale: ‘O sole mio. Tre semplici parole, semanticamente perfette tra di loro: esprimono tutto con poco. Un capolavoro non solo della tradizione musicale napoletana ma di quella italiana, quasi un inno della città di Napoli e del Bel Paese stesso, dove il sole, rispetto ad altri paesi del mondo, bene o male splende sempre. Famosa in tutto il mondo, è stata incisa da artisti da ogni dove in tutte le lingue ed interpretata magistralmente da cantanti di fama internazionale come Fernando De Lucia ad Enrico Caruso, Pavarotti e Bocelli. Persino Elvis Presley, nel I960, ne ha fatto una rivisitazione in chiave rock, dando vita alla famosa “It’s now or never”. Anche il Papa Giovanni II ha intonato le note della canzone, su richiesta dei ragazzi ischitani. Non mancano i riferimenti letterari: Marcel Proust ne ha parlato in “Albertine scomparsa”, il sesto volume della “À la recherche du temps perdu”.

‘O sole mio è uno di quei pezzi che piacciono al primo ascolto, che rasentano la magnificenza pur mantenendo una grande semplicità nella scelta delle parole utilizzate per esprimere i concetti, quali l’amore, la gratitudine, la felicità. Il titolo, in sé e per sé, racchiude tutta l’essenza e la profondità del pezzo, che si intensificano ancora di più leggendo ed ascoltando il testo. L’aggettivo possessivo “mio” fa pensare immediatamente al senso d’appartenenza, al legame, al contatto intimo che si può avere e stabilire con qualcosa o con qualcuno. In questo caso il legame non è solo di natura toponomastica, riferito quindi alla propria città, dove il sole fa inevitabilmente battere forte il cuore proprio per la sua unicità e per tutte le emozioni che scatena nell’animo dei napoletani. C’è un significato ed un legame ancora più profondo e non da meno, ovvero il rapporto con la donna amata: “Ma n’atu sole cchiu’ bell, oi ne’, ‘o sole mio sta ‘nfronte a te” recita la canzone. Una metafora che farebbe letteralmente sciogliere ogni donna compiaciuta da una manifestazione così alta, pura e mai banale d’amore. Impresa non facile. Un capolavoro unico nel suo genere, che ha fatto sognare milioni di persone, motivo assoluto di perdizione.

La storia legata alla nascita ed al successo della canzone è davvero insolita, inverosimile sotto alcuni aspetti ed anch’essa ha qualcosa di magico: Eduardo Di Capua e Giovanni Capurro, musicista e poeta ed amici nella vita reale, ne sono stati i fautori. Quando conoscenze musicali e doti poetiche si fondono il successo è assicurato. Qualche piccola curiosità su Giovanni Capuro: fu dapprima giornalista, poi amministrativo del Roma, letterato, convinto socialista ma anche monarchico e poi si dedicò alla poesia. Nell’aprile del 1898, in un posto lontano da Napoli, la città di Odessa, in Ucraina, Eduardo Di Capua ha trovato l’ispirazione per comporre le note del capolavoro, sedendosi al suo piano ed ispirandosi alle emozioni suscitate dall’osservazione del sole che sorgeva dalla finestra sul Mar Morto. Si trovava lì insieme al padre Giacobbe, anch’esso musicista, in tournée. Dopo aver trascorso tutta la serata a suonare il violino in giro, si apprestava a preparasi per rientrare finalmente a Napoli. Preziose furono le parole dell’amico Giovanni Capurro, che gli aveva suggerito qualche giorno prima. Tutti questi elementi, location, parole, note, sensazioni, immagini di Napoli, si fusero insieme, in un’unica forma d’espressione, la musica, per dare vita a qualcosa di unico e magico.

o_sole_mio

Strano ma vero: la fonte d’ispirazione per la composizione della canzone non non è stata Napoli come viene spontaneo pensare. Ciò nonostante, può cambiare il posto.. il modo, il tempo, l’ora e tutto il resto ma è sempre la napoletanità impressa nel cuore di ogni napoletano a dar vita a dar vita a quel sottile stato di malinconica nostalgia capace di ispirare poesie, canzoni, racconti (ed anche ricette) capaci di rimanere vive nella storia.

‘O sole mio non è riuscita a sfondare al primo colpo nell’ambito di un concorso musicale molto importante, organizzato dal giornale La tavola rotonda, dell’editore Bideri in occasione della festa della Madonna di Piedigrotta. Padre e figlio, rientrati in patria e considerando che in quel periodo Piedigrotta fosse il fulcro della canzone napoletana, non persero tempo nell’iscrivere la canzone al concorso. Non arrivò prima in classifica ma seconda, dopo la canzone oggi quasi sconosciuta “Napule bello!”. Un risultato non eccellente ma comunque ottimo, da cui è scaturito il successo nostrano. I diritti della canzone però passarono a Ferdinando Bideri, con un misero compenso di 25 lire ai Di Capua ed a Capurro, i quali non ricevettero poi null’altro dalla Siae, morendo così talentuosi ma poveri.

La giuria fu decisamente ingiusta ma il pubblico apprezzò notevolmente. Il successo arrivò ben presto ugualmente: durante le Olimpiadi di Anversa, del 14 agosto del 1920, il maestro dell’orchestra, durante la sfilata della squadra italiana, fece cantare ‘O sole mio, perché aveva perso lo spartito delle canzoni scelte.

Non ci resta che perderci tra le note e la lettura del testo di questa splendida “poesia”, che dà sollievo a mente e cuore.

‘O sole mio

Che bella cosa na jurnata ‘e sole,

n’aria serena doppo na tempesta!

Pe’ ll’aria fresca pare gia’ na festa…

Che bella cosa na jurnata ‘e sole.

Ma n’atu sole

cchiu’ bello, oi ne’.

‘o sole mio

sta ‘nfronte a te!

o sole, o sole mio

sta ‘nfronte a te!

sta ‘nfronte a te!

Lcene ‘e llastre d’a fenesta toia;

‘na lavannara canta e se ne vanta

e pe’ tramente torce, spanne e canta

lcene ‘e llastre d’a fenesta toia.

Ma n’atu sole

cchiu’ bello, oi ne’.

‘o sole mio

sta ‘nfronte a te!

o sole, o sole mio

sta ‘nfronte a te!

sta ‘nfronte a te!

Quanno fa notte e ‘o sole se ne scenne,

me vene quase ‘na malincunia;

sotto ‘a fenesta toia restarria

quanno fa notte e ‘o sole se ne scenne.

Ma n’atu sole

cchiu’ bello, oi ne’.

‘o sole mio

sta ‘nfronte a te!

o sole, o sole mio

sta ‘nfronte a te!

sta ‘nfronte a te!

 

 


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