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Oggi al Cinema incontra Germano Maccioni

Creato il 16 maggio 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

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Oggi al Cinema incontra Germano Maccioni

Il 10 Maggio è stato il giorno dell’uscita nelle nostre sale del documentario Fedele alla LineaGiovanni Lindo Ferretti ad opera del giovane regista bolognese Germano Maccioni. Il documentario, in forma di dialogo, ripercorre la vita di un pensatore, un artista ed un poeta contemporaneo come Ferretti. Considerato uno dei padri del punk italiano, con i CCCP Fedeli alla linea prima e i CSI poi ha segnato una tappa decisiva nella storia musicale rock italiana elevando la provincia emiliana a scenario universale. Dopo essere stato un fervido attivista negli anni di Lotta Continua, oggi Ferretti si divide tra tour solisti, la costruzione di un teatro equestre e un’intensa attività letteraria.

Oggi al Cinema ha intervistato per voi il regista Germano Maccioni.
So che lei e Giovanni Lindo Ferretti vi conoscete da moltissimi anni, perché lo ha scelto come protagonista del suo documentario? So che tutto era partito dall’idea di realizzare un documentario sui cavalli…
Io e Giovanni ci conosciamo da 10 anni, non ho scelto di fare un documentario su di lui. Come avviene per tutte le cose importanti della vita, io e Giovanni ci siamo detti scherzando che “il film si era scelto”. Giovanni aveva bisogno di una copertura visuale per questo suo progetto di opera equestre e io ho accettato di occuparmene a patto che potessi raccontare altro. La sua condizione era che se ci fossero i cavalli sarebbe stato disposto a parlare di cose di cui non voleva più parlare. A quel punto ho capito che potevo fare un film che interessava a me. Ho ribaltato la situazione ed è diventato un film che racconta l’arco esistenziale di Giovanni Lindo Ferretti tenendo come punto fermo l’animalità e la forza dei cavalli.

Perché ha scelto la forma intimista del dialogo per la narrazione nel suo documentario?
E’ importante sottolineare che si tratta di un dialogo e non di un intervista. Il motivo per cui ho scelto questa forma di narrazione è perché Giovanni è un poeta. Questo è un grande privilegio perché è sempre più raro fare dei film sui poeti visto che non ci sono più. Un poeta ha il dono, la capacità di rendere la vita al quadrato, di amplificarlo con la parola. Giovanni è un grande narratore e ho pensato che non potevo esimermi dalla narrazione orale. Fino a 60 anni fa il racconto avveniva per via orale. Giovanni è cresciuto su quell’Appennino arcaico e pasoliniano dove l’oralità era ancora una forza. Ho pensato di aver due strade: la prima era fare un film molto ambizioso, muto e dai ritmi totalmente dilatati; l’altra era il film parlato. Non potevo lasciare muto Giovanni perché è un grande affabulatore. E’ chiaro anche nel film che Giovanni si interfaccia a qualcuno, quel qualcuno sono io, di cui si avverte la presenza nonostante non venga mai inquadrato. Intendo dunque la forma del dialogo nel senso greco del termine “logos”.

Nel documentario ci sono alcuni inserti del film di Luca Gasparini, Tempi Moderni così come anche numerose immagini di repertorio, di cui alcune inedite. Che funzione ha il cinema e quale le immagini di repertorio?
Quando penso ad un documentario, lo penso come un film. Ogni volta che mi trovo di fronte un soggetto lo tratto come una cosa misteriosa ma di fatto una storia. Non vedo la differenza tra un film ed un documentario. Il mio è un documentario solo per il fatto che non ci sono attori professionisti ma non è un documentario così come non è un film biografico né musicale. Il mio film è su uno strano confine. Oltre a Gasparini sono riuscito ad ottenere dal gentilissimo Davide Ferrario degli estratti dal suo film 45°parallelo. Ho tentato inoltre un’ardita sperimentazione con dei film del 1927 del maestro del cinema sovietico come Pudovkin. Ci sono degli estratti di alcuni cine amatori militanti del 1977 bolognese. E’ un film molto pieno di immagini altre. Sono passato da estratti più classici del cinema fino ad immagini amatoriali, al super 8 degli anni ’50 o ’60 fino ad arrivare alle immagini degli anni caldi del movimento studentesco a Bologna. E’ inoltre presente un patrimonio inedito di immagini dei CCCP filmato da un amatore, Benedetto Valdelsalici, che negli ’80 seguiva il gruppo.

La musica gioca un ruolo centrale nella vita di Ferretti così come nel suo documentario.
Non volevo che questo fosse un film musicale. E’ uno strano oggetto ma non potevo prescindere dal fatto che Giovanni fosse un cantante. La musica riveste dunque un ruolo centrale ma da un certo punto in poi passa in secondo piano. La musica è molto funzionale alla narrazione. Ho scelto pezzi che mi sembravano appropriati ai nodi, agli snodi e ai corti circuiti del film. Poi fondamentalmente ho scelto quello che piaceva a me!

Come sono rappresentati nel documentario le controversie legale alla figura di Ferretti?
Magari non dovrei dirlo prima che le persone lo vedano. Credo di aver affrontato di petto la questione religiosa con lui pur non avendone parlato molto. C’è un episodio nel film che uso per fornire una chiave di lettura sulle polemiche. Non vedo contraddizione nell’avere un afflato religioso e lo dico in quanto non cattolico. Sento tuttavia una religiosità del vivere molto forte. Le religioni non hanno il monopolio delle religiosità. Sono semplicemente un modo in cui l’essere umano cerca di relazionarsi alle questioni più grandi di lui. Il fatto che Ferretti sia cresciuto cattolico, si sia evoluto come anticlericale e si sia totalmente immolato all’ideologia per poi passare attraverso l’Islam, il buddhismo e tutto il resto, fanno di lui una persona che si mette in gioco. Comprendo ma non capisco chi si sente tradito. Io che lo conosco so che lui avverte profondamente l’inquietudine dell’essere. Io credo che l’uomo che non si interroga sul mistero della vita perda un’occasione.

Che relazione c’è tra questa voglia di viaggiare che lo ha spinto da giovane a Berlino prima e poi in diverse parti del mondo, lo sgretolamento dell’ideologia politica e quindi, se vogliamo, il ritiro nella sua terra di origine, Cerreto Alpi in Emilia?
La ‘forza del passato’ citando una poesia di Pasolini, “La ricotta”, è quella che mi ha ispirato maggiormente. Mi ha dato la forza di affrontare i temi, come quello delle questioni religiose, senza problemi. Dall’Appennino scende a valle ed inizia un percorso che è una bella storia. Anche chi non conosce Giovanni può godersi una storia fatta di spostamenti geografici, rivelazioni, di musica, di anni ’80, di Berlino e dello sgretolarsi di quel muro e delle ideologie che si appoggiavano a quel muro ma anche di malattia e di morte.

Nel tortuoso percorso di vita di Ferretti è presente appunto anche l’incontro con la malattia. La morte è un tema di frequente riflessione nel documentario.
Durante la realizzazione del documentario io proponevo dei temi e si iniziava a discuterne. Nel momento in cui siamo arrivati alla morte Giovanni non capiva. Per me era invece fondamentale. In fondo è alla luce del niente che tu sai di essere. Giovanni mi ha sorpreso perché è nato in montagna laddove il rapporto con la morte è fortemente espresso non nascosto. La nostra società invece non solo rifugge la morte ma la nega.
Come si colloca il racconto di Giovanni Lindo Ferretti con il contesto storico-sociale dei nostri giorni?
Mi pare che il mio film sia un bel modo per fare tabula rasa. Guardando a questa storia si può, in maniera modesta, riflettere su ciò che succede oggi. Si colloca totalmente nel contemporaneo perché la storia di Giovanni è una storia molto recente. Nel mio documentario metto in luce una certa mancanza di spessore e di contenuti della società contemporanea.

Con i suoi documentari e anche con il suo cortometraggio, Cose Naturali con Roberto Herlizka, ha ricevuto diversi riconoscimenti. Sogna un futuro da regista cinematografico?
Se potessi farei solo film di finzione. Cose Naturali non era stato pensato come un cortometraggio ma come un lungometraggio. Il documentario per un cineasta è mettersi alla prova perché hai a che fare con la realtà e non c’è niente di più astratto. Ho in mente di realizzare un film di finzione che più sarà finto e più sarà vero. Ho dei progetti ma non ne parlo perché ogni volta che ne parlo succede qualche impedimento. Intanto invito le persone a consultare il sito del mio documentario per essere aggiornati sulle date delle proiezioni e, se vi incuriosisce, supportate il cinema indipendente.

di Rosa Maiuccaro

Fedele alla Linea

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