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Oggi al Cinema incontra Michele Placido

Creato il 29 aprile 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

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A distanza di tre anni dal discusso Vallanzasca – Gli angeli del male, torna dietro la macchina da presa Michele Placido, questa volta per un film su commissione. Il cecchino, già presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Roma, è l’esordio francese per il regista di Romanzo criminale, che per l’occasione si è trovato a dirigere il meglio dello star system d’oltremanica: Daniel Auteuil e Mathieu Kassovitz.

Come ha scelto il cast?
In realtà non sono stato io a scegliere loro ma viceversa. Gli sceneggiatori del film a cui piacque molto il mio Romanzo criminale hanno proposto il mio nome alla produzione, la quale aveva già scritturato gli attori. Con loro abbiamo fatto diversi incontri a Parigi e ci siamo trovati subito in sintonia. Così mi sono ritrovato a dirigere Il cecchino, sulla base di una sceneggiatura scritta da altri e che io non potevo assolutamente toccare. Dovevo solo eseguirla.

E’ stato difficile dirigere questi attori straordinari?
Diciamo che sul set eravamo tre registi, perché anche Auteuil e Kassovitz lo sono. Daniel è molto vicino al mio essere attore e non abbiamo mai avuto nessuna incomprensione, si abbandonava molto alla mia direzione. Kassovitz invece mi controllava di più e qualche discussione sul suo personaggio c’è stata. Con Gourmet, che è un grandissimo attore, ci siamo divertiti molto a costruire il suo ruolo.

Con loro si è comportato come si comporta sempre con gli attori che dirige?
Certamente, io dirigo gli attori sempre con lo stesso metodo, così come fa Eastwood: gli faccio vedere come deve recitare il personaggio. Mi metto in scena e recito la sua parte. In questo caso ho chiesto a tutti gli interpreti una certa immobilità nelle espressioni. Se ci fate caso Kassovitz ha tre espressioni in tutto il film, ma le fa straordinariamente.

Il film è sorretto da un ritmo altissimo, dato anche da un montaggio molto veloce, come è evidente già dalla prima sequenza della rapina. Avete girato basandovi su uno storyboard?
Io non sono abituato a girare con gli storyboard, ma i francesi, che sono molto esigenti, lo volevano e allora abbiamo dovuto farlo. Prima di andare a girare io e il direttore della fotografia Arnaldo Catinari l’abbiamo corretto almeno 4 o 5 volte. Poi però sul set ci siamo resi conto che lo storyboard non funzionava molto, soprattutto per la prima sequenza, che in Italia sarebbe stato impossibile girare. Così abbiamo optato per un’altra soluzione, girando con sette macchine da presa e facendo dei lunghi piani sequenza in contemporanea. Da questo punto di vista è stata davvero un’esperienza importante.
La sceneggiatura non poteva essere modificata, però sicuramente da un punto di vista formale ha dato molto al film…
Sul piano stilistico, insieme al direttore della fotografia Arnaldo Catinari, ho cercato qualcosa che visivamente potesse esprimere l’isolamento dei personaggi. Quest’ultimi erano descritti come dei Samurai nella sceneggiatura e delle loro vite private non veniva raccontato nulla, così abbiamo voluto sottolineare quest’isolamento esistenziale studiando attentamente le luci e i chiaroscuri.

Il film esce nelle sale in una versione leggermente tagliata rispetto a quella presentata al Festival di Roma. Quale delle due dobbiamo considerare il Director’s Cut?
Nessuna delle due. Esiste una versione più lunga, che è molto più violenta e più tosta, ed è la mia versione. Purtroppo però la produzione francese non voleva tutta questa violenza e allora sono stato costretto a tagliare diverse cose, ma sono comunque soddisfatto. Per la versione italiana abbiamo dovuto anche tagliare il cameo di Fanny Ardant, ma in questo caso è stata una decisione obbligata, perché per alcune ragioni di diritti poteva comparire solo sugli schermi francesi.

Il cecchino è un film di genere come non se ne fanno più in Italia. Secondo lei perché?
Mancano i produttori di una volta, quelli che investivano i loro soldi nel cinema. Il Cecchino è film di genere ed è stato girato interamente in Francia, dove il cinema è più variegato, dove a differenza che in Italia non si fanno solo commedie. Da noi è complicato trovare spazio per film simili ma il fatto che esca in 200 è già incoraggiante. Spero sinceramente che il nuovo governo metta una persona giusta al Ministero della Cultura.

I suoi prossimi progetti?
Girerò il prossimo film, Le Choix, ancora in Francia con tecnici e attori francesi e un’attrice italiana. Si tratta di una coproduzione italo-francese. E poi produrrò un altro piccolo film con i miei ragazzi del teatro e lo gireremo a Roma.

di Antonio Valerio Spera

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