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Oggi parliamo con… Clara Cerri

Da Gialloecucina

L’ospite del salotto di gialloecucina di oggi è Clara Cerri. Leggiamo assieme come si racconta nell0intervista rilasciata ad Alessandro Noseda

Buongiorno e grazie per l’accoglienza. Ci dici chi sei e perché leggi e scrivi?

Mi chiamo Clara. Da bambina pensavo che avrei avuto una brillante carriera ma sarei rimasta zitella, nella realtà sono al secondo marito ma sono disoccupata. Nella vita ho studiato molto e ogni tanto qualcuno trova i miei articoli su Google, forse li legge pure. Io leggo sempre, leggo come respiro, ma se me lo chiedi ho l’impressione di non leggere mai. Per lo scrivere è uguale. Ho cominciato a sette anni con una favola in cui la bella non voleva sposare il principe e si faceva liberare da una banda di amiche, quindi direi che, come moltissimi altri, scrivo per poter leggere storie che mi piacerebbero ma non sono ancora state scritte.

 I tuoi romanzi, come nasce l’idea?

Come una serie di scene nella mia testa.

Dove scrivi? Hai un “luogo del cuore” dove trovi ispirazione?

Scrivo ovunque se serve, ma di preferenza scrivo al computer e alla mia scrivania.

 Preferisci il silenzio o ami musica di sottofondo?

In questo romanzo la musica è centrale. Ogni romanzo ha la sua playlist, ma anche il silenzio o i rumori dell’ambiente non sono male

 “Dodici posti dove non volevo andare” è il tuo romanzo d’esordio, Ci racconti qualcosa? Dove hai trovato spunto? E’ autobiografico? Quanto prendi in prestito alla realtà e quanto è frutto di mera fantasia? Come delinei i personaggi? Segui una scaletta o ti fai guidare dalla storia?

L’idea di questo libro è venuta con il primo racconto (L’americano stanco): ero riuscita a toccare due argomenti di cui non avevo voluto parlare fino a quel momento, la storia di William Denver (ispirata a un personaggio reale) e la storia di mio padre. Mi sono quindi proposta di creare una narrazione incentrata sulla mia famiglia e sui “posti dove non volevo andare”, intesi come luoghi del cuore e della memoria, come nervi scoperti. Non sono riuscita a toccare “tutti” i miei posti e non tutto è autobiografia o memoir in senso stretto: posso dire però che anche le parti inventate o re-immaginate corrispondono ad aspetti molto reali e concreti del mio vissuto. I personaggi sono sempre il risultato di questo stesso procedimento: o sono veri, o rappresentano qualcosa di vero. Le scalette e gli schemi mi sono sempre molto utili, sia prima di scrivere che dopo la prima stesura, per rendermi conto di quali sono i punti di forza della narrazione e di cosa deve essere messo meglio in luce. Dietro questo libro c’è anche un lavoro di ricerca, per esempio sulla musica degli anni ’60 o sull’arte degli anni ’50, senza il quale non avrei potuto trovare ispirazione.

Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura del romanzo?

La composizione della storia complessiva attraverso i vari racconti. Inevitabilmente il legame col resto è più evidente in alcune parti, meno in altre.

 E del rapporto con Editore ed Editor cosa puoi dirci?

Innanzitutto ci deve essere alla base un contratto chiaro e onesto. Poi, quanto più si lavora insieme, migliore è il risultato. Bisogna avere pazienza e non scoraggiarsi alle prime difficoltà.

 Hai altri progetti in fieri?

Ho un romanzo scritto prima di questo, che sto rivedendo e rimodellando per proporlo agli editori. Ho poi molti progetti disparati, ma il più concreto e avviato è un romanzo in cui provo a raccontare tutta la storia di Roy Cerri, uno dei protagonisti dei “Dodici posti”, incentrato (per ora) sulla sua adolescenza.

 E se ti proponessero una sceneggiatura per un film? Saresti d’accordo o ritieni che i tuoi personaggi soffrirebbero nella trasposizione cinematografica?

La mia scrittura è molto visiva e sono la prima a farne un film nella mia immaginazione, con tanto di cast, colonna sonora, location e calcolo dei costi sopra la linea e sotto la linea. Sarebbe un modo per far vivere i miei personaggi e le mie storie nella mente di qualcun altro, e se non è questo lo scopo di scrivere, non so quale altro possa essere. Se lo spirito generale del testo e dei personaggi è rispettato, una versione cinematografica non può che essere un arricchimento (però, beninteso, quello che fa Roy deve essere bello e Clara non deve essere troppo grassa).

 Descriviti come lettrice. Quali libri compri? Hai un genere preferito o spazi a seconda del momento, dello stato d’animo? E se devi regalarlo un libro come lo scegli?

Compro ogni genere di libro. Spesso mi prende una fissazione per un autore e non sono contenta finché non l’ho letto tutto. Da qualche anno leggo in originale qualche autore inglese o spagnolo, il mio vizio assoluto è Stephen King, di cui apprezzo così non solo le trame ma anche la prosa folle e stupenda. Amo comprare libri vecchi a due soldi, di quelli raccolti nelle cantine o nelle case di gente morta. Amo andare in biblioteca e spero che il Paradiso ne abbia una. Regalo libri per ispirazione momentanea e qualche volta indovino, qualche volta fallisco miseramente. Regalo libri ai bambini anche se non li vogliono.

Un consiglio ad un esordiente che ha la sua storia nel cassetto e non ha trovato ancora nessun editore interessato a pubblicarla?

Continuare a lavorarci su. Chiedersi cosa vuole da quell’opera, in termini di crescita personale e professionale. E poi tentare, ricercare molto, farsi leggere da persone pazienti e possibilmente competenti. Nella stesura di questo libro ho avuto accanto un brillantissimo collegio di revisori, che approfitto per ringraziare.

 Un autore (o più) che costituisce per te un modello. E perché? Se ti va, ponigli il quesito che da tempo hai in mente! Magari è tra i lettori del Blog!

Ho già parlato di Stephen King, vero? La sua lingua è un fuoco d’artificio: parole straniere, volgarità, citazioni coltissime, tutto mescolato e perfettamente aderente alla storia. Però non saprei mai scrivere storie come le sue – anche se “Intermezzo 1978” vuole essere un umilissimo omaggio alla sua poetica crudele. Amo molto anche i veristi spagnoli, come Perez Galdos, e gli scrittori della mia generazione cui mi sento più vicina per temi e stile sono Banana Yoshimoto (anche se uso molte parolacce) e Andrea G. Pinketts.

 Quale suo libro consiglieresti ai nostri lettori?

Ai lettori puri consiglio It, o La bambina che amava Tom Gordon. Se poi sono anche scrittori non possono prescindere da On Writing, un libro sulla scrittura che è anche un’autobiografia spietata.

 Donaci una citazione e una ricetta che ami…

“Potrei vivere in un guscio di noce e sentirmi re di spazi infiniti, se non fosse che faccio brutti sogni” (William Shakespeare, Amleto).

Una ricetta pressoché infallibile per la torta di mele è usare come base la proporzione della pasta frolla, per esempio 250 gr. di farina, 125 gr. di zucchero, 125 gr. di burro e 2 uova, per poi diluirla con poco latte e unire lievito per dolci e aromi a piacere (cannella, vaniglia, buccia di limone). Si spargono le fettine di mela sopra, un po’ di zucchero, uva passa se piace, e si cuoce una quarantina di minuti o più a temperatura moderata (dipende dal forno, se è a gas o elettrico). Adoro cucinare torte e dolci. Sono come la vita, o la scrittura: quello che ci metti ci trovi, e vengono meglio quanto più ami quello che fai e le persone cui è destinato il tuo lavoro.



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