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OGNI COSA E’ ILLUMINATA di Liev Schreiber 2005

Da Oichebelcastello

OGNI COSA E’ ILLUMINATA di Liev Schreiber 2005

Le recenti vicende relative alla Crimea e della vicina Ucraina mi danno spunto per ricordare un film di alcuni anni fa. Un film del 2005 tratto da un libro scritto da un ebreo americano Jonatan Safran Foer del 2002.
Jonathan Safran Foer appartiene alla terza generazione di scrittori che hanno ricordato la Shoah, Everything is illuminated è la storia di un viaggio in Ucraina alla ricerca del passato, un viaggio nella memoria. Il punto di partenza è una vecchia fotografia del nonno dello stesso Jonathan, ed un nome misterioso: Trachimbrod. Si tratta di una parola per molti priva di senso, ma che richiama ad uno dei tanti luoghi dell’Europa orientale che non esistono più: uno shtetl, cioè un villaggio abitato soltanto da ebrei.
Ad accompagnare Jonathan nella sua “rigida ricerca” sarà uno strano gruppo specializzato in tour commemorativi di ebrei americani alla ricerca delle loro origini composto da Alex, voce narrante del film, un giovane ucraino che parla un divertente inglese un po’ sgangherato (intuibile anche dall’adattamento italiano) insieme al nonno, un anziano uomo di Odessa, che è alla guida dell’auto del tour, pur essendo ufficialmente cieco e pretendendo infatti di poter portare con sé la sua psicopatica ma tanto amata cagnetta-guida.
Il giovane ucraino è appassionato dai divertimenti occidentali, ma non è etnicamente ucraino: è un russo di Odessa! L’americano è collezionista di oggetti per non perdere la memoria che essi nascondono.
I giovani confrontano le loro identità culturali e si verificano situazioni ricche di ironia e umorismo, specie quando l’americano comunica di essere vegetariano.
Si addentrano lentamente nel territorio della ricerca storica, fino a giungere ad una verità tanto terribile quanto incancellabile nella sua necessità di essere raccontata.
I 1024 abitanti del paese sono trucidati; non prima di essere costretti a vedere bruciare la loro sinagoga e sputare sulla loro Torah. Testimone una donna che vive in una casa contornata di girasoli dove conserva tutto ciò che i suoi paesani trucidati hanno nascosto nella speranza che qualcuno tornasse e ricostruisse, attraverso i loro oggetti, la loro drammatica vicenda.
Il nonno ucraino è scampato alla fucilazione e si è liberato dell’ingombrante stella. Il flashback, l’incontro con l’altra sopravvissuta, sorella della donna del nonno prima che scappasse in America, lo aiuta ad uscire dalla follia nella quale si era rifugiato. Recuperato il rapporto con il nipote, passato il testimone della memoria si toglie la vita. Al nipote appare per la prima volta in vita sua finalmente felice di essere dove si trova.
Il protagonista, interpretato con grande acume da Elija Wood, non sembra un personaggio ben definito, ma quasi uno strumento della memoria, non dotato di caratteristiche proprie. Parafrasando una frase del film, la verità non è a Trachimbrod per Jonathan, ma Jonathan è a Trachimbrod per la verità, proprio perché essa trascende dalla semplice umana necessità, per quanto alta possa essere.
Il giovane americano è infatti un collezionista di oggetti di famiglia e il suo incubo consiste invece proprio nella paura di dimenticare.
Ne consiglio la visione, è uno di quei film dove allo spettatore è richiesto il necessario coinvolgimento nella “rigida ricerca”.


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