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Ogni romanzo malscritto è tremendo

Creato il 28 febbraio 2013 da Zioscriba

OGNI ROMANZO MALSCRITTO È TREMENDO



Susanna Tamaro
Ogni angelo è tremendo
primi due capitoli
Bompiani
Voto: 3-
Mi ero ripromesso indulgenza, magnanimità e profilo basso.
E soprattutto di parlare solo di quei libri che mi fossero piaciuti. E di Scrittori bravi. Stranieri, per lo più. Ma poi non ce l’ho fatta a trattenermi, davanti alla provocazione. Questo libriccino superfluo è come sempre edito da un grande editore. È finito in classifica un minuto dopo essere uscito. È incensato su pagine culturali da inamidati parrucconi. È pubblicizzato ovunque. E soprattutto ha osato invadere casa mia, tramite opuscolo riproducente le prime 17 pagine, allegato a non so quante decine di migliaia di copie (!!) di non so quale giornale acquistato dal mio incauto padre. Ed essendo io un lettore oltre che uno scrittore, la curiosità è stata troppo forte, insieme all’autolesionismo. E così mi sono fatto del male, e sono caduto in depressione.
Quali sono le caratteristiche dei libri scritti male? Non solo una scrittura che percepisci subito come debolissima, scolastica, stucchevole, pedante, pretenziosa, tristanzuola, banale, insipida, irritante, semidilettantesca, sciatta, prevedibile, mai all'altezza. Ma anche, e soprattutto, luoghi comuni a gogo. L’autrice, poiché ritiene ci interessi una sua autobiografia (e a giudicare dalle classifiche interessa eccome!) decide di usare il primo capitolo per darci l’interessantissima informazione di essere nata a Trieste. E quindi, alla riga numero tre, ecco spuntare la bora. A Trieste c’è la bora, signorina maestra. A Bologna invece ci sono i tortellini, e a Napoli Pulcinella.
Poi, tutto un florilegio di ovvietà e frasi fatte che ormai non si trovano più nemmeno negli articoletti delle ragazzine delle medie sui giornalini parrocchiali: “nove mesi nella pancia della mamma”, “le spalle ricurve come quelle di Atlante”, “tabula rasa”, “si può venire al mondo… in una villa sull’Aventino o in una baracca di Nairobi”, “abbandonati in un cassonetto”, “i tuoi genitori… sono loro la ragione del tuo esserci”, “palazzina di cemento armato… priva di qualsiasi frivolezza”, “i giorni splendenti del boom economico”, “la Storia con la S maiuscola”.
Uno scrittore vero è uno capace di dirti che la vita è (in tutti i sensi) uno scherzo del cazzo. Uno scrittore mediocre è uno che viene a spiegarti, serio serio, che i tuoi genitori… sono loro la ragione del tuo esserci! Per qualche strano cortocircuito, in italiA, editori, editors, agenti, critici, esperti, accademici, commentatori, librai, nonché migliaia di lettori sembrano preferire i secondi, e non considerare, o addirittura odiare, i primi.
Il giudizio è migliorato dal secondo capitolo, dove si trovano cose che lette in chiave comica potrebbero persino far scompisciare (ma trattasi, a quanto pare, di comicità involontaria: l’autrice non sembra in grado di NON prendersi maledettamente sul serio): “quando sento parlare di letteratura provo uno strano disagio”, “nessuno mi ha insegnato a scrivere”, “la scrittura resta per me un evento assolutamente misterioso”. Assolutamente!
“Per me davvero ogni libro era l’ultimo”. (Magari.)Mamma mia. Meno male che l’assaggio non richiesto finisce a pagina 17. Non consiglierei a nessuno di proseguire oltre.
Come voto avevo anche pensato a un numero irrazionale, tipo radice di due. Magari con un "meno" davanti. In fondo, se a Philip Roth e Paul Auster e Jonathan Franzen posso dare solo fino a dieci, e non venti, trenta, trecento, non sarebbe così esagerato se per i prodottini della grande editoria commerciale si scomodassero i numeri negativi. Ma poi (a parte il fatto che in italiA si pubblica, e si premia, anche di molto peggio!) la cosa avrebbe avuto un sapore troppo goliardico. E invece qui la situazione è serissima. È tragica. Di sicuro non tragicomica: anche in queste pagine, come in tutte quelle che non meritano di essere lette, ironia, autoironia e umorismo sono del tutto inesistenti. Per questo piacciono ai parrucconi inamidati. Per questo non piacciono a me.
Ma naturalmente diranno che è tutta invidia.
p.s.
A scanso di bacchettate sdottrinanti sull'etica del buon recensire, ribadisco che questa minirece si riferisce dichiaratamente ai primi due capitoli del libro. Se un editore manda in giro migliaia di copie delle prime diciassette pagine, è evidente che le ritiene idonee a farsi un'idea (secondo loro in positivo) dell'opera intera. Be', io me la sono fatta. (E spero di averne il diritto, naturalmente). Se il livello dei primi due capitoli è questo, che dubbi dovrei avere? Dovrei pensare che i successivi glieli ha ispirati in sogno Shakespeare? Ma può anche darsi di sì, visto che una recensione "professional" che ho sbirciato da qualche parte riesce a terminare con le seguenti parole: "donare conforto a se stessa e ai lettori attraverso la tremenda bellezza della scrittura". Complimenti e auguri. E soprattutto grazie, italiA. Da un outsider orgoglioso di esserlo.

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