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Omaggio a Léo Ferré

Creato il 24 agosto 2014 da Gianna
Omaggio a Léo Ferré
 
Manchi Leo, manchi veramente tanto.......Oggi sarebbe stato il tuo compleanno, avresti compiuto 98 anni, eri solo un anno più giovane del mio papà e per me un padre lo sei stato. Lo è stata la tua musica, le tue poesie, la passione che hai messo in ogni cosa, l'amore che hai cantato in mille modi e sempre originali, mai banali, mai scontati. Difficile non amarti, difficile non sentire il sarcasmo, la rabbia, il mal di vivere in un mondo in cui non ti riconoscevi, ma anche la gioia, l'eccitazione, l'emozione, la forza del sentimento. Difficile non amare il tuo estremo modo di essere, tra genialità e follia, capace di furibonde invettive e di amorose tenerezze, senza mezzi termini, senza compromessi nè mediazioni. 
Da un certo momento in poi hai accompagnato la mia vita e ancora lo stai facendo, a dispetto del tempo......"Col tempo tutto se ne va l’altro che adoravi e che cercavi sotto la pioggia l’altro che indovinavi dal contorno di uno sguardo, tra le righe e le parole, sotto il belletto di una promessa truccata che va a far nottata. Con il tempo tutto svanirà..."
Ciao Leo, non tutto svanisce, tu sei rimasto, sei qui nel mio cuore, insieme alla rabbia, alla passione, alla voglia di gridare e alla voglia di amare...
La solitudine
Io vengo da un altro mondo, da un altro quartiere, da un'altra solitudine.
Oggi come oggi, mi creo delle scorciatoie. 
Io non sono più dei vostri.
Aspetto dei mutanti; 
Biologicamente me la cavo con l'idea che
mi sono fatto della biologia: 
piscio; eiaculo; piango. 
Innanzi tutto
noi dobbiamo lavorare le nostre idee come se fossero
dei manufatti.
Io sono pronto a procurarvi gli stampi. Ma...
la solitudine...
Innanzi tutto le lavanderie automatiche, 
agli angoli delle strade, 
sono imperturbabili così come il rosso o il verde dei semafori. 
I poliziotti del detersivo vi indicheranno dove vi sarà possibile lavare ciò che voi credete sia la vostra coscienza e che non è altro che una succursale di quel fascio di nervi che vi serve da cervello. E pertanto...
La solitudine...
La disperazione è una forma superiore di critica. 
Per ora, noi la chiameremo "felicità", perché le parole che voi adoperate non sono più "parole", ma una specie di condotto attraverso il quale gli analfabeti 
hanno la coscienza a posto. Ma...
la solitudine...
Del Codice Civile ne parleremo più tardi. Per ora, io vorrei
codificare l'incodificale. Io vorrei misurare il pozzo di
San Patrizio delle vostre democrazie.
Vorrei immergermi 
nel vuoto assoluto e divenire il non detto, 
il non avvenuto, il non vergine per mancanza di lucidità. 
La lucidità me la tengo
nelle mutande.
 
 

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