Magazine Cultura

Omar Sharif, il divo nomade e planetario

Creato il 28 maggio 2015 da Dfalcicchio

Omar Sharif

I media di tutto il mondo hanno dato una notizia molto triste: l’attore più elegante e affascinante nel mondo, un’icona di stile, Omar Sharif, nome d’arte dell’egiziano cosmopolita Michel Shalhoub, è debilitato dal morbo di Alzaheimer. FlipMagazine vuole ricordare un interprete che ha segnato in modo indelebile la storia del cinema. Lo facciamo con un grande magone. Molti anni fa, chi scrive era un ragazzino che studiava a Londra e impazziva per la moda e la musica inglese. In un cinema di Leicester Square, nel cuore della capitale inglese, vicino a un Wimpy restaurant, proiettavano in anteprima The Tamarind Seed, un film di Blake Edwards, il regista della Pantera rosa e con Omar come protagonista. Passando per caso davanti al cinema, vidi Omar Sharif che fumava una sigaretta, chiacchierando con due persone. Mi avvicinai, dissi qualcosa, gli strinsi la mano. Lui era in quel periodo il più grande divo planetario del cinema.

Il divo egiziano è sempre stato diverso da tutti gli altri attori. Ha vissuto gran parte della sua vita in albergo, soprattutto a Parigi e Londra. Diceva che amava stare in albergo, così ogni sera poteva scegliere dal menù piatti sempre diversi. Adorava il vino e poteva, ogni sera, bere una bottiglia diversa. Poi, non aveva problemi per la casa. La sua suite era sempre in ordine. Diceva che faceva qualche film, poi si godeva la vita. Appena rimaneva senza soldi, ritornava a lavorare come attore. Ha sempre amato fumare, bere, giocare a bridge e corteggiare le donne. Ha sempre avuto una classe innata. Pochissimi nel mondo sanno indossare la dinner jacket e la black tie come sa fare lui. È un attore con grandi capacità e non si è mai preso troppo sul serio. Sa passare dal registro drammatico a quello più leggero, con la sua aria nomade e disincantata.

Tutti lo ricordano per Lawrence d’Arabia e Il Dottor Zivago, ma è stato grande anche in Funny Girl, Mayerling, La casse, Monsieur Ibrahim et les fleurs du Coran, dove con la sua recitazione sottotono dominava una storia semplice e poetica.

Pensarlo malato, stanco, vecchio, ci fa stringere lo stomaco. Omar Sharif è una di quelle persone che è normale pensare immortali.

Mauro Pecchenino


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :