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“On the road”: Il fascino del viaggio.

Creato il 22 marzo 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

“On the Road”. Le origini.

Il 12 marzo 1913 a Lowell (Massachusetts) nasceva Jean Louis Kerouac noto più semplicemente come Jack Kerouac.
Il nome dello scrittore è legato al movimento della “beat generation” della quale può essere considerato insieme ad Allen Gingsberg e William Burroughs una sorta di padre fondatore.
“On The Road”, pubblicato nel 1957 è senza dubbio l’opera più conosciuta di Kerouac, di fatto iniziatrice dell’omonimo genere letterario legato alla tematica del viaggio vissuto come proiezione delle proprie inquietudini, della propria interiorità, improntato alla ricerca di nuove esperienze capaci di arricchire una quotidianità disincantata figlia della grande crisi del ’29.
Un viaggio che nel romanzo, Sal Paradise, alter ego dell’autore, intraprende partendo dalla East Coast e muovendosi in direzione Ovest in una rievocazione del mito della frontiera di fine ottocento inizio novecento.
L’epopea “on the road” del protagonista è vista come la conseguenza del fallimento del sogno americano , una ricerca di evasione dal “reale” attraverso la benzedrina, l’alcol, rapporti sessuali occasionali.
Le conclusioni di Kerouac sono però amare: le continue fughe, le scorribande sulla strada, non rappresentano altro che un’incapacità di adattarsi alla società.

Dall'”On the road” al “Road movie”. Il caso “Easy rider”.

Nel 1969, dodici anni dopo la pubblicazione di “On the road” nei cinema esce “Easy Rider” di Dennis Hopper, evoluzione cinematografica del romanzo di Kerouac.
In “Easy Rider” c’è nei protagonisti fin dal principio la consapevolezza della fine del Sogno Americano (emblematica la scena in cui il chopper a stelle strisce di Wyatt “Capitan America” prende fuoco), il viaggio è una ricerca della libertà totale inserita nel contesto della controcultura del ’68 in cui trova spazio una fortissima componente antiborghese.
Nessuna evoluzione psicologica nei personaggi che cavalcano le Highways sullo sfondo degli immensi spazi americani.

“Paura e delirio a Las Vegas”. L'”On The road” disgustoso.

I temi affrontati da “On the Road” e “Easy Rider” sono portati all’esasperazione da Terry Gilliam in “Paura e delirio a Las Vegas” (adattamento di “Paura e disgusto a Las Vegas” di Hunter S. Thompson), la realtà non è più solo opprimente e disincantata, ma disgustosa. La risposta dei due protagonisti del film/romanzo al consumismo imperante è una sorta di autodistruzione e di messa in scena del cattivo gusto.
Le sostanze stupefacenti sono uno strumento per azzerare la propria individualità, in un’ottica quasi nichilista.
Il viaggio è un trip allucinato in cui risulta sempre più evidente la commistione tra reale e artificiale.

Un nuovo concetto di “on the road” Il neo nomadismo.

Oggigiorno il viaggio inteso come evasione dal reale si deve scontrare con la messa in discussione del concetto stesso di reale.
L’evoluzione tecnologica, i nuovi strumenti informatici accorciano le distanze, il viaggiatore è un cosmopolita che interpreta i suoi spostamenti come mezzo per arricchire il proprio bagaglio culturale, sentendosi parte di una società globale in cui non esistono più fisse dimore.
L’evoluzione del concetto di “on the road” da Kerouac ha quindi portato a un progressivo sradicamento dai propri luoghi d’origine snaturando defintivamente concetto di viaggio.

Tags:easy ryder,Kerouac,on the road,viaggi

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