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Orizzonti del reale (Pt.5)

Creato il 28 febbraio 2016 da Theobsidianmirror

Orizzonti del reale (Pt.5)

LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI


La bellezza e il colore: ora mi rendo conto di ciò che gli artisti tentano di fare. Cercano di fissare la bellezza su di una tela, il modo come risplende e freme e vive. (Timothy Leary, "Il Gran Sacerdote", 1968, Trip 4)
Sarà banale a dirsi, ma vi sono sistematiche analogie fra le esperienze psichedeliche dei soggetti più diversi e quel che cambia, casomai, è la loro capacità di raccontarle: chi è più avvezzo all'uso delle parole userà i termini più calzanti ed emozionanti, e in generale chi ha un talento artistico infonderà la sua peculiare sensibilità nelle descrizioni. Come dimostra la citazione posta in apertura, molti soggetti raccontano di aver provato sensazioni intense soprattutto dal punto di vista visivo. Anche il "viaggiatore" citato da Leary poche righe fa si ritrovò a riflettere, di fronte alle proprie inedite visioni, sulle percezioni visive dei pittori, e sul fatto che la maggior parte di questi tenti di rendere la bellezza su tela riuscendovi solo in parte. Poiché - ricordate cosa aveva scritto Huxley nel suo saggio? - [...] la gloria e la meraviglia dell'esistenza pura appartengono a un altro ordine che anche l'arte più alta non ha il potere di esprimere. (Per la citazione completa vi rimando a questo post.)
Aldous Huxley e Timothy Leary si incontrarono nell'ottobre del 1960. Leary aveva letto " Le porte della percezione" e " Paradiso e Inferno" e desiderava conoscere il loro autore per proporgli una collaborazione nell'ambito di un progetto di ricerca sperimentale, perché era convinto che con i giusti dosaggi, in un ambiente protetto e sotto l'egida di un maestro o Gran Sacerdote, ovvero con una figura di riferimento a fare da guida, le sedute psichedeliche potessero avere effetti positivi e addirittura liberatori. Sappiamo tutti come andò a finire. Dopo essere stato radiato da Harvard, Leary decise di proseguire gli esperimenti con la psilocibina e l'LSD in casa propria, trasformandola nel punto di riferimento della cultura alternativa dell'epoca e di tutti i personaggi che vi gravitavano attorno. " Il Gran Sacerdote " è dunque la cronaca di quel periodo di fermento, progetti e aspettative prima che l'uso dell'LSD diventasse illegale, di quei viaggi psichedelici o "trip" compiuti a Cuernavaca, in Messico, ad Harvard e in gran parte nella villa di Millbrook - con una tale quantità e varietà di personaggi famosi (e non) da farci sentire, nel leggerne, come se anche noi con loro fossimo stati ospiti della "Mecca della Psichedelia".

Orizzonti del reale (Pt.5)

Pubblicando " Il Gran Sacerdote" la Shake Edizioni ha indubbiamente colmato un grosso, clamoroso vuoto, perché questo non soltanto è un libro bellissimo, ma accanto alle indispensabili note biografiche è pregno di informazioni così trasversalmente culturali da lasciare stupefatti. L'assunto era che in base al principio di indeterminazione di Heisenberg non è possibile una conoscenza completa e univoca della realtà e l'universo non esiste se non come insieme di probabilità, perciò se sono gli osservatori a creare la realtà ognuno dei viaggiatori psichedelici avrà qualcosa di diverso e originale da narrare in merito all'esperienza vissuta. Perciò, accanto al resoconto dei trip (16, come i capitoli del libro) e degli avvenimenti svoltisi in contemporanea a essi, vi sono citazioni e commenti dei protagonisti di quel pezzo di storia americana. E non solo, perché ogni pagina è corredata da note a margine del tipo più disparato: dagli stralci del processo a Leary agli estratti di interviste e articoli comparsi su periodici più o meno autorevoli, da " Time" a " Cosmopolitan" a " Playboy", ma anche citazioni di testi sacri come il Bhagavadgit e poemi come l' Epopea di Gilgamesh e molto altro.

Ogni Capitolo/Trip viene ricollegato a uno dei segni de " I Ching", il Libro dei Mutamenti. Uno dei suoi esagrammi è posto in apertura di ogni capitolo, mentre in chiusura c'è la sua lettura divinatoria che ha che fare, naturalmente, con il contenuto del capitolo stesso. La lettura dei segni è difficile perché si basa sul principio di sincronicità, per il quale essi parlano direttamente al nostro inconscio nel momento in cui li interroghiamo. O viceversa. Non v'è dubbio che Leary conoscesse molto bene " I Ching"; lo conosceva al punto da utilizzarne i simboli per descrivere gli esploratori della coscienza (il "gruppo consacrato di portatori d'anello", per dirla con Tolkien) e l'evoluzione che li attende nel corso di quello che a tutti gli effetti è un viaggio iniziatico. Come nel Trip 5, dove racconta di quando si trovò a dover contrastare l'aggressività di uno dei suoi compagni di trip, e dove l'etica e la forza avrebbero fallito vinse la pura, semplice logica, il richiamo alle regole che fece tornare l'uomo in sé facendogli comprendere quanto il suo comportamento fosse inappropriato alle circostanze; non è forse un caso che simbolo del capitolo sia il Camminare, di cui uno dei trigrammi, quello del Lago, ha un significato contrastante che potremmo riassumere come il chiaro e l'oscuro, un ostacolo da superare. O come nel Trip 7, dove utilizza l'immagine del Conflitto (il Cielo, trigramma superiore e l'Acqua, trigramma inferiore, la forza e l'inganno, dai movimenti opposti, ovvero opposte tendenze) per descrivere quella che, secondo Leary, era la psiche di Arthur Koestler, il famoso scrittore e filosofo ungherese. Koestler, nonostante una precedente esperienza deludente, aveva partecipato a una seduta psichedelica con Leary nel 1961, ma non si era "acceso" perché aveva tentato di mantenere quell'esperienza sotto il controllo della mente. Secondo Leary, A.K. avversava il culto delle droghe perché era aggrappato per partito preso alla sua razionalità. Il conflitto si sviluppa quando una persona sente di essere nel giusto e si getta in braccio all'opposizione. [...] la sua unica via di salvezza consiste nell'avere perspicacia e forza interiore tali da essere sempre pronta a venire a patti, incontrando l'avversario a metà strada. (I Ching IV).

Orizzonti del reale (Pt.5)
Aldilà di questi due esempi (potremmo infatti estendere il discorso a tutti e sedici i capitoli), quello che interessa maggiormente sono i temi cardine de " Il Gran Sacerdote", gli stessi che (lo vedremo meglio in seguito) furono approfonditi in opere come " The politics of ecstasy" e " Turn on, Tune in, Drop Out".
Primo punto: il viaggio può essere occasione tribale oppure esperienza (trans)personale, profonda, visionaria. Una preghiera solitaria, come quella di Mosé sul monte Sinai e di Gesù nel deserto. In ogni caso, le visioni vanno incanalate e bisogna trovare una filosofia, una strada, un significato. Per i riti di gruppo serve una guida, un guru, per indirizzare il viaggio verso l'apprendimento dell'amore. Il che ci porta dritti al secondo punto: la pianificazione e la preghiera.
Pianificare il chi, il dove, il quando e il perché e il come della seduta. [...] Con chi? Da solo o con amici intimi che condividono i tuoi fini spirituali. Dove? In un ambiente libero da distrazioni mondane, pressioni profane, interruzioni accidentali. [...] Quando? In un tempo sacro dedicato alla ricerca spirituale. [...] Perché? Per trovare Dio. Per liberarsi da ogni rivestimento coriaceo, metallico, protettivo e prostrarsi nudi, allo scoperto, perché Dio ti trovi. Per morire e resuscitare. Come? Tramite la preghiera.[...] La preghiera è il linguaggio energetico di Dio.
Non dimentichiamo che Leary era giunto a Harvard, a seguito di una lunga esperienza di insegnamento e ricerca di psicologia clinica, per introdurvi i metodi esistenziali-transazionali. Nei suoi rapporti con i pazienti egli si considerava una sorta di elemento secondario dell'equazione, trasferendo l'autorità e il ruolo principale al paziente che, di fatto, era chiamato a guarire se stesso, modificando il proprio modo pensare e di agire sotto la guida del terapista. Non solo, nell'ambito di progetti sociali di assistenza psicologica (in orfanotrofi e carceri o tra i disadattati, ad esempio) Leary insegnava alle persone come aiutarsi le une con le altre, un modo di assumersi delle responsabilità e pianificare il corso delle proprie e altrui vite. Questo approccio non mutò quando Leary scoprì i funghi e cominciò la sua ricerca sulla droga (almeno in una fase iniziale). Anzi. Quella di guru dell'LSD fu per lui la naturale evoluzione del suo ruolo di psicoterapeuta. Il problema (che rimase tale, e che anzi divenne più impellente con la sua discesa nell'illegalità) era la difficoltà di dimostrare in modo concreto i benefici del metodo proposto, quello psicoterapeutico prima e quello dell'uso terapeutico delle droghe poi.

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Terzo punto: come valutare se l'utilizzo dell'LSD provoca effettivamente una crescita e un cambiamento interiore nelle persone che ne fruiscono? Come giudicare qualcosa di così intimo e soggettivo? Nella maggioranza dei casi non è possibile attribuire un valore positivo o negativo alle azioni altrui. La questione rimase ufficialmente irrisolta: l'uso della droga doveva essere consentito dall'autorità medica e l'autorità medica non avrebbe consentito qualcosa che non poteva essere dimostrato in maniera empirica, scientifica. Praticamente, era un serpente che si mordeva la coda.
Ma c'è un quarto punto ancora più controverso: l'aspetto sessuale. Non è un mistero che le sostanze psicoattive siano in grado di liberare una gran quantità di energia sessuale, perché il sesso è vita. Avevamo tra le mani un afrodisiaco portentoso, forse il più potente sprigionatore sessuale conosciuto dall'uomo. [...] L'unione non era soltanto quella del tuo corpo con il corpo di lei, ma bensì di tutta la tua entità razziale ed evolutiva con quella di lei. Era un accoppiamento mitologico. Unione neurologica. Sesso cellulare. Fusione di archetipi. Era la riviviscenza diretta da migliaia di accoppiamenti.
Non solo: i viaggi psichedelici modificano le relazioni interpersonali in modi imprevisti, dando vita a nuove attrazioni e repulsioni, il che non fa che sottolineare nuovamente l'importanza della pianificazione (vedere il secondo punto). Per sua stessa ammissione, all'epoca Leary era troppo calato nei panni dello scienziato per comprendere davvero la natura divina del rapporto fra maschile e femminile, non era in grado di gestire il turbamento provocato dal potenziale sessuale delle droghe e non lo fu perlomeno fino al 1964, ovvero fino a quando la sua vita non cambiò definitivamente il proprio corso. Torneremo a occuparci di questo e altri aspetti in futuro, quando parleremo di un'altra opera cardine di Leary: " The politics of ecstasy".


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