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Orrori s-velati.

Da Suddegenere

Orrori s-velati.“La donna crocifissa” di Maurizio Cattelan

Il Corriere della Calabria, nel suo numero 3 del 7 luglio 2011, sceglie di pubblicare un approfondimento sulla vicenda processuale di padre Fedele Bisceglia, evidentemente mandato in stampa prima del verdetto del Tribunale. Non solo la tempistica è inopportuna, quanto  - dopo uno spazio a cura di Mirella Molinaro dal titolo “Ecco perchè la suora ha detto la verità”-  fa orrore leggere un lungo commento di Pablo Petrasso che, dal punto di vista della “difesa”, ritiene di poter scardinare l’accusa puntando sull’ attendibilità della suora.

Nell’articolo di Petrasso si parte dalla constatazione di una serie di “perplessità” definite “diffuse” circa la possibilità che stupri brutali e violenze di tali gravità si siano consumate nell’Oasi nella totale inconsapevolezza altrui; ci si chiede come abbia fatto la suora a scegliere di non abbandonare la struttura francescana dopo essere stata stuparata ["Puo' bastare la sola regola dell'obbedienza a giustificarlo?" pag.38]; si tira in ballo “un’indagine e qualche mistero”; e si traccia, a cura del legale, il santo profilo di padre Fedele.

Ma a riportarmi inesorabilmente ai tempi ed ai modi di processo per stupro è questo passaggio [dal Corriere pag. 38]: “Le parole dell’accusatrice contro quelle del frate. E’ cosi’ fin dalle indagini preliminari. E l’avvocato non puo’ che sottolinearlo “Padre Fedele era conosciuto da quanti sono i suoi anni di sacerdozio:47.E in 47 anni mai si è avuta notizia di violenze o di situazioni che potessero far presumere la veridicità del racconto della suora.Fedele è uno dei personaggi che rappresentano la città di Cosenza, se è vero che negli ultimi 15 anni ha avuto la cittadinanza onoraria, ha rifiutato la carica di vescovo per stare vicino ai poveri, ha avuto il titolo di cavaliere del presidente della Repubblica e di esperto di problemi dell’immigrazione dal presidente della Regione Calabria.Un curriculum importante rispetto a quello della persona che lo accusa, che, con tutto il rispetto, annovera, ad oggi, un ingresso nella vita monastica che risale ad otto anni fa e all’epoca in cui si trovava all’Oasi era di appena un anno“”. 

Piu’ che da padre Fedele, mi piacerebbe che la città di Cosenza si sentisse rappresentata dal Centro Lanzino, e dalle parole del comunicato che segue.

Ricevo e condivido :

  “”COMUNICATO STAMPA

E’ con l’immagine di Francesco Bisceglia con la bianca veste, sulle scale del Tribunale di Cosenza che urla rivolgendosi minacciosamente alle suore, esortandole a vergognarsi e a pentirsi, che oggi 6 Luglio 2011 alle ore 14 vogliamo commentare la sentenza.

Con la soddisfazione di chi ha creduto nelle verità denunciate dalla suora affermiamo che è stata resa giustizia e la sentenza di condanna a 9 anni e 3 mesi a Francesco  Bisceglia e 6 anni e tre mesi ad Antonio Gaudio deve necessariamente contribuire a restituire equilibrio e misura ad una città tutta che durante questi lunghi 5 anni troppe volte ha abusato della dignità della religiosa e di quanti a lei si sono affiancati per sostenerla.

In primo luogo noi, donne del Centro antiviolenza “Roberta Lanzino”, che abbiamo vissuto il difficile percorso giudiziario al suo fianco subendo l’onta dei media e di una comunità ancorata alla figura istrionica e narcisistica di un uomo che ancora oggi, a sentenza emessa, ha continuato ad offendere. Su questo continueremo a vigilare attente a che ad altre donne non accada quello che è già accaduto, pronte a prevenire e a denunciare qualsiasi altro atto lesivo della nostra dignità.

Oggi si scrive una pagina importante per la giustizia italiana: il Tribunale di Cosenza ha aperto una fase nuova che impone ad una città arroccata, durante questi anni, a facili giudizi assolutori in nome della virtuosità e dell’opera meritoria a sostegno dei più deboli,  che di certo non riducono né scalfiscono la gravità dei fatti per i quali Bisceglia è stato condannato.

Accogliendo con soddisfazione la sentenza non ci esimiamo dal riflettere sul fatto che la ricerca di legalità sia emersa all’interno di un’aula di Tribunale più di quanto non abbia saputo esprimere la società civile cosentina e la stampa.

Cosenza 6 luglio 2011 Centro antiviolenza “Roberta Lanzino” “”

                         


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