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Oscar Wilde – Il ritratto di Dorian Gray 1

Creato il 14 agosto 2012 da Marvigar4

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Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray
Traduzione dall’originale inglese The Picture of Dorian Gray
di Marco Vignolo Gargini

PREFAZIONE

L’artista è il creatore di cose belle.

Rivelare l’arte e nascondere l’artista è lo scopo dell’arte.

Il critico è colui che può tradurre in un’altra maniera o in una maniera diversa la propria impressione delle cose belle.

La più alta, come la più bassa, forma di critica è una sorta di autobiografia.

Coloro che trovano brutti significati nelle cose belle sono corrotti senza essere affascinanti. Questa è una colpa.

Coloro che trovano significati belli nelle cose belle sono i  raffinati. Per questi c’è speranza.

Essi sono gli eletti per i quali le cose belle significano soltanto la Bellezza.

Non esiste un libro morale o immorale. I libri sono scritti bene o male. Questo è tutto.

L’avversione del diciannovesimo secolo per il Realismo è la rabbia di Calibano che vede la propria faccia in uno specchio.

L’avversione del diciannovesimo secolo per il Romanticismo è la rabbia di Calibano che non vede la propria faccia in uno specchio.

La vita morale dell’uomo fa parte della materia dell’artista, ma la moralità dell’arte consiste nell’uso perfetto di un mezzo imperfetto. Nessun artista desidera provare alcunché. Perfino le cose che sono vere possono essere provate.

Nessun artista ha simpatie etiche. Una simpatia etica in un artista è un imperdonabile manierismo di stile.

Nessun artista è morboso. L’artista può esprimere tutto.

Il pensiero e il linguaggio sono per l’artista gli strumenti di un’arte.

Il vizio e la virtù sono per l’artista materiali per un’arte.

Dal punto di vista della forma, il simbolo di tutte le arti è l’arte del musicista. Dal punto di vista del sentimento, il simbolo è la professione dell’attore.

Tutta l’arte è a un tempo superficie e simbolo.

Quelli che vanno sotto la superficie lo fanno a proprio rischio.

Quelli che leggono il simbolo lo fanno a proprio rischio.

È lo spettatore, e non la vita, che l’arte realmente rispecchia.

La diversità di opinione su di un’opera d’arte dimostra che l’opera è nuova, complessa e vitale.

Quando il critico disapprova l’artista è in accordo con se stesso.

Noi possiamo perdonare a un uomo di fare una cosa che miri all’utile finché non l’ammira. L’unica scusa per fare una cosa che non miri all’utile è che la si ammiri intensamente.

Tutta l’arte è completamente inutile.

Capitolo I

   Lo studio era invaso dall’odore intenso delle rose e quando la brezza estiva s’alzava tra gli alberi del giardino penetrava dalla porta aperta la forte fragranza del lillà, o il più delicato profumo del roseo rovo in fiore.
   Dall’angolo del divano rivestito di bisacce persiane su cui era disteso, fumando, com’era suo solito, innumerevoli sigarette, Lord Henry Wotton poteva appena cogliere il luccichio dei fiori dolci e colorati come il miele di un laburno, i cui rami tremolanti sembravano sopportare appena il fardello di una bellezza così fiammeggiante; e di tanto in tanto le fantastiche ombre degli uccelli in volo filtravano tra le lunghe tende di seta tussorina tese davanti all’enorme finestra, producendo una sorta di momentaneo effetto giapponese, e facendolo pensare a quei pallidi pittori dai volti di giada di Tokyo che, per mezzo di un’arte che è necessariamente immobile, cercano di comunicare il senso della rapidità e del movimento. Il tetro mormorio delle api che si facevano strada tra l’erba alta non falciata, o si aggiravano con monotona insistenza intorno ai polverosi ciuffi dorati dell’arruffato caprifoglio, pareva rendere quella calma immobile più opprimente. Il rombo fioco di Londra era come la nota di bordone di un organo lontano.
   Al centro della stanza, fissato in verticale a un cavalletto, campeggiava il ritratto a figura intera di un giovane di straordinaria avvenenza, e di fronte, un poco più in là, sedeva l’artista stesso, Basil Hallward, la cui improvvisa scomparsa alcuni anni fa eccitò tanto, all’epoca, l’opinione pubblica e diede adito a molte strane congetture.
Mentre il pittore contemplava la forma graziosa e attraente che aveva così abilmente rispecchiato nella sua arte, un sorriso di piacere passò sul suo viso e sembrò quasi indugiarvi. Ma improvvisamente si alzò e, chiudendo gli occhi, mise le dita sulle palpebre, come a cercare di imprigionare nella sua mente qualche strano sogno dal quale temeva di svegliarsi.
   «È il tuo miglior lavoro, Basil, la cosa migliore che tu abbia mai fatto» disse Lord Henry languidamente. «Il prossimo anno la devi mandare senz’altro alla Grosvenor [1]. L’Academy è troppo grande e troppo volgare. Ogni volta che sono andato lì, o c’era tanta di quella gente che non riuscivo a vedere il quadri, il che è terribile, o tanti di quei quadri che non riuscivo a vedere la gente, il che è peggio. La Grosvenor è davvero l’unico posto.»
«Penso che non la manderò in nessun posto» rispose, gettando indietro il capo in quel modo bizzarro che a Oxford gli procurava sempre le prese in giro dei suoi compagni. «No, non la manderò in nessun posto.»
   Lord Henry alzò le sopracciglia e lo guardò con stupore attraverso i sottili anelli bluastri di fumo che si arricciavano su in fantasiose volute dalla sua sigaretta fortemente oppiata. «In nessuno posto? Mio caro, perché? Hai una ragione? Che strani tipi siete voi pittori! Fate di tutto per avere un nome. Appena lo avete, sembra che vogliate buttarlo via. È stupido da parte vostra, perché c’è una sola cosa al mondo peggiore dell’essere discussi, ed è il non essere discussi. Un ritratto come questo ti innalzerebbe al di sopra di tutti i giovani d’Inghilterra, e farebbe morire di gelosia i vecchi, se i vecchi sono ancora capaci di qualche emozione.»
   «So che riderai di me» replicò, «ma non posso proprio esporlo. Ci ho messo troppo di me dentro.»
   Lord Henry si stirò sul divano e rise.
   «Sì, sapevo che avresti riso; eppure è vero.»
   «Troppo di te! Parola mia, Basil, non sapevo tu fossi così vanitoso; e davvero non riesco a scorgere alcuna somiglianza tra te, con la tua faccia dura e forte e i tuoi capelli neri come il carbone, e questo giovane Adone, che pare fatto d’avorio e petali di rosa.  Perché, mio caro Basil, lui è un Narciso, e tu… beh, naturalmente hai un’espressione intellettuale e tutto il resto. Ma la bellezza, la vera bellezza, finisce là dove inizia un’espressione intellettuale. L’intelletto è in sé un mezzo di esagerazione, e distrugge l’armonia di ogni volto. Dal momento in cui ci si siede a pensare, si diventa tutto naso, o tutta fronte, o qualcosa di orrido. Guarda gli uomini di successo in qualsiasi professione dotta. Come sono perfettamente odiosi! Eccetto, ovviamente, nella Chiesa. Ma nella Chiesa non pensano. Un vescovo continua a dire all’età di ottant’anni quello che gli hanno insegnato quand’era un ragazzo di diciotto, e come naturale conseguenza ha sempre l’aspetto assolutamente piacevole. Il tuo misterioso giovane amico, il cui nome non mi hai mai detto, ma il cui ritratto mi affascina veramente, non pensa mai. Sono proprio sicuro di questo. È una creatura bellissima senza cervello che dovrebbe star sempre qui d’inverno quando non abbiamo fiori da ammirare, e dovrebbe star sempre qui d’estate quando vogliamo qualcosa che rinfreschi la nostra intelligenza. Non esaltarti, Basil: non gli assomigli per niente.»
   «Tu non mi capisci, Harry» rispose l’artista. «Ovviamente non gli somiglio. Lo so perfettamente. A dire il vero, mi dispiacerebbe somigliargli. Fai spallucce? Ti sto dicendo la verità. C’è una fatalità su ogni distinzione fisica e intellettuale, la specie di fatalità che nella storia sembra perseguitare i passi incerti dei re. È meglio non essere diversi dai propri simili. I brutti e gli stupidi hanno la meglio in questo mondo. Possono sedersi agiatamente and guardare a bocca aperta il gioco. Se non sanno niente della vittoria, perlomeno si sono risparmiati la cognizione della disfatta. Vivono come dovremmo vivere tutti – impassibili, indifferenti, e senza affanni. Né portano rovina agli altri, né la ricevono dalle mani altrui. Il tuo rango e la tua ricchezza, Harry; il mio cervello, per ciò che è – la mia arte, per quanto possa valere; la bellezza di Dorian Gray – noi tutti soffriremo per quello che gli dèi c’hanno dato, soffriremo terribilmente.»
   «Dorian Gray? È questo il suo nome?» chiese Lord Henry, attraversando lo studio verso Basil Hallward.
   «Sì, si chiama così. Non avevo intenzione di dirtelo.»
   «Ma perché no?»
   «Oh, non so spiegarlo. Quando qualcuno mi piace immensamente, non dico mai a nessuno il suo nome. È come cedere una sua parte. Ho imparato ad amare la segretezza. Pare sia l’unica cosa che può renderci la vita moderna misteriosa o meravigliosa. La cosa più comune diviene deliziosa se la si nasconde. Quando lascio la città ora non dico mai a nessuno dove vado. Se lo facessi, perderei tutto il mio piacere. È un’abitudine stupida, credo, ma delle volte sembra portare una bella ventata di avventura nella vita. Al riguardo, suppongo tu pensi che io sia terribilmente sciocco?»
   «Niente affatto» rispose Lord Henry, «niente affatto, mio caro Basil. A quanto pare dimentichi che sono sposato e che l’unico fascino del matrimonio è quello di rendere assolutamente necessaria una vita di inganni per tutte e due le parti. Non so mai dov’è mia moglie, e mia moglie non sa mai ciò che faccio. Quando ci vediamo – ci vediamo ogni tanto, quando pranziamo fuori, o andiamo dal Duca – ci raccontiamo le storie più assurde con le facce più serie. Mia moglie è molto brava in questo – in realtà, molto più brava di me. Non si confonde mai con le date, e io lo faccio sempre. Ma se mi prende in castagna, non fa mai scenate. Delle volte vorrei le facesse; ma lei si limita a canzonarmi.»
   «Odio il modo in cui parli della tua vita matrimoniale, Harry» disse Basil Hallward, andando verso la porta che dava sul giardino. «Io credo che tu sia davvero un ottimo marito, ma ti vergogni da morire delle tue virtù. Sei un tipo straordinario. Non dici mai una cosa morale, e non fai mai una cosa sbagliata. Il tuo cinismo è semplicemente una posa.»
   «Essere naturali è semplicemente una posa, e la più irritante che conosco» esclamò Lord Henry ridendo; e i due giovani uscirono insieme nel giardino e sprofondarono in una lunga panchina di bambù all’ombra di un alto alloro. la luce del sole scivolava sulle foglie lucide. Nell’erba tremolavano le margherite bianche.
   Dopo una pausa, Lord Henry tirò fuori l’orologio. «Temo di dover andare, Basil» mormorò, «e prima d’andare, insisto perché tu risponda a una domanda che ti ho fatto poco fa.»
   «Quale?» disse il pittore con gli occhi fissi a terra.
   «Lo sai perfettamente.»
   «No, Harry.»
   «Bene, te la ripeto. Voglio che tu mi spieghi perché non vuoi esporre il ritratto di Dorian Gray. Voglio la vera ragione.»
   «Te l’ho detta.»
   «No, non l’hai detta. Hai detto che ci hai messo troppo di te dentro. Beh, è puerile.»
   «Harry,» disse Basil Hallward, guardandolo dritto in faccia, «ogni ritratto che è dipinto con sentimento è un ritratto dell’artista, non del modello. Il modello è soltanto il caso, l’occasione. Non è lui ad essere rivelato dal pittore; è piuttosto il pittore che, sulla tela dipinta, rivela se stesso. Il motivo per cui non voglio esporre questo quadro è che temo d’aver mostrato in esso il segreto della mia anima.»
   Lord Henry rise. «E qual è il segreto?» domandò.
   «Te lo dirò» disse Hallward; ma un’espressione di perplessità apparve sul suo viso.
   «Sono tutto orecchi, Basil» continuò il suo compagno, lanciandogli uno sguardo.
   «Oh, veramente c’è pochissimo da dire, Harry,» rispose il pittore; «e ho paura che lo capirai appena. Forse a stento ci crederai.»
   Lord Henry sorrise e, chinandosi, raccolse una margherita dai petali rosa dall’erba e la esaminò. «Sono sicurissimo di capire,» replicò, fissando intensamente il piccolo disco dorato dalle piume bianche, «e quanto a credere, io posso credere a tutto, a condizione che sia del tutto incredibile.»
   Il vento scosse dei fiori dagli alberi e i pesanti lillà, con i loro graspi di stelle, si mossero su e giù nell’aria languida. Una cavalletta iniziò a stridere vicino al muro e, simile a un filo blu, una lunga sottile libellula fluttuò sulle sue brune ali di garza. Lord Henry ebbe la sensazione di poter udire il battito del cuore di Basil Hallward, e si chiese cosa stava accadendo.
   «La storia è semplicemente questa,» disse il pittore dopo un po’. «Due mesi fa andai a un ricevimento a casa di Lady Brandon. Tu sai che noi poveri artisti dobbiamo mostrarci di tanto in tanto in società, giusto per rammentare al pubblico che non siamo selvaggi. Con un abito da sera e una cravatta bianca, come mi dicesti tu una volta, chiunque, persino un agente di cambio, può farsi una reputazione di civiltà. Bene, dopo circa dieci minuti che ero nella sala, chiacchierando con enormi matrone troppo vestite e tediosi accademici, all’improvviso mi resi conto che qualcuno mi stava guardando. Io mi girai su un fianco e vidi Dorian Gray per la prima volta.
   Quando i nostri occhi si incontrarono mi sentii impallidire. Una curiosa sensazione di terrore mi colse. Io sapevo di essermi imbattuto viso a viso con qualcuno la cui semplice personalità era così affascinante che, se lo avessi permesso, avrebbe assorbito la mia intera natura, la mia anima intera, tutta la mia stessa arte. Non volevo nessuna influenza esterna nella mia vita. Tu sai, Harry, quanto sono indipendente per natura. Sono sempre stato il padrone di me stesso; almeno lo sono stato sempre, fino al giorno in cui incontrai Dorian Gray. Allora… ma non so come spiegartelo.
   Qualcosa sembrò comunicarmi che ero sull’orlo di una terribile crisi nella mia vita. Provai lo strano presentimento che il fato aveva in serbo per me gioie squisite e squisiti dolori. Mi montò la paura e mi voltai per lasciare la sala. Non era la coscienza a farmi agire così: era una specie di vigliaccheria. Non lo considero un merito l’aver tentato di scappare.»
   «La coscienza e la vigliaccheria sono in verità la stessa cosa, Basil. La coscienza è il marchio depositato della ditta. Ecco tutto.»
   «Non ci credo, Harry, e secondo me nemmeno tu ci credi. Comunque, qualunque fosse il mio motivo – e può essere stato l’orgoglio, perché sono sempre stato molto orgoglioso – di sicuro mi feci largo e mi diressi verso la porta. Là, naturalmente, inciampai in Lady Brandon. “Non avrà mica intenzione di andar via così presto, Mr. Hallward?” strillò. Hai in mente la sua voce stridula?»
   «Sì, è un pavone in tutto fuorché nella bellezza,» disse Lord Henry, facendo a pezzettini la margherita con le sue lunghe dita nervose.
   «Non riuscii a sbarazzarmi di lei. Mi presentò a membri della famiglia reale e a persone con stelle e giarrettiere, e a vecchie signore con gigantesche tiare e nasi a pappagallo. Parlava di me come fossi il suo più caro amico. L’avevo incontrata una volta soltanto prima di allora, ma s’era ficcata in testa di trattarmi come una celebrità. Io credo che alcuni miei quadri avevano avuto un gran successo all’epoca, almeno se n’era parlato sui giornali da un penny, il che è nel diciannovesimo secolo è la misura dell’immortalità. Improvvisamente mi trovai faccia a faccia con il giovane la cui personalità mi aveva così stranamente rimescolato. Eravamo così vicino che quasi ci toccavamo. I nostri occhi s’incontrarono di nuovo. Fu avventato da parte mia, ma chiesi a Lady Brandon di presentarmi a lui. Forse non fu così avventato, dopo tutto. Era semplicemente inevitabile. Ci saremmo parlati senza alcuna presentazione. Ne sono sicuro. Dorian me lo disse dopo. Anche lui sentiva che eravamo destinati a conoscerci.»
   «E come descrisse Lady Brandon questo meraviglioso giovane?» chiese il suo compagno. «So che ha una passione a dare un rapido precis di tutti i suoi ospiti. Ricordo che una volta mi portò da un vecchio gentleman truculento e dal viso rubizzo tutto coperto di ordini e nastri, e sibilava all’orecchio, con un tragico bisbiglio che doveva essere perfettamente udibile a tutti nel salone, I dettagli più stupefacenti. Io semplicemente me la squagliai. Mi piace scoprire da solo le persone. Ma Lady Brandon tratta i suoi ospiti come un banditore tratta le sue merci. O ti spiccica vita, morte e miracoli, o ti racconta tutto salvo quello che vuoi sapere.»
   «Povera Lady Brandon! Sei duro con lei, Harry!» disse Hallward apaticamente.
   «Mio caro, ha cercato di creare un salon ed è riuscita solo ad aprire un saloon. Come potrei ammirarla? Ma dimmi, cosa disse di Dorian Gray?»
   «Oh, qualcosa tipo “Affascinante ragazzo… la sua povera cara mamma e io eravamo assolutamente inseparabili. Non ricordo proprio che cosa fa… temo che… non faccia niente… oh, sì, suona il piano… o il violino, caro Mr. Gray?” Nessuno dei due poté fare a meno di ridere, e diventammo subito amici.»
   «La risata non è affatto un brutto inizio per un’amicizia, e ne è la migliore conclusione» disse il giovane Lord, cogliendo un’altra margherita.
   Hallward scosse la testa. «Non capisci che cosa sia l’amicizia, Harry,» mormorò «o cosa sia l’inimicizia, al riguardo. A te piacciono tutti; il che equivale a dire che sei indifferente a tutti.»
   «Com’è orribilmente ingiusto da parte tua!» esclamò Lord Henry, volgendo all’indietro il cappello e guardando le piccole nuvole che, come matasse arruffate di lucida seta bianca, andavano alla deriva nel concavo turchese del cielo estivo. «Sì; orribilmente ingiusto da parte tua. Io faccio una gran differenza tra le persone. Scelgo I miei amici per il loro bell’aspetto, le mie conoscenza per il loro buon carattere, e i miei nemici per il loro buon intelletto. Un uomo non è mai troppo attento nella scelta dei suoi nemici. Io non ne ho nessuno che sia stupido. Sono tutti uomini di una qualche capacità intellettuale, e di conseguenza mi apprezzano tutti. È molto vanitoso da parte mia? Penso lo sia proprio.»
   «Direi che lo è, Harry. Ma, secondo la tua categoria, io dovrei essere soltanto una conoscenza.»
   «Mio caro vecchio Basil, tu sei molto più che una conoscenza.»
   «E molto meno di un amico. Una sorta di fratello, suppongo?»
   «Oh, i fratelli! Non m’importa dei fratelli. Il mio fratello maggiore non ne vuol sapere di morire e i miei fratelli minori pare non facciano altro.»
   «Harry!» esclamò Hallward, aggrottando le sopracciglia.
   «Mio caro amico, non sono affatto serio. Ma, non posso fare a meno di detestare i miei parenti. Penso che derivi dal fatto che nessuno di noi può sopportare chi ha i nostri stessi difetti. Simpatizzo molto con la rabbia dei democratici inglesi contro quelli che chiamano i vizi delle classi superiori. Le masse sentono che l’ubriachezza, la stupidità e l’immoralità dovrebbero essere un loro appannaggio, e che, se uno di noi fa l’asino, sta cacciando di frodo nelle loro riserve. Quando il povero Southwark andò nella Corte dei Divorzi, la loro indignazione fu proprio magnifica. Eppure non credo che il dieci per cento del proletariato viva correttamente.»
   «Non condivido una singola parola che hai detto, e, quel che più conta, Harry, sono sicuro che nemmeno tu la condividi.»
   Lord Henry accarezzò la sua aguzza barba bruna e batté la punta della scarpa di vernice con il bastoncino intarsiato d’avorio. «Come sei inglese, Basil! È la seconda volta che fai la stessa osservazione. Se sottoponi un’idea a un vero inglese – il che è sempre avventato – non si sogna mai di considerare se l’idea sia giusta o sbagliata. L’unica cosa che considera di
alcuna rilevanza è se ci si crede o meno. Ora, la validità di un’idea non ha proprio niente a che fare con la sincerità di chi la esprime. Anzi, la probabilità è che più insincero sia l’uomo, più puramente intellettuale sarà l’idea, visto che in questo caso non sarà colorata dai suoi bisogni, desideri, o pregiudizi. Tuttavia, non ho intenzione di discutere con te di politica, sociologia, o metafisica. Preferisco le persone ai principi, e mi piacciono più di ogni altra cosa al mondo le persone senza principi. Parlami ancora di Dorian Gray. Lo vedi spesso?»
   «Tutti i giorni. Non potrei essere felice se non lo vedessi tutti i giorni. Mi è assolutamente necessario.»
   «Che straordinario! Io credevo che non ti saresti mai interessato d’altro che della tua arte.»
   «Adesso lui è per me tutta la mia arte,» disse il pittore con gravità. «Delle volte, Harry, penso che ci siano solo due ere di una qualche importanza nella storia del mondo. La prima è l’apparizione di un nuovo mezzo per l’arte, e la seconda è l’apparizione di una nuova personalità artistica. Ciò che fu l’invenzione della pittura a olio per i veneziani, fu il volto di Antinoo per la tarda scultura greca, e un giorno sarà per me il volto di Dorian Gray. Non è soltanto il fatto che da lui traggo la pittura, il disegno, lo schizzo. Naturalmente, ho tratto tutto questo. Ma per me lui è molto di più di un modello. Non voglio dirti che non sono soddisfatto di ciò che ho fatto di lui, o che la sua bellezza è tale che l’arte non può esprimerla. Non c’è niente che l’arte non possa esprimere, e io so che l’opera che ho realizzato, da quando incontrai Dorian Gray, è buona, è la migliore della mia vita. Ma in un modo curioso – mi chiedo, mi capirai? – la sua personalità ha suggerito a me una maniera interamente nuova nell’arte, un umore stilistico interamente nuovo. Vedo le cose diversamente, le penso diversamente. Ora io posso ricreare la vita in un modo che prima mi era oscuro. “Un sogno di forma in giorni di pensiero”… chi lo ha detto? Non ricordo; ma è ciò che Dorian Gray è stato per me. Solo la presenza visibile di questo ragazzo – perché mi sembra poco più di un ragazzo, anche se ha superato i vent’anni – mi domando, ti rendi conto di tutto quello che significa? Inconsciamente lui traccia per me le linee di una scuola nuova, una scuola che ha in sé tutta la passione dello spirito romantico, tutta la perfezione dello spirito greco. L’armonia dell’anima e del corpo – quanto vale! Noi nella nostra follia abbiamo separato le due cose e abbiamo inventato un realismo che è volgare, un idealismo che è vuoto. Harry! Se sapessi che cos’è per me Dorian Gray! Ricordi quel mio paesaggio, per il quale Agnew [2] mi offrì un prezzo così alto, ma dal quale non volli separarmi? È una delle migliori opere che ho fatto. E perché? Perché mentre lo dipingevo, Dorian Gray sedeva accanto a me. Una sottile influenza passava da lui a me e per la prima volta nella mia vita vidi nella scialba boscaglia la meraviglia che avevo sempre cercato e sempre mancato.»
   «Basil, questo è straordinario! Io devo vedere Dorian Gray.»
Hallward si alzò up dalla panchina e passeggiò su e giù per il giardino. Dopo un po’ tornò. «Harry,» disse, «Dorian Gray è per me semplicemente un motivo d’arte. Tu non potresti vedere nulla in lui. Io vedo tutto in lui. Non è mai tanto presento nella mia opera di quando non c’è nessuna immagine sua. Come ti ho detto, è un suggerimento di una nuova maniera.
Io lo trovo nelle curve di certe linee, nella grazia e sottigliezza di certi colori. Ecco tutto.»
   «Allora perché non vuoi esporre il suo ritratto?» chiese Lord Henry.
   «Perché, senza intenzione, vi ho messo un’espressione di tutta questa curiosa idolatria artistica, della quale, naturalmente, non mi è mai importato di parlargliene. Lui non ne sa nulla. Non ne saprà mai nulla. Ma il mondo potrebbe indovinarla, e io non voglio denudare la mia anima davanti agli occhi superficiali e indiscreti del mondo. Il mio cuore non sarà mai messo sotto il suo microscopio. C’è troppo di me in quel ritratto, Harry – troppo di me!»
   «I poeti non sono così scrupolosi come lo sei tu. Sanno come sia utile la passione per la pubblicazione. Oggi un cuore infranto fa molte edizioni.»
   «Per questo li odio,» sbottò Hallward. «Un artista dovrebbe creare cose belle, ma non dovrebbe mettere niente della sua vita in esse. Viviamo in un’epoca in cui gli uomini trattano l’arte come se fosse una forma di autobiografia. Abbiamo perso il senso astratto della bellezza. Un giorno io mostrerò al mondo che cos’è; e per questa ragione il mondo non vedrà mai il mio ritratto di Dorian Gray.»
   «Credo che tu sbagli, Basil, ma non voglio discutere con te. Solo chi è intellettualmente perduto che discute sempre. Dimmi, Dorian Gray ti vuole molto bene?»
   Il pittore per qualche momento rifletté. «Gli piaccio,» rispose dopo una pausa; «So che gli piaccio. Naturalmente lo blandisco tantissimo. Trovo uno strano piacere nel dirgli cose che mi dispiacerà aver detto. Di solito, lui è incantevole con me, e stiamo seduti nello studio a parlare di mille cose. ogni tanto, tuttavia, è orribilmente sconsiderato, e sembra provare un vero piacere nel farmi soffrire. Allora sento, Harry, di aver dato tutta la mia anima a qualcuno che la tratta come se fosse un fiore da mettere all’occhiello, una decorazione che incanti la sua vanità, un ornamento per un giorno d’estate.»
   «I giorni d’estate, Basil, tendono a indugiare,» mormorò Lord Henry. «Forse ti stancherai prima di lui. È triste pensarlo, ma non v’è dubbio che il genio duri più della bellezza. Questo spiega il fatto che noi tutti ci diamo tanta pena per la nostra eccessiva educazione. Nella lotta selvaggia per l’esistenza, vogliamo avere qualcosa che resista, e così riempiamo le nostre menti di sciocchezze e fatti, nella stupida speranza di conservare il nostro posto. L’uomo informato di tutto e su tutto – questo è l’ideale moderno. E la mente dell’uomo informato di tutto e su tutto è una cosa orribile. È come un negozio di bric-a-brac, tutto mostri e polvere, con ogni oggetto che ha il prezzo superiore al suo valore. Eppure, credo che sarai tu a stancarti per primo. Un giorno guarderai il tuo amico e ti sembrerà un po’ mal disegnato, o non ti piacerà il tono del suo colore, o altro. In cuor tuo lo rimproverai amaramente, e seriamente penserai che s’è comportato molto male con te. la prossima volta che verrà, sarai del tutto freddo e indifferente. Sarà un grande peccato, perché questo ti altererà. Ciò che mi hai detto è alquanto romanzesco, lo si potrebbe chiamare un romanzo
d’arte, e il peggio di un romanzo d’ogni specie è che ci lascia così per niente romantici.»
   «Ah, mio caro Basil, è esattamente il perché io posso sentirlo. Quelli che sono fedeli conoscono solo il lato triviale dell’amore: è l’infedele che conosce le tragedie dell’amore.» E Lord Henry strofinò un fiammifero su un elegante astuccio d’argento, iniziando a fumare una sigaretta con un’aria consapevole e soddisfatta, come se avesse riassunto il mondo in una frase. C’era un fruscio di passeri tra le foglie laccate di verde dell’edera, e le ombre azzurre delle nubi si davano la caccia sull’erba come rondini. Come si stava bene in giardino! E com’erano deliziose le emozioni degli altri! – molto di più delle loro idée, gli sembrava. La sua propria anima, e le passioni degli amici – queste erano le cose affascinanti nella vita. si figurò con silenzioso godimento il noioso pranzo che aveva perduto trattenendosi così a lungo con Basil Hallward. Se fosse andato da sua zia, là avrebbe di sicuro incontrato Lord Goodbody, e l’intera conversazione sarebbe stata sul dar da mangiare ai poveri e sulla necessità di case modello. Ognuno avrebbe predicato l’importanza di quelle virtù, che non era necessario esercitare nella propria vita. I ricchi avrebbero parlato del valore della parsimonia, e i pigri sarebbero stati eloquenti sulla dignità del lavoro. Che piacere essere sfuggito a tutto ciò! Mentre pensava a sua zia, un’idea
sembrò colpirlo. Si voltò verso Hallward e disse: «Mio caro amico, ora ricordo.»
   «Sono proprio contento che tu non l’abbia saputo, Harry.»
   «Perché?»
   «Non voglio che tu lo conosca.»
   «Non vuoi che lo conosca?»
   «No.»
   «Il signor Dorian Gray è nello studio, signore,» disse il maggiordomo, venendo dal giardino.
   «Adesso dovrai presentarmelo» esclamò ridendo Lord Henry.
Il pittore si voltò verso il domestico, che stava in piedi sbattendo le palpebre sotto il sole. «Chiedi al signor Gray di attendere, Parker: sarò lì a momenti.» l’uomo s’inchinò e risalì il vialetto.
   Poi guardò Lord Henry. «Dorian Gray è il mio più caro amico,» disse. «Ha una natura semplice e bella. Tua zia aveva proprio ragione in quello che ha detto di lui. Non rovinarlo. Non cercare di influenzarlo. La tua influenza sarebbe cattiva. Il mondo è grande e pieno di persone meravigliose. Non portarmi via l’unica persona che dà alla mia arte tutto il fascino che possiede: la mia vita d’artista dipende da lui. Ricorda, Harry, mi fido di te.»
   Parlò molto adagio, e le parole sembravano uscirgli quasi controvoglia.
   «Che sciocchezze dici!» disse Lord Henry sorridendo e, preso Hallward per un braccio, quasi lo trascinò dentro casa.

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[1] Grosvenor Gallery, la galleria d’arte di Londra specializzata nelle mostre dei pittori moderni d’avanguardia. La Royal Academy, citata subito dopo, invece era l’altra galleria più tradizionalista.

[2] Sir Henry Agnew (1825-1910), famoso mercante d’arte.



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