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Oscar Wilde – L’anima dell’Uomo sotto il Socialismo X

Creato il 03 agosto 2014 da Marvigar4

L'Anima dell'Uomo sotto il socialismo

OSCAR WILDE

L’ANIMA DELL’UOMO SOTTO IL SOCIALISMO

Titolo originale: The Soul of Man under Socialism

Traduzione dall’originale in inglese di Marco Vignolo Gargini

Invero, c’è molto più da dire in favore della forza fisica del pubblico che in favore dell’opinione pubblica. La prima può essere buona. La seconda deve essere stupida. Si dice spesso che la forza non è un argomento. Il che, tuttavia, dipende interamente da ciò che si vuole provare. Molti dei problemi più importanti degli ultimi pochi secoli, come la prosecuzione del governo personale in Inghilterra o del feudalesimo in Francia, sono stati risolti soltanto con l’impiego della forza fisica. La violenza stessa della rivoluzione può rendere il pubblico grandioso e splendido per un momento. Fu un giorno fatale, quello in cui il pubblico scoprì che la penna è più potente delle pietre e che può essere offensiva come i mattoni. Subito si è messo in cerca del giornalista, lo ha trovato, sviluppato e trasformato nel suo industrioso e ben pagato servitore. C’è davvero da dolersene, per il bene di entrambi. Dietro le barricate può esserci molto di nobile ed eroico. Ma cosa c’è dietro l’articolo di fondo se non pregiudizi, stupidità, pregiudizi, ipocrisia e chiacchiere? E quando questi quattro elementi si uniscono danno luogo a una forza tremenda e costituiscono la nuova autorità.

Nei vecchi tempi gli uomini avevano la greppia. Oggi hanno la stampa. È certamente un miglioramento. Ma è tuttora una cosa molto cattiva e sbagliata e demoralizzante. Qualcuno – era Burke? – definì il giornalismo il quarto stato. All’epoca era vero, non c’è dubbio. Ma ai giorni nostri è davvero il solo stato. Ha divorato gli altri tre. I Lords temporali non dicono niente, i Lords spirituali non hanno niente da dire, e la Camera dei Comuni non ha niente da dire e lo dice. Siamo dominati dal giornalismo. In America il presidente regna per quattro anni e il giornalismo governa sempre e per sempre. Fortunatamente in America il giornalismo ha spinto la sua autorità agli estremi più volgari e brutali. Come conseguenza naturale ha cominciato a provocare uno spirito di rivolta. La gente ne è divertita o disgustata, a seconda del temperamento. Ma il giornalismo non è più quella vera forza che era. Non è preso sul serio. In Inghilterra il giornalismo, non avendo raggiunto, tranne pochi esempi ben noti, simili eccessi di brutalità, è tuttora un fattore rilevante, un potere davvero considerevole. La tirannia che esso propone di esercitare sulla vita privata della gente mi sembra davvero straordinaria. Il fatto è che il pubblico ha una curiosità insaziabile di conoscere tutto, tranne ciò che vale la pena di conoscere. Il giornalismo, conscio di questo e avendo un attitudine commerciale, soddisfa queste esigenze. Nei secoli precedenti al nostro il pubblico inchiodava le orecchie i giornalisti alla gogna. Era una cosa veramente odiosa. In questo secolo i giornalisti hanno inchiodato le proprie orecchie al buco della serratura. Questo è molto peggio. E quel che aggrava il danno è il fatto che i giornalisti che sono più da biasimare non sono quelli divertenti che scrivono per i cosiddetti giornali mondani. Il danno è arrecato dai giornalisti seri, riflessivi e zelanti, i quali solennemente, come fanno adesso, trascinano davanti agli occhi del pubblico qualche incidente occorso nella vita privata di uno statista, di un uomo leader di un pensiero politico che ha creato una forza politica, e invitano il pubblico a discutere l’incidente in questione, a esercitare la sua autorità in proposito, a esprimere il suo punto di vista e non solo a dare il proprio parere, ma anche a trasformarlo in azione, a imporre all’uomo anche in merito a ogni altro punto, a imporli al suo partito, a imporli al paese; di fatto, invitano il pubblico a rendersi ridicolo, offensivo e nocivo. La vita privata di uomini e donne non dovrebbe essere raccontata al pubblico. Il pubblico non ha proprio niente a che fare con loro. In Francia gestiscono meglio queste cose. È proibito pubblicare i particolari dei processi che si svolgono nei tribunali dei divorzi per il piacere o le critiche del pubblico. Tutto ciò che al pubblico è consentito sapere è che il divorzio è stato accordato, su richiesta dell’una o dell’altra o di entrambe le parti in causa. In Francia, infatti, pongono dei limiti al giornalista, mentre accordano all’artista una libertà quasi perfetta. Noi qui consentiamo al giornalista una libertà assoluta e limitiamo completamente l’artista. L’opinione pubblica inglese, va detto, cerca di costringere e impedire e sviare chi fa cose di bell’effetto, e obbliga il giornalista ad annotare minuziosamente cose che sono brutte o disgustose o ributtanti, tanto che abbiamo i giornalisti più seri e i giornali più indecenti del mondo. Non è un’esagerazione parlare di coercizione. Forse sono solo alcuni i giornalisti che provano davvero piacere nel pubblicare cose orribili e che, essendo poveri, vanno in cerca di scandali come base permanente per assicurarsi un reddito. Ma ci sono anche altri giornalisti, ne sono certo, uomini di cultura ed educazione, cui davvero non piace pubblicare queste cose, che sanno che è sbagliato fare così, e lo fanno soltanto perché le condizioni malsane in cui svolgono la loro professione li obbligano a offrire al pubblico ciò che il pubblico vuole e a competere con gli altri giornalisti nel rendere tale offerta la più completa e soddisfacente possibile per il volgare appetito popolare. È una posizione molto degradante per qualsiasi persona colta, e non dubito che la maggior parte di loro lo senta acutamente.



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