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Oscar Wilde – L’anima dell’Uomo sotto il Socialismo XII

Creato il 08 agosto 2014 da Marvigar4

L'Anima dell'Uomo sotto il socialismo

Posso quasi comprendere che se Macbeth fosse messo in scena per la prima volta davanti a un pubblico londinese, molti si opporrebbero violentemente all’introduzione delle streghe nel primo atto, con le loro frasi grottesche e le loro parole ridicole. Ma quando l’opera si chiude ci si rende conto che le risa delle streghe nel Macbeth sono terribili come quelle della pazzia del Lear, più terribili delle risa di Iago nella tragedia del Moro. Nessun spettatore d’arte necessita di un umore più perfetto di quello dello spettatore di un’opera teatrale. Nel momento in cui cerca di esercitare un’autorità egli diventa un nemico giurato dell’arte e di se stesso. All’arte non importa, ma lui ne soffre.

Con il romanzo è la stessa cosa. L’autorità popolare e il riconoscimento dell’autorità popolare sono fatali. L’Esmond di Thackeray è una bella opera d’arte, perché egli la scrisse per compiacere se stesso. Negli altri romanzi, in Pendennis, in Philip, persino in Vanity Fair, egli è talvolta consapevole del suo pubblico e rovina la sua opera facendo direttamente appello alle simpatie del pubblico o prendendosene direttamente gioco. Un vero artista non si cura minimamente del pubblico. Il pubblico per lui non è esistente. Non ha dolcetti oppiati o al miele con i quali addormentare il mostro e dargli sostentamento: lo lascia fare ai romanzieri popolari. Adesso in Inghilterra abbiamo un romanziere incomparabile, Mr. George Meredith. In Francia ci sono artisti migliori, ma la Francia non ha nessuno la cui visione della vita è così ampia, così varia, così vera sul piano immaginativo. Ci sono cantastorie in Russia che hanno un senso più vivido di quello che potrebbe essere il dolore nella narrativa. Ma nella sua narrativa c’è filosofia: i suoi personaggi non si limitano a vivere, vivono nel pensiero. Li si può osservare da una miriade di punti di vista. Sono suggestivi. C’è un’anima in loro e intorno a loro. Sono interpretativi e simbolici. E chi li ha realizzati, questi personaggi meravigliosi e vivacissimi, li ha realizzati per il proprio piacere, senza mai domandare al pubblico che cosa volesse, senza mai preoccuparsi di sapere che cosa volesse, senza mai permettere al pubblico di imporgli i suoi dettami o di influenzarlo in alcun modo, ma ha continuato a intensificare la propria personalità e a produrre la sua opera individuale. In un primo momento nessuno gli si avvicinava. E questo non gli importava. Poi furono pochi. E questo non lo cambiò. Adesso vanno da lui in molti, ma egli è rimasto se stesso: un romanziere incomparabile. Con le arti decorative non è diverso. Il pubblico si aggrappava con tenacia davvero patetica a quelle che io credo fossero le tradizioni direttamente pervenuteci dalla Grande Esposizione della volgarità internazionale, tradizioni che erano così orribili che le case in cui la gente viveva erano adatte soltanto ai ciechi. Si cominciarono a fare cose belle, bei colori uscirono dalle mani del tintore e bei modelli dalla mente dell’artista, e l’uso delle cose belle e il loro valore e la loro importanza si affermarono. Il pubblico ne fu veramente indignato. Perse la sua moderazione. Disse cose sciocche. Nessuno ci badò. Nessuno peggiorò di un briciolo. Nessuno accettò l’autorità dell’opinione pubblica. E adesso è pressoché impossibile entrare in una casa moderna senza vedere qualche riconoscimento al buon gusto, al valore di un ambiente gradevole, qualche segno di apprezzamento della bellezza. Infatti, le case sono, di solito, molto gradevoli. Le persone si sono in larga misura civilizzate. È soltanto leale affermare, comunque, che lo straordinario successo della rivoluzione nel campo della decorazione domestica, dell’arredamento e dell’aspetto non è stato assolutamente dovuto al fatto che la maggioranza del pubblico ha sviluppato un ottimo gusto in questo campo. È stato dovuto principalmente al fatto che gli artigiani apprezzavano il piacere di fare cose belle e risvegliavano una consapevolezza così vivida dell’obbrobrio e della volgarità di quanto il pubblico aveva voluto sino a quel momento, che lasciarono a secco il pubblico. Sarebbe impossibile, attualmente, arredare una stanza come qualche anno fa senza cercare ogni oggetto a un’asta di mobili di seconda mano per alberghetti di terz’ordine. Quelle cose non si fabbricano più. Seppur si sia opposto, il pubblico oggi deve avere intorno a sé qualcosa di affascinante. Fortunatamente per lui, ogni tentativo da parte del pubblico di esercitare la propria autorità in queste cose è fallito completamente.



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