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Ospedale vecchio: libero dalle impalcature. E adesso?

Creato il 25 settembre 2013 da Laperonza

 

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Finalmente le impalcature che circondavano l’edificio dell’ospedale vecchio sono state rimosse e, con loro, tutta la sporcizia che vi si era accumulata sotto in mesi di cantiere. Finalmente ammiriamo l’opera di ristrutturazione dell’edificio storico, terminata almeno all’esterno. Gli abitanti della zona tirano un sospiro di sollievo dopo aver sofferto, per tutto il periodo del cantiere, dei disagi che ne sono conseguiti: sporcizia, rumori, difficoltà di transito e posti auto decisamente ridotti. In verità non tutto il cantiere è stato rimosso: la parte superiore, di competenza della ditta che ha eseguito i lavori per conto del Comune, è ancora occupata parzialmente dalle attrezzature edili, questo perché sarà appunto quella ditta ad occuparsi del consolidamento dell’antica torre agostiniana che dovrà iniziare nei prossimi giorni, in modo di avere l’intero stabile ristrutturato nonostante inizialmente ci si fosse “dimenticati” proprio della torre.

Il palazzo riacquista dignità e la zona gode di un problema risolto: l’ospedale vecchio è il fabbricato più grande all’interno delle mura castellane e lo stato di abbandono in cui versava era certamente un aggravio importante sulla già pesantissima situazione di degrado in cui versa il centro storico. Ora il suo recupero, insieme a quello della chiesa dei SS.Filippo e Giacomo, in corso d’opera, segna un notevole passo avanti verso la rivalutazione strutturale del paese vecchio, fermi restando i tanti problemi che lo affliggono, primo fra tutti quello delle case pericolanti.

Rimane, però, la questione del degrado sociale. Lo stato di abbandono in cui molti edifici versano ha favorito lo spopolamento disincentivando eventuali investimenti privati e innescando un circolo vizioso che, a spirale, sta portando la città vecchia a degradarsi sempre più. Molte case vuote sono spesso occupate da “abitanti occasionali”: si notano le luci di notte, si sentono gli odori del cibo cucinato alla bell’e meglio.

 

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Il basso costo degli immobili ha favorito l’insediamento di extracomunitari la cui percentuale nel quartiere è molto alta, innescando in questo modo un’idea di ghetto per stranieri che non aiuta la ripresa dell’area in senso residenziale ed immobiliare. La trasformazione dell’antico convento agostiniano in residenza popolare non darà certo un impulso positivo all’inversione di tendenza che, invece, è auspicabile. I criteri di assegnazione degli alloggi, infatti, nel rispetto delle attuali normative, rischiano di favorire enormemente l’insediamento di nuovi stranieri rafforzando la ghettizzazione del quartiere.

Si badi bene: non è una questione razziale, tutt’altro. Infatti, l’integrazione degli stranieri non può certo passare attraverso la concentrazione delle loro residenze in aree delimitate ma deve promuovere il contatto e la condivisione con gli Italiani. Nel caso del centro storico si rischia di andare nella direzione contraria ottenendo due risultati negativi: rallentamento del processo di integrazione razziale e disincentivazione del recupero in senso residenziale del quartiere.

Né sono tranquillizzanti le parole dell’Assessore Lucentini che ribadiscono la volontà di assegnare tre alloggi a famiglie di appartenenti alle forze dell’ordine. Non si può, infatti, avere la certezza che questo possa realizzarsi perché dipende dal reperimento di poliziotti o carabinieri che facciano richiesta di alloggi popolari. Nel caso ciò non avvenisse nulla si potrebbe fare per evitare che anche questi tre alloggi, presi in considerazione dall’Assessore, vengano assegnati secondo la graduatoria standard. E anche qualora ciò avvenisse gli alloggi in questione sarebbero comunque una piccola parte di tutte le residenze assegnate. È un problema difficile da risolvere, forse impossibile, che sarebbe stato più opportuno valutare quando si è presa, qualche anno fa, la decisione di trasformare uno degli edifici storicamente più importanti della città, sede del convento agostiniano prima e dell’ospedale civile poi, parte del quale era costituita dalla chiesa di Sant’Agostino le cui ultime vestigia, dopo l’ultimo intervento, sono andate presumibilmente perdute definitivamente, in un palazzo residenziale popolare.

Luca Craia


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