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Pagliaccionia

Creato il 15 gennaio 2013 da Marcopress @gabbianone

Stavolta mi tocca proprio titolare. Perché mi hanno inviato a Pagliaccionia. E ho potuto constatare che le fonti sono almeno verosimili.
A Pagliaccionia accadono cose agghiaccianti. Anche lì, come in Italia, sono alla vigilia delle elezioni. In ordine cronologico ve ne racconto tre. Come fosse “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, ma a Pagliaccionia lo chiamano “metaromanzo”.
1) A Pagliaccionia c’è un politico comunista (contrariamente al nostro meraviglioso Paese, non se ne sono liberati). Un giorno il partito lo esclude dal Parlamento e lui dà fuori di matto. Dice che non si fa. Che la sua corrente è stata esclusa. Epperò, miracoli di quel popolo (i Pagliaccioni, non i comunisti), trova un posto alternativo. Dove, come negli anni precedenti, tampinerà (eufemismo) le iscritte riportandole a casa dopo le riunioni.
2) A Pagliaccionia c’è un politico molto religioso. E’ uno stregone. E nel suo ufficio è ritratto in varie fotografie assieme al Totem. Però, nei ritagli di tempo, non disdegna la f. (farfalla, anche a Pagliaccionia c’è Bordano). E così, quando prenota i viaggi, spesso in direzione Italia (perché vuole capire quanto meglio si vive qui), non dimentica di pappagallare l’agente. Sia mai che gli faccia uno sconto.
3) A Pagliaccionia il politico molto religioso è riuscito a soffiare il posto in lista elettorale (pensate che hanno il Paglioncellum, un sistema elettorale in cui i politici si votano tra loro) a un collega stregone. Questi si è adirato mica poco perché aveva un curriculum da paura: viaggi umanitari in Africa come piovesse, l’italiano Veltroni un dilettante. Fortunatamente, essendo inviato, ho potuto approfondire con un terzo stregone, diventato mio amico. Quei viaggi non sono mica veri. In Italia si direbbe millantare.
In Italia dove, per fortuna, siamo ritornati di corsa. Tutto procede benissimo. Nessuno cerca posti, nessuno cambia idea, nessuno millanta, nessuno tampina, nessuno pappagalla. Quando Enzo Tortora fu condannato in primo grado, fu un processo regolarissimo.



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