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Palingenesi e Reset

Creato il 15 marzo 2013 da Giorgiofontana

Palingenesi e ResetIl tasto di reset è alla base del potere del digitale su qualsiasi altra forma di paradigma sia mai stato inventato prima dalla mente dell’uomo.

La realtà materiale si basa su ontologie pesanti.

Che cosa ci da la certezza dell’esistenza se non il fatto che l’oggetto cessa di esistere; ma questo fatto presuppone che esso non smetta di essere ma si trasformi semplicemente?
Il controllo epistemiologico ed ontologico sugli oggetti è stato risolto dall’Informatica e dal virtuale.
Perchè il processo di controllo su ciò che non esiste se non in una realtà virtuale è molto più precisa e potente di quello che siamo costretti a subire in uan realtà in cui siamo semplici ed ineluttabili parti.
La scomposizione dell’atomo informatico è lo stato ON/OFF, essere/non essere, affermazione/negazione, acceso/spento e la sua natura quantica determina in se la precisione reale e la sua perfetta misurabilità.
In questo il mondo digitale è determinabile, tracciabile, memorizzabile ed è simile al ‘pongo perfetto‘.
La sua natura plastica, infatti, costruisce e decostruisce, copia e trasforma, mantenendo comunque intatto il potere di ricostruzione.

Ogni cosa che esista è destinata per la natura entropica dell’energia/materia a degenerare. Atto che non presuppone la morte ma la la scomposizione della sua informazione in elementi più semplici per venire ricostruiti in un’altra forma. L’apocatastasi è l’evento creativo.
Nei sistemi digitali l’apocatastasi ha la forma del tasto di reset.
La possibilità di ricominciare dall’Origine, sinonimo di purezza e autenticità, pone il sistema del Mondo Digitale in una forma metafisica inesplorata.
Ovviamente l’Origine è anche sinonimo di evoluzione perfetta perchè qualsiasi versione del sistema che sia stato considerato nel Mondo Virtuale privo di errore è una forma assoluta e assolta originaria.
Lo startup, matrice di qualsiasi versione successiva, trae la sua forza palingenetica per la semplice possibilità di essere mantenuta in vita sotto forma di bit memorizzati in unità di storage. La funzione di annullo è la forma in cui il tempo e la velocità digitale possono coordinarsi e collaborare senza annullarsi vocendevolmente.
Il mondo virtuale è veramente un costruzione irriproducibile nel reale.

L’annullo presuppone infatti che ogni frame precedente continui a preesistere, l’oggetto sia esistente e non esistente contemporaneamente, se stesso e non se stesso, per cui il fiume della virtualità sarà sempre uguale e che il Non Essere sia nel Reset, appunto.
La morte di Hal 9000 non è la conclamata asserzione di potenza dell’uomo sul digitale ma la vittoria del sistema virtuale per se stesso.
Hal 9000 punisce se stesso riconducendo la sua umanizzazione ad una metastasi elettronica che deve venir decostruita riconciliando la macchina perfetta alla sua autenticità, esattamente come la corsa di David verso l’infinito è il suo reset umano palingenetico.

La scrittura dell’informazione dell’origine espone l’essere all’esistenza, l’operazione di instanziazione della classe primigenia, alla possibilità infinita di repliche e modifiche, all’attacco di agenti virali che creano le condizioni dell’inevitabile polimorfismo.
La distruzione e la rigenerazione sono presenti nel Reset in una forma convergente e immediata. La morte e la resurrezione del sistema, del dato, dell’oggetto e del gioco.

In tutto questo la psicologia del tasto reset è anticamente nuova. Si ritrova sempre come standard in una possibile definizione della differenza tra reale e virtuale. Il virtuale è là dove esiste l’eterno ritorno, dove sempre è possibile la fruizione di una catastrofe pilotata, un’apocalisse del sistema non simulato ma reale che riporta l’evoluzione agli standard di fabbrica, in un rollback che gestisca la transazione in modo perfetto.
La stessa potenza del confronto perfetto tra stati temporali diversi , in qualsiasi forma sia stata scattata la fotografia dell’esistente, esclude che si possa parlare di divenire, l’esistenza virtuale è semplicemente la differenza che intercorre tra le condizioni d’origine e lo stato dei bit attuali, in attesa di annullo, conferma e ripristino.
La vita virtuale quindi è un susseguirsi di dati inframe su una timeline sempre presente e sempre  condizionata dallo stato ZERO.

Per questo giocare dentro il virtuale espone la mente al condizionamento di un mondo perfetto, quando la realtà un mondo perfetto non è.
Ci cambia, nella percezione del senso, ci permette di fare errori e non ci punisce, mantiene versioni diverse di quello che lo compone compiacendoci del suo comfort ergonomico e presentandoci contraddizioni che sono del tutto coerenti, che noi accettiamo senza porci troppe domande.
L’addestramento a cui siamo sottoposti ci dematerializza finendo per far adattare, come un guanto di lattice, il nostro io al tempo irreale, facendoci percepire il Reale come un sogno dal quale potersi svegliare in qualsiasi momento, con il tasto reset dell’immateriale.


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