Magazine Diario personale

Panic Attack

Da Veryfalsenorwegian

“Helpless hysteria
A false sense of urgency
Trapped in my phobia
Possessed by anxiety”

Panic AttackIl binario è affollatissimo, come al solito. Detesto i luoghi affollati. Soprattutto se non ho nulla da fare e devo starmene con le mani in mano. Dover restare in piedi, immobile ad attendere il treno non fa che aumentare la mia inquietudine. Cresce, si espande a partire da un punto indistinto all’interno del mio corpo, sino a farmi formicolare la testa, gli arti. Il corpo freme. La mia anima irrequieta scalcia. Vuole uscire. Questa gabbia di carne è troppo stretta. Oramai si è espansa talmente tanto da non poter essere contenuta in nessun luogo fisico. Il corpo si deforma, si contorce. Devo bloccare la mia anima. La afferro e la stritolo. Il mio respiro si fa sempre più corto. Ossigeno, ho bisogno di ossigeno.  Mi sforzo di espandere i polmoni. Mi ritrovo in una morsa d’acciaio che mi impedisce di ragionare, respirare, di muovermi fluidamente. È una battaglia. Combatto strenuamente con l’altro. Qualche volta vinco io, la maggior parte delle volte vince lui. Come andrà a finire questa volta? Non capisco, dice di volermi proteggere, insiste proprio su questo. Ma io provo solo dolore. Non mi dà tregua, mi nega quella pace che ogni giorno cerco di guadagnarmi con sforzi immani. Ancora una volta, mi assorda con la sua voce inumana. Mi ripete senza sosta “Ti devo proteggere!”. Mi sembra quasi che da un momento all’altro mi sanguineranno le orecchie. La sua voce ora è come un ronzio assordante. Non sento altro. Non c’è più nulla al di fuori di te e me. Hai miei occhi tutto sbiadisce, prima appannato, poi distorto. Un vortice di sensazioni incontrollabili. Non sono più responsabile di me stesso, sono nelle tue mani. Il corpo non risponde, si sta sfracellando sugli scogli affilati come rasoi che affiorano da un mare nero e denso. O forse si sta disintegrando in milioni di piccoli pezzi. Sta implodendo. Spinto verso l’ignoto, soffocando mentre precipito verso un luogo in cui l’atmosfera è sempre più rarefatta, annaspo udendo l’eco della tua voce che non fa che ripetere qualcosa che non capirò e non giustificherò mai, “lo faccio per salvarti”.  Che delusione, ancora una volta la meravigliosa macchina umana è stata espugnata da sé stessa…



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