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Panoramica dell’area danubiana

Creato il 19 settembre 2014 da Eurasia @eurasiarivista
Area Danubiana :::: Marco Scarpetta :::: 19 settembre, 2014 :::: Email This Post   Print This Post PANORAMICA DELL’AREA DANUBIANA

La crisi ucraina è l’ennesimo banco di prova per l’Unione Europea. Nell’Europa centrale, le nazioni più vicine all’Ucraina si sono ritrovate in bilico tra l’Unione Europea e il versante russo. Diverse nazioni hanno assunto diversi approcci alla questione ucraina, allineandosi più o meno alle direttive dell’Unione Europea di cui fanno parte. Il seguente elaborato prende in analisi l’appoggio dato dalla Romania alla Nato, il dibattito interno alla Repubblica Ceca e la natura dei legami che vincolano l’Ungheria e la Russia, soprattutto sul piano energetico.

UNGHERIA
In Ungheria è attualmente presente una sola centrale elettronucleare la quale dispone di quattro reattori presso la città di Paks. Non ne sono presenti altre, nemmeno di dismesse, e non ne sono state previste altre da costruire per il futuro. Quest’unica centrale arriva a produrre tra il 35% e il 45% dell’energia elettrica di tutto il paese (1). L’impianto è gestito dalla Paks Nuclear Power Plant LDT, filiale della società elettrica di stato Magyar Villamos Művek.

Si tratta una centrale nucleare vecchia: ha più di trent’anni, ha completato il suo ciclo vitale e sarebbe stata già dismessa nel 2012 se non si fosse deciso di rinnovarla per allungare la sua durata di vita di altri vent’anni. Non tutte le parti sono state modificate ma quelle insostituibili sono state dichiarate ancora correttamente funzionanti e sono state mantenute. Il Parlamento, con schiacciante maggioranza, si è dimostrato favorevole all’estensione delle durata del suo funzionamento e anche l’opinione pubblica, stando ai sondaggi, è stata favorevole in larga misura.

Oltre ad allungarle la vita, nel 2010 è stato deciso di ampliare la centrale nucleare costruendo nuovi reattori, scelta che nel 2012 il governo ungherese ha compattamente definito “un progetto di alta priorità per l’economia nazionale”2. Una commissione tenuta dallo stesso capo del governo Viktor Orban, dal ministro dell’Economia e dal ministro dello Sviluppo si sta occupando di tutte le scelte necessarie a riguardo.
E’ stato proprio il ministro dello Sviluppo Zsuzsanna Németh a firmare lo scorso 14 gennaio un accordo con la compagnia di stato russa Rosatom che finanzierà l’80% del progetto stanziando 10 miliardi di euro. L’ampliamento avrà luogo a partire dal 2015 e si concluderà otto anni dopo con la costruzione di due ulteriori reattori (3)(4)(5)(6).

Se dal versante del nucleare il governo ungherese si sta impegnando in prima persona stringendo accordi con compagnie di stato russe, sul versante delle altre forme di energia la situazione non è molto diversa: tutto il combustibile usato è fornito dalla società russa TVEL e l’Ungheria è dipendente per il 70 % dal gas naturale russo. Gli accordi attuali, promette il premier Orban, permetteranno di abbassare il costo dell’energia mentre l’opposizione accusa che l’Ungheria si svenderà diventando del tutto dipendente da Mosca.

Al fine di inglobare l’Ucraina nella sfera d’influenza atlantica, l’Unione Europea ha sanzionato economicamente la Russia. Tale scelta però non è stata approvata dall’Ungheria e da diverse altre nazioni. La dipendenza energetica dalla Russia non fa che aumentare le distanze tra Orban e il resto d’Europa, ma la discrepanza ha origini probabilmente più profonde.

Viktor Orban, cinquantun anni, è il Primo Ministro dell’Ungheria dal 2010 quando ha ottenuto la maggioranza parlamentare più solida affermatasi in Ungheria dalla caduta del Comunismo. Già nel 2011, il suo governo ha riformato la costituzione ungherese. La nuova costituzione è entrata in vigore a partire dal 2012 ed è stata subito definita “un golpe bianco”, una sfida provocatoria nei confronti dell’Unione Europea. Il nuovo testo costituzionale pone il cristianesimo come elemento cardine della nazione. Nel rispetto delle restanti “diverse tradizioni religiose”, afferma di tutelare la vita umana “fin dal concepimento” e l’istituto del matrimonio “quale unione volontaria di vita tra l’uomo e la donna, nonché la famiglia come base di sopravvivenza della Nazione”.

In campo economico Orban, abbandonate le politiche liberiste dei primi anni, ha portato a un rafforzamento del settore pubblico e una maggiore tassazione del privato (7). I primi attriti con l’Unione Europea sono nati in questo campo. Le banche presenti nel paese erano in maggior parte straniere (come anche le aziende di telecomunicazioni e del settore energetico). Orban è l’uomo che “ha tolto i soldi alle banche per darli al popolo”, aumentando la tassazione a carico degli istituti finanziari stranieri entrando in confitto con l’Unione Europea. Orban ha promesso di eliminare le ipoteche in valuta straniera ed ora si temono ulteriori ripercussioni sulle banche straniere presenti nel territorio ungherese. Inoltre, il governo Orban ha messo in discussione l’indipendenza della banca centrale ungherese e ne ha sostituito il direttore con uno di nomina governativa. Infine è stata riaffermata la volontà di non voler entrare a far parte della moneta unica europea.

Il governo Orban ha anche troncato ogni rapporto con il Fondo Monetario Internazionale, riuscendo ad estinguere con due anni di anticipo tutti i debiti. Gli Ungheresi hanno confermato Orban al governo anche grazie alla riduzione delle tasse sul reddito e della disoccupazione, che è scesa dall’11% all’8%. I prezzi di consumo sono stati abbassati e sono stati tagliati i prezzi dell’energia del 20%. Le pensioni sono state aumentate (8).

ROMANIA

Se il governo e la politica economica dell’Ungheria mostrano sempre più insofferenza nei confronti dell’Unione Europea e della NATO, la Romania sembra essere molto più propensa ad operare di comune accordo con queste ultime. La scelta della Crimea di slacciarsi dall’Ucraina per entrare volontariamente a far parte del territorio gestito da Vladimir Putin sembra dare di nuovo alla NATO uno scopo. Il governo statunitense ha chiesto di aumentare il numero di truppe e di aerei che stazionano nella base NATO in Romania in previsione di ulteriori tensioni relative al territorio della Crimea (9) e il governo rumeno ha prontamente accettato.

La base in questione, l’aeroporto militare e civile Mihail Kogalniceanu, posto nella Romania orientale sulle rive del Mar Nero, è operativo ai fini della strategia statunitense fin dal 1999. Data la sua vicinanza con la Crimea, ora potrebbe tornare utile, ammette lo stesso presidente Traian Basescu.

La base in effetti ha già giocato un ruolo chiave nella guerra in Afghanistan e nel 2003, durante i tre mesi dell’invasione in Iraq, l’aeroporto fu transitato da 1300 cargo e altri mezzi di trasporto, 6200 uomini e circa 11,100 tonnellate di equipaggiamenti (10). Date queste sue potenzialità, la base tende ad essere considerata una delle più importanti basi operative della joint task-Force tra il governo statunitense e quello dell’Unione Europea. Non a caso, verso la fine del 2009, il governo statunitense ha speso quasi cinquanta milioni di dollari per aggiornare la base. Da allora lì opera il Permanent Forward Operating Site.

Attualmente, la base consta di un’ottantina circa di edifici. Il presidente Traian Basescu afferma di avere avuto una richiesta di lasciar aumentare da 1000 a 1700 il numero di militari americani impegnati nella base (che potrebbe ospitarne fino a 2000 (11)). Secondo lo United States Global Leadership Report del 2012, il 43% dei Rumeni approva la leadership degli Stati Uniti, il 45% non ne risulta sicuro e solo il 12% la disapprova.

L’aumento delle truppe sarà probabilmente solo il primo passo. Dal 2015 sarà operativa la base americana Deveselu nel sud della Romania (12). La base, dismessa nel 2003, è stata ora selezionata per il sistema balistico di difesa “Aegis”, e sarà armata di intercettatori SM-3, cioè dei missili antiaerei, oltre che degli equipaggiamenti radar e duecento uomini a disposizione (13). In altre parole, questa base dovrebbe avere solo la possibilità di difendersi e non di attaccare.
Il ministro della Difesa rumeno Mircea Dusa ha affermato che la preparazione della base avvierà “una partnership molto seria con gli Stati Uniti”. Una seconda base di questo tipo sarà operativa anche in Polonia a partire dal 2018 (14).

REPUBLICA CECA

Infine, relativamente a quale delle strade fosse meglio seguire, se quella voluta dalla Russia o quella tracciata dall’Unione Europea, un dibattito interno al governo della Repubblica Ceca si è sviluppato negli ultimi mesi.

A fine febbraio, il presidente della repubblica Miloš Zeman ha dichiarato al Parlamento Europeo di Strasburgo di essere un “fervente europeista” e desideroso di entrare a far parte della moneta unica europea. Afferma anche di essere orgoglioso di appartenere alla “famiglia culturale europea”, si definisce “tollerante nei confronti di altre religioni (15)” ma si rivolge al mondo islamico definendolo “il nemico” e paragonandolo al nazismo.

All’Unione Europea ha però criticato l’eccesso di burocrazia, la mancanza di regole e procedure condivise, “l’assenza di una disciplina comune”, le “regole troppo diverse da paese a paese” e infine una politica di difesa troppo timida: “devono essere studiate politiche comuni in ambito di politica estera, di difesa, di fiscalità, di energia e di ambiente”.

Il leader ceco, parlando durante una trasmissione radiofonica, ha recentemente affermato che se la Russia dovesse espandere il proprio territorio annettendo le regioni orientali dell’Ucraina, la risposta dell’occidente non dovrebbe limitarsi nell’imporre sanzioni economiche contro Mosca ma dovrebbe comprendere il dispiegamento di truppe NATO all’interno dei confini ucraini. “Nel momento in cui la Russia decida di allargare la sua espansione territoriale all’Ucraina, il divertimento finirà. Non consiglierei solo le sanzioni europee ma anche una reazione militare degli alleati nord atlantici come ad esempio delle forze militari Nato che entrino in Ucraina”.

Zeman è una figura molto controversa; è stato accusato di alcolismo e sospettato di essere ubriaco durante diverse cerimonie ed interviste (16). Il primo ministro Bohuslav Sobotka, 42 anni, circa trent’anni più giovane e notoriamente inviso al capo dello stato Milos Zeman, è di altre idee. Ha contrastato con forza le sanzioni europee contro la Russia dopo la sua annessione della Crimea adducendo che ciò avrebbe avuto un impatto assai negativo sull’economia (17). Sobotka si dichiara anche contrario all’invio di soldati in Crimea (18). “Russia e Ucraina dovrebbero sedersi insieme al tavolo dei negoziati”, semplicemente.

Sobotka critica aspramente l’Unione Europea che, dichiara, dovrebbe reagire con prudenza, “compatta e unita ma con gentilezza” mentre il suo modo di agire attuale “sembra in preda all’isteria (19)”.
Meno critico nei confronti dell’Unione Europea sembra essere Andrej Babis, 59 anni, che raccoglie il 18,7% delle preferenze (solo l’1,8% in meno dei vincenti socialdemocratici di Sobotka) sottolineando nel programma elettorale la necessità di un legame affidabile con Bruxelles e proponendo di rafforzare la partecipazione ceca in seno dell’Unione Europea. Al tempo stesso, sul piano economico, aggiunge che “il fiscal-compact danneggia la sovranità nazionale … il sistema unico di sorveglianza bancaria non serve perché gli istituti di credito cechi funzionano correttamente … E di euro da noi non se ne parla nemmeno … so quello che dico, perché io, con il mio gruppo di aziende, sono il quarto esportatore del paese e mi occupo di commercio con l’estero da una vita. La corona ceca è uno strumento indispensabile per stimolare e difendere la nostra economia (20)”.

Infine, Tomáš Prouza, 41 anni, nominato all’indomani dell’insediamento del governo Sobotka e Segretario di Stato per gli Affari Europei, già vice ministro delle finanze, ha sostenuto da sempre il processo di adozione della moneta unica: “non ci possiamo permettere il lusso di restare spettatori né semplici osservatori fuori del campo di gioco … Se guardiamo i paesi in cui gli euroscettici hanno conquistato posizioni, ci rendiamo conto che sono paesi che hanno problemi interni. L’euroscetticismo non è un programma politico, ma un voto di protesta” (21).

NOTE
1 http://www.iaea.org/pris/WorldStatistics/NuclearShareofElectricityGeneration.aspx
2 http://www.napi.hu/magyar_gazdasag/kulonos_sietseg_kiemelt_beruhazas_lett_a_paksi_bovites.522760.html
3 http://www.bbj.hu/business/its-official-rosatom-backs-plans-to-double-paks-capacity_74439
4 http://www.bbj.hu/politics/varga-cheapest-credit-line-for-paks-necessary_74438
5 http://www.politics.hu/20140114/hungary-russia-sign-agreement-on-nuclear-power-plant-expansion/
6 http://www.reuters.com/article/2014/01/14/russia-hungary-idUSL6N0KO28L20140114
7 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-06/l-ungheria-conferma-viktor-orban-jobbik-estrema-destra-r razzista-18percento-195510.shtml?uuid=ABI2ro8
8 http://www.repubblica.it/esteri/2013/03/17/news/decorati_orban-54775715/
9 http://www.reuters.com/article/2014/04/01/us-ukraine-crisis-usa-romania-idUSBREA3012J20140401
10 http://www.romanialibera.ro/actualitate/proiecte-locale/zece-ani-cu-us-army–cu-ce-s-au-ales-romanii-294115
11 http://guardianlv.com/2014/04/us-offers-troops-to-romania-following-crimea-fallout/
12 http://www.bbc.com/news/world-europe-24705739
13 http://www.state.gov/t/avc/rls/162446.htm
14 http://www.theguardian.com/world/2014/may/22/us-test-fires-aegis-missile-defence-system-destined-for-europe
15 http://www.krestandnes.cz/article/milos-zeman-jsem-tolerantni-ateista/21707.htm
16 http://www.washingtonpost.com/blogs/worldviews/wp/2013/05/13/video-of-czech-president-staggering-through-ce remony-has-many-wondering-if-he-was-drunk/
17 http://www.reuters.com/article/2014/04/06/us-ukraine-crisis-nato-czech-idUSBREA350LY20140406
18 http://www.praguepost.com/the-big-story/38296-sobotka-nato-should-not-send-soldiers-to-ukraine
19 http://www.praguepost.com/eu-news/37810-sobotka-calls-for-prudent-eu-stance-on-crimea
20 http://temi.repubblica.it/limes/il-governo-della-repubblica-ceca-dipende-da-un-miliardario/53805
21 http://www.czechtrade-italia.it/eventi/intensificare-i-rapporti-tra-repubblica-ceca-e/

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