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Papà e pannolini, la sfida possibile #papàepannolini

Creato il 18 ottobre 2013 da Valentinap @mammeaspillo

Considerato che ho tre figlie, che la più grande ha cinque anni e la più piccola uno, considerata una media di cinque pannolini al giorno per i primi due anni di vita (730 giorni), in casa mia negli ultimi cinque anni sono transitati almeno 3285 pannolini. Quindi più di TREMILA volte io o il papà abbiamo affrontato senza timore profumi di primo latte o di minestrone (dimentichiamoci della pessima fase "omogeneizzati"). Ma per entrambi c'è stata una prima volta e diciamo che se noi donne partiamo avvantaggiate dalle esperienze con le bambole, il povero papà quando si trova per la prima volta quel minuscolo esserino davanti al quale anche un pannolino taglia newborn sembra gigante non è quasi mai a suo agio.

Voglio raccontarvi il primo cambio di pannolino di mio marito e più avanti capirete perché il ricordo mi suscita tanta emozione. La nostra e' una famiglia allargata ed Eva Maria, che oggi ha poco più di un anno, è la nostra unica figlia in comune, dopo altri due bambini piccoli a testa. Chiaro che la notizia del suo arrivo ci abbia colti un po' impreparati, nonostante la gioia: in queste famiglie l'amore è moltiplicato all'ennesima potenza, ma lo sono anche i problemi.

Una quotidianità da ripensare, tante cose da sistemare... Ma alla fine quella cosina che cresceva nella mia pancia era la sintesi perfetta di un amore complicato ma unico. Femmina, la terza femmina per me, la quarta in totale: bene, pensavo, tanti abitini da riciclare e poi io a cambiare il pannolino ad un maschio no, non mi ci vedo. Non sapevo che il primo pannolino di Eva non l'avrei cambiato io.

Eva è nata di luglio, in un giorno caldissimo, in un reparto di maternità in cui non c'erano bambini. Sapevamo dal quarto mese che aveva un problema al cuore e l'avrebbero subito trasportata in una struttura adeguata e per interminabili ore io non ho saputo nulla di lei. Ma con lei, dal primo istante, c'era il suo papà, che mi inviava foto e mi rassicurava: nessuna operazione, siamo stati fortunati. Nei tre giorni in cui non ho potuto annusarla e prenderle finalmente la mano, accanto ad Eva e ai tubicini che la tenevano costantemente monitorata c'era lui, un omone di due metri che cercava di destreggiarsi tra biberon e pannolini, facendo lo slalom tra piedini resi luminosi dai sensori rossi e grovigli di cavi che nemmeno in un'astronave.

Avrei voluto vederlo il primo cambio di pannolino, ma me lo sono persa; in compenso ho visto tutti i seguenti della settimana passata in ospedale, con la ferita del cesareo troppo fresca per farlo io: il papà che si avvicina, sposta un tubicino, ne sposta due, pulisce il tutto munito di pacco di salviette, ci infila in mezzo il pannolino, sfodera il tubetto di crema anti-arrossamento e lei che, nel preciso istante in cui prova a spalmarla, la rifà. Il tutto ripetuto almeno un paio di volte a sessione. Ma l'impertubabile papà pulisce con la salvietta la tshirt macchiata e ci riprova, senza ansia. L'ansia ce l'avevano le infermiere, perché ogni volta con quelli mani poco delicate qualche tubicino si staccava e i sensori andavano in tilt.

Della serie, se fosse davvero successo qualcosa, nessuno ci avrebbe più fatto caso!

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