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“Papà-isola” di Émile Jadoul, Babalibri

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

papaisolaUn nuovo albo di Émile Jadoul pubblicato in Italia da Babalibri, un nuovo lavoro che vede l’autore belga confrontarsi con il tema della paternità, a lui caro.

Non faccio nascondimento del mio apprezzamento per i libri scritti e illustrati da Jadoul. Mi colpisce molto la capacità di esprimere nella veste di una semplicità testuale e di una morbida delicatezza iconica, tutta una gamma sfumata di sentimenti che appartengono alla relazione genitore-bambino e che sanno parlare di aspettative e tenerezze, di desideri e gesti di cura, di affettività e di guida verso la conquista dell’autonomia.

In “Papà-isola” l’occhio dell’autore – e del lettore con lui – è tutto rivolto a quella gamma di emozioni, anche contrastanti, che nascono in una coppia che si scopre in attesa di un figlio.
Solitamente la letteratura, tanta di tipo psicologico, si è occupata e continua ad occuparsi della madre che, col corpo che cambia e la reale, fisica, sensazione e consapevolezza di portare dentro di sé una vita – senza contare la tempeste ormonali in gioco – è indubbiamente la prima ad essere impattata da dubbi e timori. Del padre ci si tende a dimenticare un poco, anche perché fino ad appena una generazione fa questi era di fatto, e quindi si sentiva, ben poco coinvolto nella ruota emotiva di una gravidanza.

Per fortuna le cose cambiano! E come già il buffo e un po’ impacciato futuro genitore di “Papà aspetta un bimbo!” (Loew e Barroux, Settenove) , anche il papà orso di Jadoul cela dietro l’entusiasmo per il lieto evento in arrivo, anche alcuni turbamenti.

Sarà all’altezza – si chiede – di essere un super-papà? Già perché se cambiano con i tempi i sentimenti degli uomini di fronte alla paternità non è detto che automaticamente, e di pari passo, si acchetino le paure di non essere all’altezza dell’ideale di forza ed efficienza spesso richiesto al maschile.

Un super-papà, immagina crucciato il nostro bonario orso, è capace di giocare a calcio, di nuotare rapido e sicuro, di ben industriarsi col bricolage per costruire casette e rifugi…Lui invece non si sente in grado di portare a termine nessuna di queste imprese: non ama il pallone, non è un bravo nuotatore e con chiodi e martello proprio non ci sa fare.

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Ed è a questo punto che interviene mamma-orsa e le sue parole – che nella lettura mi immagino pronunciate con tono calmo, soffice e paziente – aprono per il suo compagno lo spazio dell’immaginazione.
Nelle grandi tavole appare il piccolo orsacchiotto – nel tempo reale della narrazione non ancora nato – ed è chiaro che ciò che raccontano le figure appartiene ora al terreno della fantasia di papà-orso sostenuto dagli incoraggiamenti della mamma, i quali invece restano sul piano della realtà.

Questa, dal punto di vista della molteplicità di tipologie di interconnessione e imprescindibili dipendenze che in un albo illustrato possono avere testo e illustrazioni, è indubbiamente un’osservazione interessante. A dimostrare che ciò che appare semplice – un libro con le figure per bambini! – è in realtà un prodotto ricco e complesso che porta il lettore a capire senza spiegare, a sentire senza dettagliare.

Tornando all’emotività del grosso e peloso genitore, ciò che mi ha immediatamente colpita è come l’intervento materno sposti subito il tema dal saper fare al poter essere.
Non ci sarà bisogno che papà orso sappia costruire una capanna per il suo cucciolo perché sarà egli stesso a farsi capanna – e quindi rifugio, protezione. Non servirà saper maneggiare da fuoriclasse un pallone perché saprà farsi gioco: papà-cavallo o papà-aeroplano per condurre il figlio nel mondo e sui terreni dell’avventura fantastica.
E, ancora, perché desiderare di nuotare con speditezza quando si può essere un meraviglioso e morbido papà-isola sul quale il piccolo possa adagiarsi e riposare, cullato e coccolato?

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Ciascuna di queste immagini semplici e calde racchiude un universo di significati affettivi che parlano secondo gli alfabeti dell’accudimento, della complicità, del sostegno, dell’ascolto, della vicinanza…
Sempre però tenendo conto  delle modalità importanti dell’attaccamento sicuro: il bravo genitore non è né colui che trattiene né colui che, non curandosi, manda allo sbaraglio. Ma è quello che incoraggia e sostiene, guida e poi, riconosciuto il giusto momento, lascia il suo piccolo libero di sperimentare.
E che sa seguire nell’ombra, né troppo vigile né assente ma pronto, nel bisogno, a curare le inevitabili piccole ferite della crescita.

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Le illustrazioni, come in altri lavori di Jadoul, sono dolci e delicate senza rinunciare ad un vezzo ridente.
Figure grandi su sfondi bianchi, contro i quali ben risaltano. Appaiono morbide, accoglienti, equilibrate e misurate senza essere scarne.
La comunicazione dell’emozione, che è presente e vivida, non è dovuta soltanto alle espressioni stilizzate e minimizzate dei volti, ma anche – e secondo me prevalentemente- alla costruzione delle scene, dove disposizione ed interazioni si mostrano significative e limpide, efficacissime nel suscitare risposta nel lettore.

Un albo molto indicato come dono per un sensibile papà in attesa!

(Età consigliata: dai 3 anni)

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