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Papà, perché moriamo?

Da Cristiano @sosmammo
Papà, perché moriamo?
Siamo stati allo zoo, domenica scorsa. Il posto dove ci sono gli animali nei recinti, quello che qualche tempo fa veniva chiamato, con un eufemismo, giardino zoologico e che ora, invece, ha preso il nome di Bioparco - fa più tendenza ultimamente, come tutti termini che iniziano con il prefisso 'bio' e che lasciano pensare a cose buone e giuste. 'Bio' come vita. Tuttavia, anche se sono recinti, sempre di gabbie si tratta, perché oltre quelli non si passa e non è possibile tornare nella savana o nella foresta amazzonica. E se gli animali qui si sono pure ambientati, è la vita strettamente biologica a essere costantemente disadattata, così come lo sono la sua dignità e il suo rispetto. Dirlo è la scoperta dell'acqua calda: è la libertà che manca, ma se volessimo in ogni caso scorgerne un'ombra, se proprio ci tenessimo a farlo, approderemmo facilmente alla banale conclusione che si tratta di libertà fortemente condizionata, di una concessione minima data da altri e non dal soggetto-animale a se stesso. Ti faccio vivere così e ti do più spazio che in passato, questo il ragionamento alla base dei nuovi zoo e così si ragiona spesso in altri casi, in altri tipi di giardini zoologici per umani. Ma la libertà non è una concessione, dovrebbe essere innata invece, oppure, al limite, essere una conquista. Perché questa lunga introduzione animalista e sulla libertà in un blog che di solito parla d'altro? Perché, al termine della visita allo zoo, Dodokko mi ha fatto delle domande cruciali alle quali non so se ho fatto bene a rispondere e, soprattutto, se ho saputo farlo. Sono queste: "Perché moriamo?", "Morirai anche tu?" e "Morirò anch'io?". Ancora: "Quando siamo felici?" e "Quando siamo liberi?". Il Bioparco di Roma si trova a Villa Borghese, subito sopra una conca di prato e di platani centenari che viene chiamata 'Valle dei cani', una zona franca del giardino dove, grazie a una lunga consuetudine, è possibile lasciare i cani liberi di correre e di giocare. Ed è su questa valle che, all'uscita dallo zoo, ci siamo affacciati per un attimo a conversare. "E' qui che portavo Skipper e Minnie", racconto a mio figlio.  "E adesso dove sono i tuoi cani?", mi chiede.  "Sono morti", gli confesso per la prima volta.  "Perché sono morti?".  "Tutti moriamo".  "Anche tu?".  "Anche io, ma solo quando sarò molto vecchio".  "E adesso sei vecchio?".  "Non ancora".   "E anche io morirò?".  "Sì, anche tu, ma fra tanto, tantissimo tempo".  "Io non voglio che tu muoia e non voglio morire nemmeno io".  "Non è possibile non morire".  "Perché?". "Perché fa parte della vita e la vita ha bisogno di rinnovarsi". "Perché moriamo?".  "Hai visto gli alberi, quando le foglie diventano gialle e poi cadono e i rami sono spogli? Poi, a primavera, nascono delle nuove foglioline, più verdi e belle di quelle che c'erano prima. Noi assomigliamo un poco agli alberi: le nuove foglie sono i figli, quelle vecchie i genitori. Tu sei ancora una fogliolina e, quando diventerai grande e avrai dei figli, saranno loro le nuove foglioline". "E l'albero?". "L'albero è la continuità della vita. E' insieme i genitori e i figli. E' quel che c'era prima di loro e ciò che resta dopo". "E' felice l'albero?". "Finché le cose continueranno ad andare così, se nessuno gli farà del male, sarà sempre felice". "Quando siamo felici?" "Siamo felici quando ci sentiamo liberi". "Quando siamo liberi?" "Siamo liberi quando ci sentiamo felici". "Gli animali nello zoo non sono felici, vero?". "No, sono tristi". "E i tuoi cani erano felici?". "Credo di sì, gli volevo bene".
Siamo come gli alberi, abbiamo radici, rami e foglie.
La libertà è la terra nella quale crescere e il cielo verso cui protendere lo sguardo.
La felicità è il succedersi naturale delle stagioni, nient'altro che questo.

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