Magazine Cinema
di Sam Fell e Chris Butler
L'animazione non è un genere ma uno strumento. Dopo aver visto "ParaNorman" non è difficile essere d'accordo con l’affermazione del suo produttore. Infatti se il film diretto da Sam Fell e Chris Butler appartiene di diritto alla categoria delle opere realizzate sulla scia dei cartoon più famosi c'è più di una caratteristica che lo avvicina ai film tradizionali. Innanzitutto l'uso dello stop - motion, tecnica che riproduce un mondo di fantasia ma costruito sulla falsariga di quello vero e con modellini miniaturizzati ripresi dal vivo. E poi la presenza di uno sguardo che non si lascia condizionare dalla peculiarità del formato e si manifesta senza limiti di creatività.
A testimoniarlo basterebbero le battute iniziali in cui la solitudine di Norman, un ragazzino con poteri paranormali che gli permettono di vedere le anime dei defunti, è rappresentata con un collage ravvicinato di immagini che isolano in maniera fotografica punti diversi del paesaggio cittadino. Istantanee marginali e sghembe, con prospettive sfuggenti che portando in primo piano una natura dimenticata e prosaica come quella di una ruota di bicicletta appoggiata al muro di una casa, oppure di un cielo spezzato dalle sagome dei pali della luce e dai fili elettrici che da quelli si diramano (si potrebbe citare il Coppola di “Rumblefish”,1983 o il Van Sant di “Drugstore cowboy”,1989), nature morte che fanno sentire il peso di una vita infelice ed oscura. E che dire poi della presentazione del personaggio principale, con la macchina da presa pronta a sacrificare gli elementi principali della sua fisognomica per delinearne la condizione attraverso il movimento dei piedi ed inquadrature rasoterra, metafora di un peso esistenziale che non vede orizzonti e spinge verso il basso. Pezzi di grande cinema pronti a cedere il testimone all’azione ed all’avventura quando Norman, coadiuvato da un eterogeneo manipolo di aiutanti, sarà chiamato a salvare la città dalla maledizione di una terribile strega. E’ qui che “ParaNorman” si scatena con lo spettacolo pirotecnico e spaventevole che mette di fronte uno contro l’altro gli zombi resuscitati dal potere del maligno, e la squadra di teen agers guidata dal protagonista. Una parentesi che fa da preludio ad un finale altamente poetico, dove la resa dei conti tra il bene ed il male si traduce in un atto d’amore e di sacrificio ricompensata con la tregua delle ostilità e con un lieto fine che mette d’accordo grandi e piccini.
Estremamente curato nei dettagli ambientali così come nella resa delle espressioni facciali; rivestito con le forme del cinema di genere – zombie movie ed hero movie, quest'ultimo richiamato dalla responsabilità che Norman sente rispetto all'utilizzo dei suoi poteri - “ParaNorman” è in realtà una favola che parla di diversità declinata sotto diverse prospettive, e distribuita anche sugli altri partecipanti, da Neil, il migliore amico di Norman deriso dai compagni di scuola per il suo sovrappeso, agli zombie sospesi in un limbo che li separa dall’agognato oblio, e costretti a vagare in una realtà estranea e spaventosa, con un ribaltamento dei ruoli che ad un certo punto li farà fuggire inorriditi da un’umanità quella si veramente mostruosa. Come "Coraline" anche quest'ultimo trova il senso della vita confrontandosi con l'aldilà, ed il messaggio di crescita e di riconciliazione con cui Norman si congeda dagli spettatori è un segno positivo in tempi così grami.
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