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Parigi Fashion Week P-E 2015 il meglio: Valentino, Chanel, Miu Miu, McQueen, Louis Vuitton

Creato il 02 ottobre 2014 da Stylefactor @Stylefactor_Mag

Parigi Fashion Week P-E 2015 il meglio: Valentino, Chanel, Miu Miu, McQueen, Louis Vuitton
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La Parigi Fashion Week chiude i battenti con l’addio di Lemaire da Hermès e il saluto finale di Jean Paul Gaultier alle passerelle e al prêt-à-porter. Dopo le critiche alla Milano Fashion Week, conclusasi frettolosamente, i fatti dimostrano che la moda italiana ha ancora molto da dire e da insegnare. Le passerelle parigine hanno seguito il diktat della rivisitazione dei ’70ies, come per Milano, e a far battere i cuori di buyer e addetti ai lavori sono state le collezioni che sotto il nome francese portano la mano e l’estro di designer italiani: Alessandro Dell’Acqua per Rochas, Fausto Puglisi per Ungaro, ma anche Miu Miu, Pierpaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri per Valentino.

Parigi Fashion Week PE 2015, il meglio di Vionnet, Balenciaga, Balmain, Lanvin e Rochas – tutte le foto

Tralasciando il marketing o lo show faraonico di Chanel. Anche qui, come è successo a Milano con Moschino, lo show-evento fa parlare e soprattutto fa scorrere le dita sulla tastiera degli smartphone, non per niente anche la sfilata pensata dal Kaiser parla la lingua dei social network già prima di partire, con l’hashtag #chanelboulevard.

Parigi Fashion Week P-E 2015 il meglio: Valentino, Chanel, Miu Miu, McQueen, Louis Vuitton

Valentino - Il senso dell’egregia collezione realizzata da Piepaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri è racchiuso nelle loro parole a pochi minuti dall’inizio della sfilata come riportato da D.Repubblica: “Con i nostri abiti, indaghiamo il passato del Grand Tour italiano del Settecento e Ottocento, quando l’Italia era una meta formativa fondamentale per ogni giovane. Abbiamo letteralmente impresso sugli abiti la memoria di quei viaggi per due motivi principali. Il primo è una riflessione sul simbolo della bellezza del nostro paese, sul suo potere, soprattutto sulle sue potenzialità. Il secondo è più sottile: viviamo in un’era dominata dall’immagine virtuale, prime tra tutte quella di Instagram. Questo strumento racchiude in sé un pericolo: si scambia per percezione ciò che è soltanto una visione dietro uno schermo. Il Grand Tour italiano, invece, era un viaggio in tutto e per tutto, con rischi e pericoli, soprattutto con la verità delle emozioni vissute realmente e non virtualmente. Come sempre, non vogliamo fare una riflessione sociologica, noi ci occupiamo di abiti. Però intuiamo il desiderio di vera bellezza e anche di memoria persino nella moda”.

Niente marketing, strategie social o scenografie maestose, qui, protagonisti sono l’ago e il filo, il buongusto, l’attenzione per i dettagli. In una parola sola, l’alta sartorialità del Made in Italy unita a quella cifra stilistica moderna che i due stilisti hanno saputo imprimere, sin dall’inizio, alla loro visione del marchio senza sopraffarlo.

Miu Miu - Miuccia Prada usa l’armamentario femminile classico e lo rende forza eversiva, lancia un messaggio alle donne che sembra voler dire non abbiate paura di prendervi ciò che vi spetta ed usate tutti i mezzi, anche la seduzione, ma a modo vostro; in un mondo, secondo la stilista, ancora troppo maschilista, le donne spesso devono rinunciare a troppe cose per riuscire ad affermarsi.

Questa sfilata, insomma, è un inno al compromesso, alcuni, secondo Miuccia, possono esser utili, e su questo fil rouge del contrasto (peraltro già visto a Milano nella sfilata Prada, riavvolto sul nastro del concetto di antico), si intersecano tessuti poveri e stoffe preziose, il bonton con il cattivo gusto, il visone con il sintetico. Abiti femminili ed eleganti per antonomasia “brutalizzati” nel gioco di contrasti e nel portamento delle modelle.

Chanel - nella faraonica installazione dello #ChanelBoulevard nel Graind Palais, lo show è assicurato, sebbene la trovata della passerella da movimento pseudo-femminista con Cara Delevigne al megafono, abbia semplicemente amplificato questa necessità del brand di fare scena e servirsi del marketing per mantenere alta l’attenzione sulle sue creazioni. Una scenografia ed un esordio così da avanspettacolo, hanno inevitabilmente allontanato l’attenzione dagli abiti e dalle creazioni. Sull’ampio boulevard l’avvicendarsi continuo delle modelle rendeva quasi inconsistente l’approccio al dettaglio delle singole creazioni, che invece meritavano di essere guardate come per i bouclè colorati, gli accessori, le camicie leggere, i completi bianchi e blu Marina reinventati, tutto sapientemente mixato con i simboli della Maison Chanel di cui Karl ne ha fatto, già da tempo, un cimelio (tra borse, gioielli e accessori) con cui rendere appetibili oltremodo le sue collezioni e continuare a nutrire ciò che, nell’immaginario comune, ha reso Madame Coco un’icona.

Alexander Mc Queen - Sarah Burton si conferma ancora una volta perfetta allieva del compianto McQueen. La sua collezione non ha sbavature, la sua geisha dark convince; i kimono lasciano spazio pian piano ad abiti con applicazioni floreali dall’effetto 3d sulle voluminose gonne pastello, in contrasto con i corpetti bondage; anche qui non mancano rimandi allo spirito seventies, tra pantaloni a zampa e giacche spioventi. Qualcosa però manca, sarà forse quella “visione” fuori dagli schemi che lasciava a bocca aperta durante gli show di McQueen; gli abiti delle Burton vincono però in femminilità, e forse in una (strategica e comprensibile) maggiore consapevolezza del mercato.

Louis Vuitton – tra video messaggi pre-show (per un attimo i volti giganti sugli schermi sembravano rievocare quelli di Oliviero Toscani per Benetton) e in una scenografia labirintica dall’intricato gioco di specchi nell’avvenieriestico palazzo della Fondation Louis Vuitton, è andata in scena la seconda collezione di Nicolas Ghesquiere per il celebre brand del Monogram.

Una serie di abiti vagamente seventies ma con un misto di contaminazioni che vagamente riportavano alla mente la cifra stilistica di Prada e del suo decostruzionismo. Solo che qui mancava l’accostamento di materiali poveri ad altri preziosi, mancava la visione d’insieme e poi mancava l’estate, quella che la collezione dovrebbe rappresentare e vestire. Anche per Vuitton l’impronta dei seventies è forte con le gonne tubolari, le giacche spioventi, i dettagli in ecopelle e gli stivali al ginocchio, ma ci azzardiamo a dire che Ghesquiere debba ancora trovare la sua strada alla guida di questa storica casa di moda. Ciò nonostante, grandi applausi per lui che si è concesso lungamente in passerella sebbene timidamente, alla fine dello show.

Guarda anche il meglio della Milano Fashion Week, tutti gli abiti selezionati da Moschino a Dolce&Gabbana

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Chanel Parigi Fashion Week SS 2015
Chanel PE 2015
Louis Vuitton SS 2015 PFW
Miu Miu SS 2015 Parigi Fashion Week
Valentino PFW PE 2015
Alexander McQueen SS 2015 PFW

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