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Parma FC, i numeri di un squadra che può rappresentare il paradigma della “media” Serie A

Creato il 08 aprile 2013 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Nelle ultime settimane, sul sito www.stadiotardini.it, si è sviluppato un interessante dibattito relativo alla situazione economico-finanziaria del Parma FC.

Il giornalista Gabriele Majo, direttore del sito e opinionista della trasmissione "Calcio & Calcio", si è dedicato ad approfondimenti sulle varie tematiche relative al Bilancio del Parma FC. Ha quindi contattato il dott. Luca Marotta, commercialista considerato fra i massimi esperti di analisi dei bilanci delle squadre di calcio (che collabora anche con Tifoso Bilanciato), per avere alcuni chiarimenti ed un’opinione più tecnica.

La discussione si è sviluppata partendo dal Bilancio al 30.06.2012, cioè quello della stagione passata, chiuso con una perdita di quasi 2,5 milioni di Euro. Il dott. Marotta ha toccato tutti i punti salienti, noi ci dedicheremo a sviluppare ulteriormente alcuni degli spunti, cercando di mettere in evidenza taluni aspetti che possono contribuire al dibattito.

I risultati del Parma FC

Partiamo subito dai numeri degli ultimi tre anni, nei quali il Parma ha costantemente giocato in Serie A raggiungendo anche discreti risultati di classifica (due piazzamenti all’8° posto inframmezzati da un 12mo posto).

La tabella è strutturata separando il risultato operativo dalla gestione del parco calciatori. Questo consente, ad esempio, di rendersi immediatamente conto di quanto il calciomercato sia utile (quando non, indispensabile) ai risultati economici del Club.

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In questo senso il Parma è un po’ il paradigma di quell’insieme di squadre che oscillano intorno al decimo posto, cioè troppo piccole per competere con le grandi ma già sufficientemente dimensionate per essere sollecitate dai tifosi ad “osare”.

Il primo dato che emerge è che, indipendentemente dal risultato finale dell’esercizio, il fatturato della Società è “bloccato” intorno ai 40 milioni di Euro, dei quali circa il 70% provengono dai diritti televisivi. Di fatto l’incremento nel triennio proviene quasi esclusivamente dall’aumento di tale voce.

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Cosa si può fare per incrementare i ricavi?

Non molto in verità, anche considerando che per il 2012/2013, a seguito dell’entrata di vigore della nuova ripartizione dei diritti TV, il Parma vedrà questa cifra crescere fino a circa 32,2 milioni, valore che poi è destinato a rimanere sostanzialmente uguale fino al 2014/2015.

Purtroppo l’unico vero salto di qualità nei ricavi di una squadra di Serie A interviene con la qualificazione al girone preliminare di Champions League, capace di portare da solo una cifra intorno ai 15/18 milioni di Euro. A parità di percorso europeo, la partecipazione all’Europa League contribuisce con solo circa 3 milioni. 

Le due leve sulle quali potrebbe agire il Parma sono i ricavi netti dello stadio e lo sfruttamento del merchandising, che sono i due talloni di Achille di tutte le squadre italiane, comprese le grandi.

Il Bilancio del Parma ed il Financial Fair Play

Il regolamento sul Financial Fair Play è entrato in vigore con i bilanci chiusi al 30 giugno 2012. Il primo periodo di monitoraggio riguarderà la stagione passata e quella in corso. Abbiamo cercato di rappresentare i numeri del Parma (la cui riclassifica non comporta particolari variazioni rispetto al bilancio tradizionale) degli ultimi 3 anni, anche se sarà solo il 2011/2012 ad essere effettivamente interessato.

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Il test sul break-even esprime un dato da tenere sotto controllo, con un'attenta gestione economica, nel senso che già il risultato riclassificato prima delle tasse è in perdita. Tuttavia questo non è un problema immediato, sia perché il valore da considerare è l’aggregato di 2011/2012 e della stagione in corso, sia perché siamo ben lontani dalla soglia di 45 milioni di Euro di perdita che genererebbe problemi. Gli altri indicatori sono in linea.

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Aumentare i ricavi da stadio

I ricavi da stadio sono condizionati da un’affluenza abbastanza contenuta.

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Secondo i dati di Stadiapostcard nell’ultimo quinquennio la media delle presenze è stata di 13.714 spettatori, con una percentuale di riempimento dell’impianto del 60%, leggermente superiore alla media italiana. Peraltro i tifosi del Parma sembrano essere fortemente fidelizzati, considerando che quasi il 76% delle presenze sono rappresentate da abbonati.

Recentemente l’Amministratore Delegato del Parma, Leonardi, ha dichiarato che “la Legge sugli stadi sarà fondamentale per velocizzare tutte le burocrazie. Va però ricordato che lo stadio Tardini, è stato più volte ammodernato e risulta un impianto più che accogliente. Quando la legislatura si esprimerà a riguardo allora faremo di tutto per trasformare il Tardini in un vero e proprio stadio di proprietà modificando la struttura e rendendola ancora più accogliente. Stiamo studiando già diverse soluzioni".

Francamente ignoro per quale motivo occorra attendere la legge sugli stadi per procedere con l’operazione (tanto è vero che la Juventus e l’Udinese si sono mosse senza aspettare alcunché), ma di certo sarebbe interessante capire quali siano le intenzioni della Società a riguardo.

Ma l’argomento permette qualche veloce riflessione, per evitare di pensare che lo stadio di proprietà, al solo nominarlo, rappresenti la soluzione a tutti i mali di una squadra di calcio.

Abbiamo già espresso molti concetti nel nostro TBreport n. 5, dal titolo “L’impatto dello Juventus Stadium sul futuro del Club”, al quale vi rimandiamo. Qui ci limiteremo ad enunciare alcuni aspetti che spesso non vengono rappresentati quando si parla di uno stadio:

  • uno stadio nuovo comporta normalmente una variazione della politica di prezzi della società relativamente alla biglietteria. Con l’eccezione della Germania, nel resto dei casi si tratta di incrementi che arrivano anche al 40% (è stato anche il caso della Juventus);
  • la proprietà dello stadio, in sé, non è determinante. L’importante è poter sfruttare l’impianto al massimo delle sue potenzialità, tipicamente riservando una quota di spazi ad un’utenza “business” (Sky Box, Business Seats) disposta a pagare per dei servizi aggiuntivi normalmente non di interesse del tifoso;
  • il dimensionamento dello stadio è fondamentale, perché per generare degli utili veri la percentuale di riempimento deve superare l’80%. L’obiettivo è quello di arrivare al 90-95%;
  • ultima considerazione, forse banale ma anche questa spesso sottaciuta: costruire o ristrutturare uno stadio ha dei costi. Se l’azionista, come di solito accade, non mette tutto il capitale necessario, la società deve tenere conto che all’incremento dei ricavi corrisponde un aumento dei costi di gestione, ma anche – perlomeno per i primi 10 anni – un mutuo da rimborsare.

Sulla base dell’attuale affluenza del Tardini, probabilmente lo stadio dovrebbe essere dimensionato per 20.000 posti.

Senza avere la pretesa di produrvi un business plan, per il quale mancano ovviamente troppi elementi, sulla base degli standard nazionali ed internazionali si può ipotizzare che la ristrutturazione di un Tardini portato a 20.000 posti, con spazi riservati all’offerta business e tutte le attrazioni ormai facenti parte del pacchetto “stadio multifunzionale” (museo, ristoranti, bar, negozi merchandising), possa avere un costo di circa 20 milioni di Euro. Questo senza considerare la quota di acquisto/concessione dell’area, che potrebbe arrivare intorno ai 15 milioni di Euro. Parliamo di un totale vicino ai 35 milioni di Euro.

Quindi:

  • immaginando un investimento cash da parte della società del 30%, rimangono da finanziare circa 25 milioni di Euro, corrispondenti in 15 anni, ad un mutuo decennale da circa 2,4 milioni di euro all’anno (rata capitale ed interessi);
  • per poter annullare gli effetti economici dell’investimento, lo stadio deve produrre un incremento di ricavi di almeno 3 milioni di Euro (incremento spese gestione, ammortamento dell’impianto e interessi passivi sul mutuo);
  • sulla base di questi valori, dell’affluenza media e dei ricavi medi da stadio, questo vuol dire che il fatturato da stadio dovrebbe passare dagli attuali 3,9 milioni a circa 7 milioni.

Attenzione però: questi numeri servono per pareggiare i costi e non producono ancora quell’incremento di ricavi che ricercavamo.

Per averli, oltre partendo dal presupposto di raggiungere una percentuale di riempimento di almeno il 90% (18.000 spettatori di media, 4.300 in più di quanti non dicano le medie attuali), è indispensabile che l’offerta business decolli e, che il prezzo medio della biglietteria cresca.

Il solo aumento degli spettatori a prezzi correnti, infatti, porterebbe circa 5,3 milioni totali. La contemporanea introduzione di una sezione dello stadio (20%) dedicata a Sky Box e Business Seats, unitamente ad un incremento del 25-30% del prezzo dei biglietti, potrebbe invece consentire di coprire i costi ed ottenere 1-2 milioni di Euro in più di ricavi addizionali.

Utili, ma forse non determinanti.

  

La gestione del parco giocatori e le plusvalenze

Come spesso accade alle squadre che raggiungono determinate posizioni di classifica, anche per il Parma FC si è assistito ad una crescita del costo del personale.

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Questo è sicuramente un punto dolente del Parma FC (e della grande maggioranza delle squadre di queste dimensioni), perché di fatto il costo del personale assorbe quasi tutti i ricavi della squadra (siamo passati dal 92,2% al 100%).

In questo contesto, è molto rilevante quanto osservato da Luca Marotta in uno degli interventi su Stadiotardini.it:

E’ bene fare la seguente premessa: nello schema di bilancio dei club inglesi, la gestione economica dei calciatori viene evidenziata separatamente, al fine di valutare se l’attività di “Player Trading”, ossia l’acquisto e la rivendita di calciatori, che dal punto di vista economico produce plusvalenze e/o minusvalenze, riesca a coprire il costo annuale dei cartellini dei calciatori, ossia gli ammortamenti della rosa calciatori. Ritengo che tale schema sia il più appropriato per giudicare un club di calcio dal punto di vista economico.

A questo punto ci si trova di fronte a tre categorie di club:

  • la prima categoria, che rispecchia il  modello Udinese, non avendo un fatturato netto sufficiente (gare, media e commerciale), si specializza nell’attività di trading e con gli utili di questa attività riesce a coprire anche i costi non coperti dal fatturato netto ed eventualmente a fare investimenti nelle infrastrutture;
  • la seconda categoria, avendo un’eccedenza di fatturato netto, rispetto ai costi operativi, può dedicare tale eccedenza agli investimenti sia nell’ambito sportivo che nelle infrastrutture;
  • la terza categoria, invece ha un fatturato netto che non riesce a coprire i costi, perché spende di più di quanto guadagna, e non riesce a generare utili dall’attività di trading. In quest’ultimo caso occorre un presidente “mecenate”, che attualmente sono in via di estinzione.

Secondo me il Parma sta cercando di rientrare nella prima categoria. Non a caso Leonardi proviene dall’Udinese. Lo storico dei conti del Parma dimostra che dal 2010 c’è stata una svolta per quanto riguarda il raggiungimento del traguardo dell’equilibrio economico. Tuttavia, il sostanziale equilibrio economico, si regge sul Player Trading e sui diritti TV. Infatti, il bilancio 2008/09 soffrì a causa della carenza di diritti TV.

La dipendenza del Parma dai risultati del Players Trading emerge chiaramente osservando il grafico sottostante, che rappresenta le modalità attraverso le quali il Club ha visto evolvere il proprio risultato netto fra il 30 giugno 2010 ed il 30 giugno 2012: quando il saldo del Players Trading è andato di pari passo con il contenimento dei costi della rosa, allora la società ha chiuso in utile; l’anno successivo, nel quale l’effetto non è stato contemporaneo, il risultato è stato negativo.

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Tuttavia il Parma FC, così come accade ad altre squadre che adottano il calciomercato come necessaria fonte di copertura anche dei costi di gestione (la terza categoria precedentemente descritta da Marotta) si sta trovando in una situazione di progressiva auto-alimentazione del proprio deficit economico e, in parte, anche delle tensioni finanziarie.

Questo accade perché l’elevata movimentazione del parco giocatori (acquisti, permanenza limitata, rivendita per ottenere la plusvalenza) fa sì che il costo dell’ammortamento dei giocatori stessi continui a crescere, trovandosi la Società sempre nella fase iniziale del processo di ammortamento stesso.

Effetti economici

Dal punto di vista economico, infatti, quando la società acquista un calciatore, il costo sostenuto deve essere ammortizzato per un periodo coerente con il contratto siglato con il giocatore stesso. Quindi, se ho avuto un costo di 1 milione di Euro ed ho contestualmente stipulato un contratto quadriennale, ogni anno a venire dovrò calcolare 1/4 del valore di acquisto fra gli ammortamenti, fino ad esaurimento.

Se la rosa fosse stabile, passato un certo periodo il giocatore esaurisce il processo di ammortamento e non produce altro costo a bilancio che non sia il suo stipendio. Comprare e vendere giocatori con regolarità, senza portarli vicini alla scadenza originaria del contratto, fa si che il costo annuale (la somma degli ammortamenti di tutti i cartellini) sia sempre elevato o, addirittura, cresca.

Ad esempio il Parma è passato dai 13 milioni di Euro della stagione 2009/2010 ai 19,9 milioni della stagione 2010/2011, valore poi confermatosi anche nello scorso bilancio. Questo significa che una parte delle plusvalenze che ho registrato nel 2010/2011 (fino a concorrenza con i 6 milioni) in realtà sono andate a copertura dei maggiori ammortamenti.

Effetti finanziari

Accanto all’aspetto economico, vi è anche quello finanziario. Gli scambi di calciatori fra le squadre italiane non movimentano denaro “reale”, avvenendo per il tramite della Camera di Compensazione in Lega.

Ciò vuol dire che ogni volta che il Parma vende un giocatore ad un’altra squadra italiana accumula dei crediti in Lega che può usare per acquistare a sua volta degli altri calciatori. Vengono ovviamente fatte delle compensazioni periodiche.

Il Parma, nelle ultime due stagioni ha generato tutte le sue plusvalenze sul mercato italiano, mentre su quello estero ha registrato complessivamente 3,2 milioni di minusvalenze a fronte di un saldo pagamenti anch’esso negativo per 5,8 milioni.

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La controindicazione di questo meccanismo (che nasce essenzialmente per garantire che eventuali dilazioni di pagamento non possano portare danni ad una squadra “venditrice” se la compratrice fallisce), è che le plusvalenze generate sulla vendita dei giocatori italiani non produco un flusso di denaro “reale” come quelle fatte con l’estero.

Fino a quando tali plusvalenze sono solo degli incrementi di utile netto o servono a coprire il costo degli ammortamenti (che per loro natura non sono un’uscita di denaro) la cosa non genera dei problemi.

Ma quando, come nel caso del Parma FC, il risultato prima del Players Trading è negativo per 13 milioni di Euro, la situazione mi genera delle tensioni di liquidità, perché in quei 13 milioni di deficit ci sono spese che devo pagare regolarmente (stipendi, spese generali) e non posso fronteggiare con il saldo positivo dei crediti in Lega.

Mal comune, mezzo gaudio?

Per non far apparire questo scenario generale come “terroristico” verso il Parma FC ed i suoi tifosi, occorre  dire che purtroppo la situazione descritta è comune a buona parte delle squadre di calcio di Serie A (e anche di Serie B).

La tabella è relativa ai numeri della stagione passata per le squadre che sono ancora in Serie A, riportando i risultati prima e dopo la gestione netta dei calciatori (plusvalenze, minusvalenze, prestiti, compartecipazioni):

Parma FC 11 risultati pre e post calciomercato Parma FC, i numeri di un squadra che può rappresentare il paradigma della media Serie A

Il che sicuramente non conforta il tifoso, a meno che non si accontenti dell’antico detto “mal comune, mezzo gaudio”.

Ragionevolmente l’unico strumento a disposizione della maggioranza delle squadre sarebbe il contenimento dei costi del personale, sia attraverso una rimodulazione dei contratti affinché prevedano una quota fissa ed una variabile (legata a risultati che portino entrate addizionali sufficienti a sostenere l’onere), sia rivedendo la politica salariale al ribasso.

Purtroppo una tale scelta non può avvenire se non a seguito di una condivisione del principio a livello europeo, diversamente ci si troverebbe di fronte ad un impoverimento del campionato che vedrebbe i giocatori con maggiore mercato rivolgersi (come in parte già accade) a quelle competizioni che sono ancora in grado di pagare degli stipendi importanti.


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