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“Parole parole parole….caramelle non ne voglio più”

Creato il 03 maggio 2013 da Lucia Navone @lucia_navone

“Lo sviluppo verde” entra nel programma del nuovo Governo: dalle parole ai fatti, facendo i conti con la consapevolezza ormai acquisita dei cittadini che godono del sostegno del Movimento 5 Stelle. Una bella matassa da sbrogliare che spetta al nuovo Ministro per l’Ambiente, Andrea Orlando.

“Parole parole parole….caramelle non ne voglio più”
“Parole, parole, parole, parole parole soltanto parole, parole tra noi”, così cantavano Mina e Alberto Lupo,  aggiungendo, “Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai”. Una canzone su una storia d’amore che si trascina vuota e senza passione, riempita solo da vane parole e lodi melense. Lei reagisce ai complimenti dicendo che preferirebbe qualche gesto d’affetto più concreto, ma lui rimane sordo e resta in contemplazione della sua amante.

Un adagio che potrebbe tranquillamente accompagnare tante vicende degli ultimi mesi dove le parole si sono sprecate e dove i gesti concreti sono mancati. Mi riferisco, ancora una volta, ai temi del cosidetto “sviluppo verde” che, secondo l’attuale premier, Enrico Letta, potrebbe essere uno dei settori chiave per il rilancio industriale del paese. Bisogna investire su ambiente ed energia, ha dichiarato alla Camera il neo-presidente del Consiglio, nel corso della presentazione del suo programma di governo. “Le nuove tecnologie (fonti rinnovabili ed efficienza energetica), vanno maggiormente integrate nel sistema esistente, ha proseguito Letta, migliorando la selettività degli strumenti esistenti di incentivazione, in un’ottica organica con visione di medio e lungo periodo”.

Aggiungendo che, “va completato il processo di integrazione con i mercati geografici dei Paesi europei confinanti. Questo implica, per l’energia elettrica, il completamento del cosidetto market coupling e, per il gas, il completamento dei nostri prezzi con quelli europei e la trasformazione del nostro Paese in un hub“.

Più in generale poi, secondo Enrico Letta, “l’ambiente deve essere valorizzato e custodito, anche perchè ha aggiunto, “serve per rilanciare il turismo e, soprattutto, attrarre investimenti”. Dalle parole quindi si dovrà passare ai fatti e spetterà al nuovo Ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, trovare la strada. Una strada che si preannuncia in salita in un momento in cui la coperta è corta e le emergenze ambientali continuano a riempire dossier.

In primis, l‘inquinamento industriale  che non dovrebbe voler dire chiudere i siti ma cercare di “fare meglio, nel rispetto delle regole e senza inquinare“. Successivamente, là dove l’innovazione tecnologica e la riconversione dei siti non saranno percorribili, le bonifiche che, a fronte di investimenti significativi, dovranno portare nuovi posti di lavoro e indotto per il territorio. Altro problema che il nuovo Ministro per l’Ambiente si troverà ad affrontare è il dissesto idrogeologico. Un tema che non deve più rimanere confinato nell’ambito della semplice discussione sulla gestione del territorio ma che deve entrare nelle priorità del Governo: il conto è troppo salato e rischia di salire ancora senza portarsi in dote quei nuovi posti di lavoro che invece potrebbero essere creati grazie a una gestione scientifica del problema.

Altro capitolo, l’edilizia e soprattutto il consumo “intelligente” del territorio: oltre alla lotta all’abusivismo è ora necessario pensare ad un edilizia che riqualifichi l’esistente. In ultimo, l’energia, tema cruciale per lo sviluppo del paese a cui bisognerà pensare soprattutto in termini di innovazione tecnologica. Puntare solo agli incentivi a pioggia o alla costruzione di grandi infrastrutture non porta ricchezza al territorio e soprattutto continua a renderci dipendenti dagli altri paesi. E’ importante continuare a puntare sulle rinnovabili ma attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie prodotte realmente in Italia.

Parlare di”sviluppo verde” senza rendersi conto che i problemi legati all’ambiente sono prima di tutto un’esigenza concreta  per molti cittadini vuol dire, ancora una volta, compiere gli stessi errori del passato. Non dimentichiamo che uno dei motivi del successo del movimento di Beppe Grillo è stato proprio l’aver dato voce alle istanze di queste persone. In molte aree del paese gli attivisti dei comitati territoriali sono ben più degli iscritti ai partiti. Grillo è stato l’unico che non solo con questa gente ha parlato, ma ha parlato la loro lingua nel dibattito pubblico nazionale. Una massa critica che si è formata a suon di meet up e sit in  per protestare contro il consumo del territorio, contro le biomasse, i grandi impianti eolici, il fotovoltaico selvaggio e lo sfruttamento delle risorse idriche. Cittadini riuniti in comitati spontanei diventati degli “esperti” di diritto di accesso all’informazione, di lotta alle opacità amministrative, di modalità partecipative e di contenziosi portati avanti fino al ricorso al giudice amministrativo. Per decine di milioni di italiani, dalla pianura padana al meridione, la politica, a livello locale, è dunque l’unica politica di cui si abbia veramente un’esperienza diretta. I cittadini, stanchi di essere trattati come scudi umani, intervengono direttamente per difendere il proprio territorio o il diritto alla salute. Dicono no a ciò che ritengono inutile o quantomeno non prioritario rispetto ai loro problemi e soprattutto dicono no a chi, forte di una casacca di un qualsivoglia partito politico, propone soluzioni che ritiene buone senza sapere per chi e per che cosa. Probabilmente solo per gli interessi di pochi che, grazie al malaffare berlusconiano (e non solo), sono riusciti a costruire patti di ferro con gli esponenti politici.

Parafrasando quindi la canzone di Mina e Alberto Lupo, “caramelle non ne voglio più”. Coraggio e idee sono invece le benvenute.


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