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Partendo dalla situazione del Parma FC, alcune riflessioni sulla gestione delle squadre di calcio

Creato il 06 giugno 2014 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Punto di partenza della riflessione su cosa potrebbe accadere quando una società è posta in vendita è che sia garantita la continuità aziendale. La continuità aziendale intesa come attitudine dell’impresa a durare nel tempo, oltre alla capacità di far fronte ed onorare gli impegni finanziari. Nel caso specifico del Parma, come si legge dal richiamo di informativa della Società di Revisione, contenuto nella Relazione al bilancio 2012/2013, il socio unico ha formalizzato in data 27 novembre 2013, “l’impegno continuativo, già fornito in passato, a supportare matrimonialmente e finanziariamente la società”, almeno fino al 31 dicembre 2014.

E’ inutile sottolineare l’importanza dell’impegno formalizzato. Pertanto, fino alla fine del 2014, la continuità aziendale del Parma è garantita. Tra l’altro dal 29.04.2014, per il Parma si è ricostituita la pluralità dei soci, con l’ingresso di Energy T.I. Group Spa, con una quota del 10%, a capitale sociale invariato.

Garantire la continuità aziendale e porre in vendita il pacchetto di maggioranza, sta a significare che l’azionista di maggioranza molto difficilmente darà luogo ad una campagna di investimenti nella rosa dei calciatori o in altri asset, con le conseguenti esposizioni finanziarie, preferendo uno scenario “conservativo”.

Eventuali interventi della proprietà, si limiteranno a far fronte ed onorare gli impegni finanziari del passato.

Nelle more, è estremamente probabile lo scenario dell’autofinanziamento, ossia la società fa fronte e onora gli impegni finanziari senza l’ausilio della proprietà.

L’unico modo possibile è quello di non spendere più di quanto si guadagni. Tra l’altro, questo è un principio gestionale, che costituisce il principio cardine del Fair Play Finanziario, attorno al quale ruota tutta la normativa.

L’adozione di tale principio gestionale implica necessariamente la considerazione basilare del fatturato netto.

Occorre considerare il fatturato netto e di conseguenza determinare i costi. Il fatturato netto deve essere inteso come la sommatoria di tre voci: Match Day, Media e Commercial.

Nel caso del Parma, che nella classifica della Serie A 2012/2013, occupa il decimo posto in termini di fatturato netto, si potrebbe ipotizzare un fatturato netto “standard” di 48 milioni di Euro..

Per quanto riguarda i ricavi da gare (Match Day), in base ai dati storici, si potrebbe prevedere la cifra di 4 milioni. Per quanto riguarda i diritti TV e Media, anche in base ad una previsione del sito Tifoso Bilanciato, si potrebbe prevedere la cifra di 34,3 milioni di Euro. Per i ricavi da sponsorizzazioni e pubblicitari, si potrebbe prevedere, prudenzialmente, la cifra di 7 milioni di Euro. Altri ricavi potrebbero essere previsti nella misura di 2,7 milioni di Euro.

Determinato il fatturato netto bisognerebbe determinare i costi. Le voci più importanti sono il costo del personale e gli ammortamenti dei calciatori, seguiti con distacco dalle altre spese, tra cui quelle per servizi. L’ECA (l’Associazione Europea dei Club), alcuni anni fa ha determinato cone soglia di eccellenza gestionale la determinazione di un costo del personale nella misura del 50% del fatturato netto. La stessa ECA, come recepito dal Regolamento sul Fair Play Finanziario, stabiliva come limite massimo il 70%

Nel caso del Parma, considerando i dati storici degli altri costi, che diventano incomprimibili, risulta opportuno assestarsi ad un costo del personale nella misura del 50% del Fatturato Netto, ossia pari a 24 milioni di Euro. Nel 2012/2013 il costo del personale ammontava a 43,4 milioni di Euro circa. Tra le curiosità è bene evidenziare che per il 2012/13, La Gazzetta dello Sport, nella sua consueta pubblicazione sugli ingaggi netti, attribuiva al Parma la cifra di 11,1 milioni di Euro circa. La stessa Gazzetta, per il 2013/2014 ha attribuito al Parma la cifra di 11 milioni di Euro circa. Stante le cifre esposte, molto probabilmente, anche per il 2013/14, il costo del personale del Parma si assesterà ad una cifra molto vicina ai 40 milioni di Euro circa.

Di conseguenza lo scenario dell’autofinanziamento implica un drastico taglio del costo del personale, puntando sullo sfoltimento della rosa e sui giovani.

Stante l’incomprimibilità degli altri costi operativi, come spese per servizi, materiale di consumo, costi per godimento beni di terzi, altri ammortamenti e oneri diversi di gestione, che si potrebbero assestare intorno ad una cifra pari a 14,4 milioni di Euro, gli ammortamenti dei calciatori potrebbero segnare una percentuale del 20% del fatturato netto, segnando la cifra di 9,6 milioni di Euro.

Queste due ultime voci implicherebbero, da un lato, un’attenta gestione dei costi e dall’altro uno sfoltimento nella rosa calciatori. Si pensi che in base ai dati del bilancio 2012/13 gli altri costi di produzione ammontavano a 23,2 milioni di Euro e gli ammortamenti della Rosa Calciatori erano pari a 24,8 milioni di Euro.

A questo punto eventuali plusvalenze realizzate, che sono difficilmente “programmabili”, perché dipendenti da molteplici fattori, a volte irripetibili, diventerebbero “grasso che cola”.

Ovviamente, l’unica forma per investire in tale contesto è quella di finanziare i nuovi investimenti con i proventi derivanti da eventuali disinvestimenti, anche se bisogna tenere conto che nel caso specifico di un eventuale “autogestione” del Parma bisognerebbe ridurre il numero dei calciatori.

Nel bilancio 2012/13, il valore contabile netto della rosa dei calciatori del Parma era di circa 78 milioni di Euro. Attualmente, secondo il sito Transfermarkt la rosa del Parma potrebbe valere circa 70,7 milioni di Euro, con un’età media di circa 27,63 anni.

In un’ottica di gestione che si autofinanzi, come auspicato dal Fair Play Finanziario, anche l’indebitamento finanziario netto deve essere inferiore al fatturato netto. Uno degli importi maggiori dei debiti finanziari del Parma riguardava i Debiti verso altri finanziatori, che al 30 giugno 2013 ammontavano a € 33.933.000. Tali debiti riguardano per la maggior parte degli “incassi anticipati” riguardanti le stagioni successive. In parole povere, sono state utilizzate le liquidità delle stagioni successive per far fronte alle esigenze della stagione 2012/2013.

 

Per quanto riguarda il discorso dell’abolizione delle compartecipazioni, non si può affermare con certezza che favorisca i grandi club o i piccoli club. A mio modesto avviso, lo strumento delle compartecipazioni, magari precedute da un prestito, è stato utilizzato da tutto il sistema calcio italiano per dilazionare ulteriormente nel tempo l’esborso legato all’acquisto dei calciatori, ma anche per generare plusvalenze e in alcuni casi anche come strumento di valorizzazione di alcuni giovani calciatori.

 

Sulla questione del possibile valore di vendita del Parma, si può far riferimento ai valori di alcuni club che recentemente sono stati venduti.

Come valore minimo si potrebbe considerare che il Bari, privo del fardello dei debiti fiscali, è stato aggiudicato all’asta per poco meno di 5 milioni di Euro, oltre all’accollo di 3 milioni di Euro circa di debiti sportivi.

Come valore massimo si potrebbe considerare che l’Inter, in data 15 novembre 2013, il 70% di F.C. Internazionale Milano S.p.A. valeva 75.000.000 di Euro e di conseguenza il 100% valeva 107.142.857,14.

Tuttavia, il parametro più oggettivo di valutazione del Parma resta la vendita del 10% della società a Energy T.I. Group S.p.A., in data 29.04.2014.

Ovviamente, chi vende sa benissimo che per spuntare un buon prezzo non deve mai dichiarare che ha bisogno di vendere, ma deve creare il bisogno di acquistare nel compratore.

 

 

 


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