Magazine Diario personale

Particolarmente rancido

Da Kisciotte @Kisciotte_Dixit
Avete presente quella troia dei Ferrero Rocher? Quella che ha sempre un certo languorino, che uno non gli basta mai, e allora chiama Ambrogio e appena finisce la pubblicità gli fa: “Oscura i vetri Ambro’, e blocca le porte dall’interno, che adesso scartiamo il pitone dal vello d’oro!”
Ecco, io mi sentivo così da due giorni.Non che ambissi al pitone dell’Ambrogio, ma pure io avevo ‘sto languorino addosso.
Sono quelle sensazioni che ti strisciano dentro, come uno spiffero d’aria malsana, che senza che te ne accorgi ti rende rancido l'insaccato.
Avevo questo languorino, come se mancasse qualcosa, un po’ come un vuoto, come quando, ecco, hai mangiato due porzioni di lasagne, ma ne manca ancora una per potersi dire satollo con le pareti dello stomaco belle tese e gonfie come quelle di una zampogna.
Insomma, mi stavo guastando il fegato, fino a farmelo diventare color verde rancido, ma ciò che particolarmente mi irrancidiva era quel connotato sfuggente che caratterizzava il mio malessere.
Perché se mi concentravo, se cercavo di monologare a intermittenza con un altro me stesso, alla fine dovevamo convenire sul fatto che più che di una sensazione di mancato pieno, trattavasi piuttosto di un senso di mancato vuoto.
“Che stia soffrendo – per usare un’immagine particolarmente azzeccata – di una specie di gravidanza isterica?!”
Era come se mi tenessi dentro una specie di doglia, che continuava a pigiare, e non serviva leggere o scrivere per buttarla fuori.Non c’era nessuno stomaco buio da saziare, c’era come un non so che dentro da portare alla luce.
“Mica mi starà venendo la sindrome del mammo?!"
Effettivamente, l’ultimo mese era stato particolarmente foriero di affettività responsabile.Mi ero ritrovato affezionato a un bel gattino (Telemaco sì - mi assicura la mia amica - mangia e cresce come un tigrotto!) e avevo adottato una parola: Rancido appunto.
Eppure passavano le ore e diventavo consapevole che la faccenda non era gastronomica, ma ostetrica.
Dovevo buttare fuori ancora qualcosa; ma nemmeno detta così rende l’idea, perché non era una sensazione sgradevole, non c’era nessun vomito rancido da espellere (questa è una immagine al bacio! Rancido si sposa particolarmente bene con vomito).
Era davvero la sensazione di chi tiene in braccio una parolina adottata (Rancido appunto) con tanto di certificato d'adozione, eppure sente che il parto non è ancora finito, che dall’utero della Lingua Italiana ne abbia almeno un’altra predestinata.
E allora, grazie a un’intuizione particolarmente fortunata, che allo stesso tempo mi ha rivelato quanto fosse stato poco perspicace il panino a volpe rancida mangiato a colazione, mi sono reso conto che un’altra parolina mi reclamava piangendo dal profondo dell'orfanotrofio.
E aveva ragione poverina!L’avevo celebrata pochi post fa, e ora, alla prova dei fatti, al momento di poterla adottare, mi ero scordato di lei.
Imperdonabile!Particolarmente per me.
È stata un’adozione gemellare!
(Spero di riuscire a fermarmi qua, mi conosco purtroppo, rischio di mettere su una nursery, che le parole sono così belle che vorrei adottarle tutte, anche quelle che non conosco)
K.
L’intento umoristico di questo post lo dedico a MaiMaturo, ovvero spero di essere riuscito a strappare un sorriso di distrazione a una persona che, se il mio senso della fisiognomica letteraria non si è fatto rancido, penso sia particolarmente genuina.

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